Non passa giorno senza che sui quotidiani locali e nazionali faccia capolino l’allarme che da ormai qualche anno accompagna le cronache tardo-primaverili ed estive: “Manca personale stagionale, i giovani non hanno più voglia di sacrificarsi”. Un allarme che abbraccia trasversalmente ogni settore ma, in particolar modo, quelli del turismo e dell’agricoltura. I giovani “non vogliono più fare” i braccianti né tantomeno i camerieri, i cuochi o i receptionist. Insomma, rifiutano i lavori stagionali. La narrazione portata avanti da numerosi imprenditori, sostenuti dalle associazioni di categoria del settore, sia a livello nazionale che locale, punta soprattutto il dito contro la presunta mancanza di voglia di lavorare dei giovani italiani, che non sarebbero più disposti a sporcarsi le mani a differenza dei loro padri o nonni.

Nonostante la narrazione mediatica dominante sia questa, però, secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale il quadro reale è estremamente differente e i giovani under 29 impiegati come stagionali sfiorano il 40% dell’intera forza lavoro nel settore. A certificarlo è l’Osservatorio Precariato dell’Inps che dipinge una situazione opposta rispetto a quanto narrato da imprenditori e associazioni di categoria, e evidenzia anche un netto aumento del numero di assunzioni stagionali nel 2021 e 2022, il periodo dei grandi allarmi a mezzo stampa, rispetto al 2019, anno precedente all’esplosione della pandemia nonché dell’entrata in vigore del reddito di cittadinanza introdotto dal governo M5S-Lega.

Secondo questi dati, suddivisi per fascia d’età dei lavoratori assunti e impiegati con contratti stagionali negli anni 2019, 2020, 2021 e 2022, si evince che nel 2019 la percentuale degli under 29 assunti ammontava al 37,7%, ovvero 297.404 “giovani” stagionali su una platea totale di 788.524 lavoratori, incidenza che è andata via via aumentando nel corso degli anni arrivando a raggiungere il 38,6% nel 2022, con 393.307 lavoratori stagionali under 29 su un totale di 1.018.089. Non solo: sempre secondo l’Osservatorio sul precariato dell’Inps, nel 2022 le assunzioni stagionali hanno segnato un vero e proprio record storico: 1.018.089, contro i 924.229 mila del 2021, i 657.867 del 2020, 788.524 del 2019, i 660.585 del 2018 e i 615mila del 2017. Insomma, a leggere i dati a disposizione la narrazione degli imprenditori del settore ne esce fortemente ridimensionata.

Questo andamento della curva va però letto tenendo conto di un altro elemento, troppo spesso ignorato: in Italia la platea dei giovani lavoratori va sempre più restringendosi a causa della denatalità e del calo demografico. Secondo quanto emerso dal sesto Rapporto Censis-Eudaimon, nel decennio 2012-2022 gli occupati tra i 15 e i 34 anni sono diminuiti del 7,6% mentre il calo si attesta al 14,8% se si guarda alla fascia tra i 35 e i 49 anni d’età. Ad aumentare, invece, sono le fasce degli occupati tra i 50 e i 64 anni d’età, che è cresciuta del 40,8%, e quella degli over 65, aumentata del 68,9%. Insomma, la popolazione italiana invecchia inesorabilmente e i giovani lavoratori sono ormai percentualmente sempre più rari rispetto alla totalità della platea dei lavoratori italiani.

“Questi numeri confermano che la narrazione vergognosamente persecutoria che la Destra ha costruito contro i nostri giovani, definiti ‘fannulloni’ e ‘divanisti’, è totalmente falsa – commenta a Ilfattoquotidiano.it la deputata Vittoria Baldino (M5S) – Se avessero letto qualche dato, avrebbero scoperto che il Reddito di cittadinanza non c’entra nulla: i percettori fra i 18 e i 29 anni sono circa 34mila, appena l’1,47% dell’intera platea. Il 50,6% di loro lo prende per integrare lo stipendio. Il tema, difatti, sono le condizioni di lavoro e i salari, ma finora maggioranza e governo hanno ulteriormente precarizzato il mercato del lavoro e parlato di ‘moderazione salariale’. Noi crediamo invece che l’introduzione del salario minimo non sia più rinviabile”, conclude Baldino.

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