Bisogna abolire l’intramoenia, perché è la quintessenza dell’ingiustizia. Il principio è iniquo e i medici stessi lo sanno. L’idea che i soldi abbiano pervaso tutto e che la medicina sia diventata un modo per guadagnare per i medici, per le industrie, per quelli che governano la sanità è inaccettabile. Tra l’altro, con l’intramoenia è il pubblico che ti dice di pagare qualcosa di cui hai diritto secondo la Costituzione. Non si può accettare, è un sistema completamente lontano dall’interesse del malato”. Lo ribadisce ai microfoni di Uno, Nessuno, 100Milan (Radio24) Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, che premette ironicamente: “Immagino tutte le critiche che mi verranno dai miei colleghi”.

Remuzzi proprio nei giorni scorsi ha tenuto un convegno a Firenze, dove ha ricevuto mugugni di disapprovazione da parte di molti medici in sala per la sua posizione tranchant in merito all’intramoenia, cioè all’attività professionale che un medico può svolgere privatamente in una struttura pubblica.

Il nefrologo sfata alcune miti, come la lista d’attesa: “Dov’è questa lista d’attesa se pagando puoi fare qualsiasi esame specialistico in modo rapido? Capite che non è vera questa cosa della lista d’attesa? L’intramoenia nasce con lo spirito di permettere a coloro che lavorano nelle strutture pubbliche di guadagnare di più e di mantenere i medici negli ospedali pubblici. Quello che facevano prima i medici era anche peggio, perché, terminato l’orario di lavoro, soprattutto gli anestesisti, i chirurghi e le ostetriche volavano verso le cliniche private per dare le loro prestazioni. Ovviamente – continua – l’intramoenia non si può togliere di colpo, ma serve una soluzione di transizione. Ad esempio, nel reparto che io ho guidato per tanti anni c’era una persona che voleva fare l’intramoenia e che ci ha sfinito con questa richiesta. Allora abbiamo deciso che venissero curati prima i malati che si presentavano con l’impegnativa del Ssn. Esauriti quei pazienti nell’ambulatorio, il medico avrebbe potuto fare l’intramoenia”.

Remuzzi aggiunge: “La medicina non è fatta per guadagnare, ma per gli ammalati. Bisogna avere il coraggio di poterlo dire. Anche dire che abbiamo pochi medici non è esatto, perché in realtà noi siamo organizzati per non lavorare bene coi medici che abbiamo. Ricordo che in Francia i medici sono di meno. Quelli che noi abbiamo davvero in numero scarso sono gli infermieri. E abbiamo anche un altro difetto – spiega – non riusciamo a utilizzare fino in fondo la grande forza e le grandi capacità del personale infermieristico: di essere vicino ai malati, di risolvere i problemi e di capire anche le malattie. Sono gli infermieri che mancano e sono loro che vanno pagati meglio“.

Il medico conclude raccontando un aneddoto eloquente sul sistema che vige negli ospedali: “Io faccio il giro del reparto solo con una infermiera, mai coi medici. Una volta l’infermiera capì che un paziente aveva una sospetta amiloidosi. Le dissi: ‘Va bene, facciamo una biopsia’. Era effettivamente amiloidosi. Chiesi all’infermiera di non dirlo ai miei colleghi, altrimenti si sarebbero offesi – chiosa – La verità è che invece dobbiamo usare le capacità di tutti, sarebbe una cosa straordinaria. Non possiamo continuare a investire nella sanità privata e le assicurazioni sanitarie non risolvono i problemi, come dimostrano in modo impietoso gli Usa“.

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