di Federica Pistono

Il racconto dell’orrore ha origini antiche e affonda le radici nel folclore e nella tradizione religiosa, concentrandosi sui temi della morte, dell’aldilà, del male, dell’influenza demonica, tutti motivi che trovano corrispondenza in storie di creature fantastiche, evocate dalla parte più irrazionale del nostro immaginario, come streghe e vampiri, licantropi e fantasmi. Il tratto prevalente del genere, in ogni epoca storica, è certamente l’associazione di scene di vita quotidiana ad atmosfere macabre e spaventose, al fine di suscitare nel lettore il risveglio dei timori più profondi, per poi produrre l’inevitabile effetto catartico: la materializzazione delle proprie paure è forse l’esperienza più terribile ma anche più liberatoria concessa all’essere umano.

Nella narrativa araba, esempi di racconti dell’orrore sono rappresentati dalle opere dell’egiziano Ahmed Khaled Tawfiq (1962-2018), scrittore e medico, primo autore contemporaneo di horror e fantascienza nel mondo arabo, considerato un maestro e un modello per molti autori più giovani della scena letteraria arabofona. Nel 2019 è stato pubblicato in italiano il suo romanzo Utopia (Atmosphere Libri, trad. B. Benini), considerato il primo testo distopico della letteratura araba. Nel 2022, la stessa casa editrice Atmosphere ha dato alle stampe, nella traduzione di A. Kelany, Lo specchio di Satana, un romanzo composto di sei racconti racchiusi in una struttura a cornice, che rievoca quella delle Mille e una notte. L’opera è tratta dalla serie di libri intitolata Mā warā’ al-Ṭabī ̔ ah (Ciò che c’è dietro la natura, cioè il soprannaturale), dalla quale è stata estrapolata la serie televisiva Paranormal, mandata in onda su Netflix nel 2020.

L’espediente letterario è classico: in una fredda serata invernale, otto personaggi sono chiusi in una villa e ognuno di loro racconta una “storia del terrore”, di cui è stato protagonista. Al centro di ogni narrazione c’è la paura, e i diversi modi in cui gli incubi più reconditi possono prendere forma: uno specchio maledetto che riflette qualcosa che, in casa, non dovrebbe esserci, insetti che si trasformano in mostri, persone che celano una natura demoniaca, animali che sono in grado di presagire fenomeni agghiaccianti, e poi, naturalmente, spettri e altre tenebrose presenze. Ogni racconto è caratterizzato da un senso di angoscia crescente, che si attenua soltanto con il ritorno alla storia-cornice, alla confortante realtà quotidiana, in modo che il lettore tiri, per un attimo, un sospiro di sollievo, prima di affrontare la storia successiva. La paura, quindi, in tutte le sue declinazioni, risulta essere la vera protagonista dell’opera, quella atavica, ancestrale, dell’essere umano, il timore dell’ignoto, di qualcosa che, pur essendo invisibile, può manifestarsi in qualunque momento in modo mostruoso, terrificante.

Le voci narranti sono dirette, nella storia-cornice, da un Maestro, il dottor Refaat Ismael, ematologo in pensione, uno dei personaggi più amati dai lettori egiziani del genere fantasy-horror, destinato a condurre i protagonisti a condividere le proprie ossessioni: la paura dello specchio stregato, il timore delle persone che visitano le nostre case quando ne siamo lontani, l’incubo di incontrare il demonio, la preoccupazione che la persona alla quale ti rivolgi per un aiuto possa incarnare il male a cui tenti di scampare. Negli altri libri della serie Mā warā’ al-Ṭabī ̔ ah, è sempre il dottor Refaat ad affrontare mummie di faraoni, mitiche creature indecifrabili delle leggende egiziane come la Nadaha, una figura femminile che toglie la vita o il senno a chi la incontri, vampiri, fantasmi e altri esseri immaginari tratti dalla narrativa fantastica araba e occidentale.

La differenza tra Utopia, romanzo distopico, e Lo specchio di Satana, romanzo fantastico riconducibile al genere horror, non è da poco: mentre il primo, evocando un mondo diviso tra ricchi asserragliati in una cittadella fortificata e poveri in balia della propria disperazione, provoca un’angoscia concreta del tutto condivisibile, la paura di una situazione in cui la società del prossimo futuro potrebbe effettivamente precipitare, il secondo si muove in una prospettiva inverosimile, in uno scenario assolutamente chimerico e immaginario, e per questo noto e rassicurante. Mentre il brivido che ci coglie leggendo Utopia ci lascia addosso un autentico senso di gelo, al pensiero che tanta crudeltà e violenza possano realmente trovare posto nel mondo, il brivido suscitato dalla lettura de Lo specchio di Satana risulta familiare e piacevole, riportando il lettore adulto indietro nel tempo, al periodo in cui bastavano le gesta di un vampiro, l’apparizione di uno spettro a causare l’insonnia di una notte.

* Dottore di Ricerca in Letteratura araba, traduttrice, arabista, docente, si occupa di narrativa araba contemporanea e di traduzione in italiano di letteratura araba

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