Vivo a Faenza, la città alluvionata. Esprimo in primo luogo la mia solidarietà e cercherò di dare tutto il mio aiuto agli amici e concittadini che vivono nei quartieri allagati.
Alla siccità di un intero inverno, è seguita una pioggia torrenziale di 36 ore, che ha buttato l’acqua che normalmente cade in circa quattro mesi. Sono quegli eventi estremi sempre più frequenti, che a rotazione colpiscono l’Italia, figli di una crisi climatica ormai in pieno svolgimento. Questi eventi, sommati ad una gestione del territorio prepotente, fatta di cementificazione come se non ci fosse un domani, causano ogni volta terribili disastri. Basti pensare che tante nuove urbanizzazioni sono state fatte a Faenza in questi ultimi decenni, molte di queste proprio nelle zone alluvionate. E un po’ ovunque si continua a costruire. Ci sono zone della città dove da anni i lavori sono fermi, le fondamenta gettate, suolo cementificato, ma poi il progetto fallisce e si ricomincia altrove.
Faenza vuole costruire una nuova circonvallazione (progetto approvato dalla Regione), visto che quella esistente non basta più. A breve saranno costruite nuove lussuose villette nella Ghilana, a poche centinaia di metri dal fiume, e poi ancora e ancora… cemento che avanza e il suolo che assorbe si riduce. Anche se la popolazione non cresce, alla faccia della legge contro il consumo di suolo che ha fin troppe deroghe, qui si costruisce.
L’Emilia Romagna tutta, stando ai dati Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), è la prima regione d’Italia per cementificazione in aree alluvionali. Tra il 2020 e il 2021 l’Emilia-Romagna è stata la terza Regione del Paese per consumo di suolo, più 658 ettari cementificati in un solo anno, pari al 10,4% di tutto il consumo di suolo nazionale.
E la provincia di Ravenna si aggiudica il primo posto in Emilia Romagna per consumo di suolo.
Dalle foto aeree che proiettano i tg si vede bene che qui da noi ci sono solo campi coltivati, case e fabbriche. Un suolo sempre più sfruttato e inquinato, che non riesce più ad assorbire nulla. Tanti antichi canali in città sono stati tombati, come il Canal Grande, per farci passare le strade. E ora l’acqua è risalita dal fiume ai tombini e si è riversata ovunque, ha fessurato e spaccato gli argini. L’uomo ha voluto piegare, sfruttare e dominare la natura ma ora la natura si sta ribellando.
Non ci sono più gli antichi boschi qui in pianura. Li abbiamo tagliati tutti. Gli unici corridoi ecologici sono i fiumi e ora, con la solita logica di vendetta cieca che muove l’uomo, si vorranno punire i fiumi, per aver fatto i fiumi. Come si vogliono punire gli orsi e i lupi, per aver fatto gli orsi e i lupi…
Il grido unanime è tagliate gli alberi, tagliate gli alberi lungo i fiumi. Ma tagliare gli alberi vorrà dire argini più deboli e a rischio di frana in un circolo senza fine. Biodiversità drasticamente ridotta, equilibrio dell’ecosistema fiume distrutto. Tagliare di continuo farà ricrescere le specie più invasive e deboli ed eliminerà quelle più resistenti.
Nelle ore si aggiungono altri colpevoli, gli istrici problematici, che avrebbero fatto tane indebolendo gli argini. Tutti insomma sono colpevoli fuorché noi, umani. E allora dagli agli alberi, dagli agli istrici finché non resteremo solo noi e il nostro cemento. Che comunque non ci salverà.
Il presidente Bonaccini sembra sinceramente preoccupato del disastro in corso. E allora mi chiedo perché sia così scisso, lui, De Pascale e tutti gli altri politici. Ha caldeggiato e voluto il passante di mezzo, nuove autostrade in tutta la regione, è commissario straordinario del rigassificatore a Ravenna, che non farà altro che peggiorare la crisi climatica e devastare il territorio.
Per questo e per altro, in solidarietà alle zone colpite, per chiedere giustizia climatica, contro il rigassificatore e la cementificazione selvaggia, contro i governanti che ci condannano al collasso ecologico, vi chiedo di partecipare alla manifestazione nazionale di sabato 6 maggio a Ravenna, ritrovo davanti alla stazione ore 14.