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Ares gate, chiuse le indagini sulla bancarotta della casa di produzione “Tarallo la usava come un bancomat”

La guardia di finanza ha ricostruito i passaggi che hanno portato al tracollo della casa di produzione, via via sempre più sommersa dalle perdite (958mila euro nel 2017, 1,7 milioni nel 2018, 98mila nel 2019), fino al fallimento dichiarato nel febbraio del 2020. Perdite che – nota il pm – hanno portato a una riduzione del capitale sociale sotto i limiti di legge

di Luigi Franco

La Ares Film fu usata come un bancomat. Ma no solo: tra la società produttrice di molte fiction Mediaset e la Banca Centro Lazio Credito Cooperativo ci fu un accordo da 820mila euro a saldo e stralcio di un debito più consistente che lasciò a bocca asciutta e danneggiò altri creditori. Sono solo alcune delle ipotesi del pm di Roma Carlo Villani, che ha chiuso le indagini sulla bancarotta fraudolenta della Ares prima di procedere alla probabile richiesta di rinvio a giudizio di Alberto Tarallo e di altri tre indagati. Un nuovo pezzo che si aggiunge al complicato puzzle dell’Ares gate, che ha già visto Tarallo rinviato a giudizio con l’accusa di aver falsificato il testamento del compagno, lo sceneggiatore Teodosio Losito, morto suicida a gennaio 2019. Una morte per la quale all’inizio la procura aveva addirittura ipotizzato che Tarallo avesse potuto spingere Losito a impiccarsi, ipotesi poi caduta e per la quale la posizione del produttore è stata archiviata.

Ma dall’inchiesta madre, oltre al filone sul testamento è scaturito anche quello sulla bancarotta della Ares. La guardia di finanza ha ricostruito i passaggi che hanno portato al tracollo della casa di produzione, via via sempre più sommersa dalle perdite (958mila euro nel 2017, 1,7 milioni nel 2018, 98mila nel 2019), fino al fallimento dichiarato nel febbraio del 2020. Perdite che – nota il pm – hanno portato a una riduzione del capitale sociale sotto i limiti di legge, senza che però nessuno lo reintegrasse o portasse i libri in tribunale, cosa di cui vengono ritenuti responsabili sia Tarallo, in qualità di amministratore di fatto della Ares Film, che Losito, quale amministratore unico dal 2009 fino al momento della morte.

A Tarallo vengono poi contestati altri fatti. Innanzitutto di aver dissipato 41mila euro utilizzando la sua carta di credito aziendale e quella del suo autista Marco Regoli (estraneo all’inchiesta) per sue spese personali, “effettuate in assenza si alcuna giustificazione di natura economico-aziendale”. Secondo gli inquirenti, inoltre, Tarallo versò nel 2018 350mila euro nelle casse della società, iscrivendole a bilancio prima come “aumento di capitale” e in seguito come “debito verso Tarallo per finanziamento”, in modo da poter avere un domani indietro tale somma. Somma peraltro ottenuta in prestito a fronte di un pegno retrodatato messo sui diritti per l’opera Memorie di Adriano e sull’archivio fotografico della Ares, con le immagini delle star delle sue fiction, da Gabriel Garko a Eva Grimaldi, da Giuliana De Sio a Nancy Brilli. Per questo la procura ipotizza che Tarallo abbia distratto tali asset dall’azienda a suo favore e a danno dei creditori.

Per finire, la guardia di finanza ha approfondito i dettagli di un accordo tra Ares Film e Banca Centro Lazio Credito Cooperativo che ha consentito all’istituto di recuperare una parte degli ingenti crediti vantati verso la Ares, crediti ormai finiti tra quelli deteriorati perché considerati irrecuperabili vista la situazione di decozione della società. Grazie a tale accordo la banca riuscì a incassare 820mila euro, ma furono danneggiati i creditori privilegiati che vantavano crediti per almeno 616mila euro. Per tale accordo, oltre a Tarallo, sono indagati il vice presidente della banca Marcello Cola, il responsabile dell’area Non performing loans Guido Zaffi Borgetti e l’addetto dell’ufficio legale Alessandro Petrucci.

@gigi_gno

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