Non c’è migliore occasione di quella offerta dalla ristampa dell’album Vox per tornare a parlare di Giuni Russo (nome all’anagrafe, Giuseppa Romeo), una delle più grandi artiste e voci della musica italiana. Sperimentatrice instancabile, anima inquieta, personalità vulcanica e multiforme, autentico prodigio musicale sin da bambina, dotata di un’incredibile estensione vocale, la cantautrice e musicista originaria di Palermo (del quartiere Borgo Vecchio) ha diversi aspetti in comune con un altro suo grande conterraneo, Franco Battiato, con il quale condividerà più volte il suo percorso di vita personale e artistico: collabora con lui in tre album, Energie (1981), Vox (1983), A casa di Ida Rubinstein (1988); incide uno dei suoi più celebri successi, il tormentone estivo Un’estate al mare (1982), brano scritto da Battiato, che raggiunge le vette più alte delle classifiche; si trasferisce a Milano, sua futura città d’adozione, dove conosce Maria Antonietta Sisini, per ben 36 anni coautrice e produttrice, compagna di vita e, dopo la sua morte, presidente dell’associazione culturale GiuniRussoArte; spazia tra stili e generi musicali differenti (pop, rock, new wave, avanguardia, elettronica, musica sacra), cercando di unire cultura alta e bassa, attitudine alla ricerca e musica pop; si accosta al mondo della spiritualità, prima con l’adesione all’esoterismo di Gurdjieff (amato anche da Battiato) e poi con la conversione al cattolicesimo, per lei incarnato dalle Carmelitane Scalze e da figure di santi come Giovanni della Croce e Teresa d’Avila.

Tuttavia, a differenza di Battiato, il cui album più conosciuto, La voce del padrone, arriva a superare il milione di copie vendute, la cantautrice siciliana non è valorizzata pienamente dall’industria discografica e riconosciuta nel suo immenso e straordinario talento: Giuni Russo, donna dal carattere risoluto e poco diplomatico, artista poco incline ai compromessi, accetta faticosamente le direttive della sua casa discografica, che preferisce i brani più pop e meno sperimentali; l’ultimo suo singolo, Morirò d’amore, una sorta di testamento lasciato al suo pubblico, viene escluso ben due volte dal Festival di Sanremo, per poi concorrere nel 2003 (a 35 anni dalla prima esibizione di Giuni al Festival) e piazzarsi al settimo posto nella classifica finale. Il riconoscimento artistico arriverà alla fine, ma Giuni non riuscirà a goderne appieno a causa del sopraggiungere improvviso della malattia (un cancro, contro cui combatterà con tutte le sue forze negli ultimi cinque anni della sua vita).

Dopo 40 anni dalla sua pubblicazione è ora l’occasione di riascoltare Vox, il terzo album della carriera di Giuni Russo, pubblicato dalla Warner Music interamente rimasterizzato, su cd in versione digipack e su lp in edizione limitata, con un artwork arricchito da foto inedite: disco dal forte impatto suggestivo ed emotivo come il suo predecessore Energie, capolavoro insuperato della sua discografia, sospeso come quest’ultimo tra ricerca (Post-Moderno, canzone scritta da Battiato insieme all’altra Good Good-Bye) e immediatezza pop (Abbronzate dai miraggi, Sere d’agosto). L’album, registrato sempre nello studio milanese di Alberto Radius (anche alle chitarre), è ancora una volta sperimentale ed eclettico, dalle sonorità ricercate e raffinate: nell’autobiografica Oltre il muro Giuni Russo canta “Il muro salterò/Un canto ipnotico sarò”, a voler ribadire la sua indole anticonvenzionale e fuori dagli schemi. L’album si avvale della collaborazione, tra gli altri, di Giusto Pio, Francesco Messina e Roberto Cacciapaglia (agli arrangiamenti). Tra le curiosità, una canzone, L’oracolo di Delfi, porta la firma del critico musicale Mario Luzzato Fegiz, accreditato con lo pseudonimo di Faffner.

Il disco non riesce a replicare il grande successo di Un’estate al mare e per questo la casa discografica, la CGD, non è del tutto soddisfatta. L’album viene pubblicato nonostante il dissenso della cantante Caterina Caselli, manager per la CGD, che avrebbe voluto un prodotto più orecchiabile. Ne nascono dissapori al punto che, dopo la pubblicazione di Mediterranea (1984), ultimo album firmato con la CGD, ne scaturirà una battaglia legale con un infamante documento redatto dall’etichetta, in cui si diffidano le altre etichette discografiche dallo scritturare Giuni Russo in quanto artista “ingestibile”. Seguirà poi il contratto con un’etichetta minore, l’indipendente Bubble Record, ma questa è già un’altra storia.

(video di “Post-Moderno”, 2023 Remaster)

(video di “Good Good-Bye”)

Articolo Precedente

Sting riceve 5 mila euro al giorno da oltre vent’anni per il plagio di Every Breath You Take: a pagarlo è Diddy

next
Articolo Successivo

Baustelle, Francesco Bianconi a FQMagazine: “Sono contro la cultura dello sballo a tutti i costi. Il rave potrebbero essere una figata ma in realtà sono squallidi ghetti”

next