Anche a gennaio dal mercato del lavoro sono arrivati segnali nel complesso positivi: 35mila occupati in più sul mese precedente che portano il totale a oltre 23,3 milioni, mentre calano di 83mila unità gli inattivi, cosa che spiega il lieve aumento del tasso di disoccupazione (al 7,9%). I nuovi dati Istat confermano però un trend di lungo periodo con risvolti preoccupanti: complice la demografia, a trainare la crescita dei posti sono gli over 50. In quella fascia di età si contano 9,19 milioni di lavoratori: 67mila in più rispetto a dicembre, quasi il doppio rispetto a vent’anni fa. Mentre i 25-34enni occupati sono solo 4 milioni (-20mila in un mese) e i 15-24enni 1,15 milioni (-19mila, con un tasso di disoccupazione che sale al 22,9%). Regge la classe di età che precede i cinquantenni, con una crescita mensile di 7mila unità a 8,8 milioni di occupati.

Allargando lo sguardo all’evoluzione del mercato nell’ultimo anno, il fenomeno dell’invecchiamento della forza lavoro – destinato nel lungo periodo ad assottigliarla sempre di più, mentre aumentano i pensionati – diventa ancora più evidente. Se tra gennaio 2022 e gennaio 2023 gli occupati sono saliti di 459mila, ben 323mila di questi posti nuovi (o ritrovati grazie al rientro al lavoro da cassa integrazione), pari al 70%, sono di ultracinquantenni. Solo 73mila riguardano i 25-34enni, la fascia di chi inizia a lavorare dopo l’università, e 53mila gli under 24.

La fascia 15-49 si svuota di 400mila persone ogni anno – La variazione tendenziale al netto della componente demografica, calcolata dall’Istat, mostra dati più equilibrati: +3% di occupati tra i 15 e i 34 anni, +2,3 tra i 50 e i 64. A ulteriore controprova di una dinamica della popolazione da allarme rosso. “Si osserva il calo della popolazione tra 15 e 49 anni, negli ultimi mesi mediamente circa -1,7% annuo, pari a oltre 400mila persone“, spiega l’istituto nella nota metodologica, “determinato dalla fuoriuscita dalla classe di età delle folte generazioni dei 49enni, non compensata dall’ingresso dei 15enni. Simultaneamente si rileva la crescita della popolazione nella classe 50-64 anni, mediamente +1,2% annuo, pari a circa 150mila persone”.

In calo i contratti a termine – Per quanto riguarda l’andamento del precariato, le stime su gennaio attestano un ulteriore calo dei dipendenti a termine (-12mila) che scendono sotto i 3 milioni, a fronte di un aumento di 64mila di quelli permanenti che toccano i 15,3 milioni. I dati degli ultimi mesi potrebbero risentire anche della scadenza, lo scorso autunno, di una parte delle ampie deroghe al decreto Dignità concesse in periodo pandemico, deroghe che il governo Meloni intende allargare nuovamente. In ogni caso nell’ultimo anno i i contratti stabili sono stati la forma largamente prevalente di nuovi rapporti: 464mila in più rispetto al gennaio 2022, a fronte di un calo di 47mila di quelli precari.

Più donne occupate – L’altra linea di faglia, quella tra uomini e donne, vede invece un netto miglioramento tendenziale: sempre sui 459mila nuovi occupati anno su anno, 246mila sono donne e 213mila uomini. E anche su base mensile l’incremento dell’occupazione di 35mila unità è determinato per la maggior parte dall’aumento delle donne al lavoro (+30mila). Le occupate toccano i 9,8 milioni, un record storico.

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