Il commissario del Governo Ricardo Levi deve riferire direttamente al Presidente del Consiglio. Ma siccome non è più Draghi, che lo aveva nominato, bensì Giorgia Meloni, forse s’è prefigurato il problema di doverle dire che proprio Rovelli avrebbe rappresentato l’Italia sul palco della Buchmesse. Peraltro sapendo di dover ottenere dal governo una proroga o una conferma dell’incarico tra una manciata di mesi. Forse non se l’è sentita, e per togliersi dall’impiccio ha preferito cancellarlo con una lettera. Ma è solo un’ipotesi, perché nel frattempo ci ha ripensato, spinto in questo da un muro di reazioni da parte della politica, di ministri e degli editori che non gli ha lasciato altra scelta che fare il passo indietro. Nel giorno della visita di Zelensky in Italia, esplode una furibonda polemica sul caso della revoca dell’invito al fisico Carlo Rovelli alla cerimonia d’apertura della Buchmesse 2024, la fiera del libro di Francoforte che si svolgerà dal 16-20 ottobre 2024 e per la prima volta dopo 36 anni torna ad avere l’Italia come “ospite d’onore”. La lettera firmata da Ricardo Levi esplicita il motivo richiamando espressamente le polemiche suscitate dall’intervento del fisico dal palco della festa del Primo Maggio, in cui aveva aspramente criticato il ministro Guido Crosetto e la politica filobellicista intrapresa dal governo. In poche ore la notizia rimbalza e l’aria si addensa di un sospetto di censura preventiva che non trova solide giustificazioni né un mandate esplicito, anzi i ministri che si sentivano in qualche modo indiziati, da Crosetto a Sangiuliano, hanno negato ogni pressione auspicando “un ripensamento di Levi”, che in serata è poi arrivato.

Cosa sia successo ancora non è chiaro. Al telefono il commissario non risponde. Scandagliandone la biografia e l’attività non traspaiono “ispiratori” o ragioni diverse da quelle dichiarate o la conferma di queste. Non emergono neppure collegamenti particolari con l’area governista, né nei panni di commissario né in quelli di presidente dell’Associazione italiana degli editori (Aie) che riveste dal 2017. Durante i primi mesi del governo Meloni prende una posizione netta contro il taglio del bonus libri e app18 e lo fa con una lettera, personale e diretta, alla presidente del Consiglio per chiedere di ripensarci. Non si rintracciano neppure uscite pubbliche sui tema della guerra in Ucraina e del coinvolgimento dell’Italia. Un enigma, appunto. La spiegazione più deteriore di tutte sarebbe quella, molto umana, della poltrona: il 22 marzo 2022 Mario Draghi lo ha nominato “commissario straordinario” del Governo, ruolo che rivestirà fino al prossimo 31 dicembre. Per arrivare al traguardo del 2024 a Levi serve dunque una proroga dell’incarico che arriverà necessariamente dall’esecutivo attuale. Per di più il decreto di nomina parla chiaro: il commissario del governo deve riferire direttamente al Presidente del Consiglio delle sue attività. Ma il presidente oggi non è Mario Draghi, ma Giorgia Meloni. Si potrebbe allora sostenere (maliziosamente) che il commissario abbia voluto proteggere il suo incarico insieme all’evento. E che cancellando la presenza di Rovelli abbia inteso preventivamente sminare il campo da eventuali attriti, ostacoli e incidenti.

Che sia un caso di censura preventiva lo conferma il fatto che la notizia lascia interdetto perfino il ministro della Cultura Sangiuliano, indicato come deus ex macchina della campagna per l’egemonia culturale sovranista, che quell’incarico dovrebbe confermare tra una manciata di mesi: “Non sapevo neppure della partecipazione di Rovelli” dice, limitandosi a suggerire al più di allargare l’invito a altre voci all’insegna del “pluralismo” (e indica i vari Francesco Borgonovo, Pierangelo Buttafuoco, Marcello Veneziani). E dunque di autocensura preventiva si tratterebbe. Ai raggi x la biografia di Levi non fornisce altri spunti. Classe 1949, nato a Montevideo, è stato giornalista e politico. Ha intrecciato alla carriera nei principali quotidiani italiani (Il Corriere della Sera, di cui è tutt’ora editorialista, Il Sole 24 ore, Il Messaggero, La Stampa, L’Indipendente) un impegno nelle istituzioni in Italia e in Europa. Portavoce di Romano Prodi dal 1997 al 1998; portavoce, direttore dell’Ufficio Stampa e del Gruppo dei consiglieri politici della Commissione Europea dal 2004 al 2009; sottosegretario con delega all’editoria e all’informazione dal 2006 al 2008. Dal 2006 al 2012 membro della Camera dei Deputati, componente della Commissione Cultura, primo firmatario e relatore della Legge sul Prezzo del Libro (Legge Levi). Di quel periodo si ricorda anche la sua battaglia per la registrazione dei blog. Nel 2017 l’Associazione italiana editori (Aie) lo nomina presidente, oggi è appunto al secondo mandato. E il rinnovo di quello commissariale diventa un’incognita nell’enigma.

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