A Bruxelles il blocco padano presenta la sua posizione contro le restrizioni previste nell’ambito della revisione della direttiva sulla qualità dell’aria, in base alla quale l’Italia (e in particolare proprio le regioni del bacino padano oltre a Lazio, Toscana, Liguria e Sicilia) è stata condannata dalla Corte Europea di Giustizia e ha ancora una procedura di infrazione aperta. Eppure, in prima fila contro la proposta di revisione che la Commissione europea ha presentato a ottobre 2022 ci sono proprio quattro regioni del Nord: Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. Quelle della Pianura Padana, una delle aree con l’area peggiore di tutta Europa. Per il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, il testo contiene misure “irragionevoli”, che porterebbero al blocco della Pianura Padana, dove bisognerebbe “chiudere il 75% delle attività produttive – ha detto a Bruxelles – impedire la circolazione dei tre quarti dei veicoli che oggi circolano, chiudere il 75% degli allevamenti e delle attività agricole del territorio” dove sarebbe fuori legge “più del 60% dei nostri riscaldamenti”. Parole che hanno catturato anche diverse critiche. “Attilio Fontana fa terrorismo psicologico sulle misure europee perché vuole una scusa per non cambiare radicalmente le sue politiche in materia di qualità dell’aria e inquinamento” ha commentato il capogruppo del Pd in Regione Lombardia, Pierfrancesco Majorino. Tanto per ricordare di cosa si sta parlando, Fontana incalza: “Il pil della Lombardia rappresenta 22% di quello dell’intero paese e quello di Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna rappresenta più del 50% del pil italiano”. E, di fatto, in questa offensiva contro la revisione della direttiva Fontana non si è presentato da solo.

Il blocco della Pianura Padana contro la revisione della direttiva – Con lui, all’Europarlamento, anche i presidenti del consiglio regionale del Veneto e della Regione Piemonte, Roberto Ciambetti e Alberto Cirio, secondo il quale le modifiche sono “assolutamente irraggiungibili”. “La nostra audizione – ha detto Ciambetti – ha l’obiettivo di sensibilizzare il Parlamento Ue sulla necessità di tenere in considerazione le peculiarità dei singoli territori nel raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Direttiva in termini di riduzione degli indici di inquinamento. Obiettivi che devono essere concreti e raggiungibili attraverso strumenti realmente utilizzabili e azioni praticabili da parte di tutti i soggetti, a livello europeo, nazionale e locale”. L’eurodeputato di Forza Italia Massimiliano Salini ha tenuto l’intervento introduttivo all’incontro con Fontana e la giunta lombarda. “Invece di insistere con target insostenibili, per ragioni geografiche e morfologiche, nel bacino padano – ha detto – la Commissione Europea deve abbandonare l’ideologia e rendere più flessibile la road map verso i nuovi obiettivi Ue, prevedendo sostegni concreti alle Regioni. Incomprensibile ostinarsi su nuove soglie di emissioni che, per essere raggiunte, implicherebbero una sostanziale desertificazione industriale, per di più nel cuore della manifattura italiana ed europea”. Per l’eurodeputato di Fratelli d’Italia, Carlo Fidanza, la proposta della Commissione è una “eurofollia”, su cui “il governo si è già espresso in modo molto critico”. Nel frattempo, il rappresentante permanente aggiunto dell’Italia presso l’Ue, Stefano Verrecchia, si impegna a lavorare al Consiglio Ue, per allargare anche ad altri Paesi il consenso attorno alla posizione delle regioni del Nord Italia. E di terreno fertile ce n’è: posizioni “caute” rispetto alla proposta di Bruxelles sono già state espresse da Germania e Francia.

Cosa propone la Commissione Ue – La revisione prevista da Bruxelles concede otto anni di tempo agli Stati membri, per adeguarsi ai nuovi limiti che entreranno ufficialmente in vigore solo a gennaio 2030. Sono previste soglie più rigorose per gli inquinanti (il valore limite annuale dell’inquinante più nocivo, il particolato sottile PM2,5, deve essere abbassato dagli attuali 25 a 10 microgrammi per metro cubo, ndr), nuove regole per il monitoraggio della qualità dell’aria e un diritto rafforzato all’aria pulita, con la possibilità per i cittadini di chiedere un risarcimento per i danni alla salute dovuti all’inquinamento atmosferico, cosa già accaduta anche in Italia. I valori dovranno essere rivisti ogni 5 anni, in base alle nuove evidenze scientifiche e alle tecnologie disponibili. La revisione è divenuta non rinviabile dopo la pubblicazione, nel settembre 2021, delle nuove Linee Guida dell’OMS sulla qualità dell’aria che indicano come i limiti oggi in vigore in Europa siano di molte misure più elevati delle soglie al di sopra delle quali i ricercatori hanno individuato un impatto certo dell’inquinamento sulla salute umana.

Le critiche alla posizione di Fontana – “Sinceramente non capisco cosa altro debba accadere per dimostrare che occorre cambiare decisamente rotta – ha commentato Pierfrancesco Majorino – un conto è intervenire per ragionare su qualche miglioramento dei provvedimenti e delle scelte che l’Europa nei mesi adotterà, anche a partire dalle preoccupazioni dei settori produttivi che non vanno mai lasciati soli”, un altro “è raccontare bufale come quelle secondo cui l’Europa chiuderebbe la Pianura Padana”. Per Legambiente “la proposta di revisione della Direttiva Ue sulla qualità dell’aria presentata dalla Commissione Ue va nella giusta direzione ed è pienamente condivisibile” mentre, al contrario, “non è condivisibile né appropriata la posizione presa dai presidenti delle Regioni del bacino padano.

Quello che dicono gli scienziati – L’associazione Cittadini per l’aria descrive quella di Bruxelles come una “riunione durante la quale la disinformazione ha avuto la meglio sulla rappresentazione della situazione attuale che, proprio pochi giorni fa, i ricercatori del progetto Prepair hanno descritto con uno studio in cui si chiarisce come sia essenziale modificare la mobilità, ridurre al massimo l’utilizzo dei combustibili solidi (legna e pellet) e promuovere un’agricoltura più sostenibile. “Queste azioni – scrive l’associazione – se adottate in sinergia, hanno la capacità di dare risultati rilevanti riducendo non solo gli inquinanti primari (NOx, PM10 e ammoniaca) ma anche quelli secondari (PM2.5 e Ozono)”. Proprio 50 medici, scienziati ed esperti insieme a sette associazioni nazionali, alla vigilia dell’incontro di Bruxelles hanno scritto una lettera aperta, nella quale si descrivono le ragioni per le quali si oppongono all’attacco del testo della Commissione Ue. “Ogni ulteriore flessibilità e deroga nell’attuazione di misure, anche radicali ove necessario, per la riduzione delle emissioni di inquinanti non fa altro che aggravare i danni per la salute dei cittadini in termini di malattia e morte – scrivono – acuire la crisi ambientale, quella del clima e degli eventi estremi che ne derivano e aumentare in modo insostenibile i costi sanitari (pandemie comprese) e i danni conseguenti agli eventi estremi” tra cui alluvioni, siccità e frane.

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