Il Pio Albergo Trivulzio potrebbe presto rimanere senza i suoi gioielli più pregiati. A ottobre il consiglio di indirizzo della Baggina – come lo chiamano i milanesi – ha inserito nel piano alienazioni 2022-2023 alcuni degli immobili più prestigiosi che compongono il patrimonio dell’ente che da decenni si occupa di ospitare e curare gli anziani. Tale patrimonio è frutto di cinque secoli di lasciti e ora rischia di venire ridotto di oltre un terzo. Tra gli immobili che nei prossimi mesi potrebbero finire all’asta ci sono quattro edifici in pieno centro a Milano, in piazza Mirabello 1 e 5, in via Moscova 25, in piazza del Carmine 1, ai quali si aggiungono altri due stabili, in via Paolo Bassi 22 e in via Carlo Poma 48. In tutto più di 400 unità immobiliari tra alloggi, negozi, uffici e box, che secondo il quotidiano Milano Finanza potrebbero valere intorno ai 200 milioni di euro, a fronte di proprietà complessive che, inclusi i terreni, sono stimate in circa 500 milioni.

“Pat in stato di insolvenza, a rischio gli stipendi” – Non è la prima volta che il Pio Albergo Trivulzio, controllato da Regione Lombardia che ne sceglie il direttore generale e da comune di Milano, mette all’asta immobili di pregio per far quadrare i conti. È successo per esempio nel 2016 con un palazzo in via della Spiga, nel Quadrilatero della moda, e due anni fa con uno stabile quattrocentesco in via Santa Marta, a due passi dal Duomo. Dal 2004 al 2021 sono stati alienati immobili e terreni per oltre 100 milioni di euro, di cui più di 60 nel triennio 2016-2018 e 20 tra il 2019 e il 2021. Di nuovo c’è che questa volta la dismissione potrebbe essere ben più consistente e riguardare gli ultimi “pezzi” davvero buoni rimasti, anche in considerazione delle spese di manutenzione straordinaria che il resto del patrimonio necessiterà nei prossimi anni. Ma il punto è questo: la situazione economica del Pat è particolarmente critica. I pagamenti ai fornitori sono bloccati e a rischio ci sono pure gli stipendi dei dipendenti. Secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, nelle scorse settimane uno dei revisori dei conti ha inviato un’email a Regione e comune denunciando uno “stato di insolvenza” e una “emergenza di liquidità”, chiedendo un intervento tempestivo della “proprietà”, “prima che si arrivi a non pagare gli stipendi di febbraio”.

Un buco da oltre 20 milioni (e 76,6 milioni di debiti) – Gli stipendi alla fine sono stati pagati, ma i numeri dei bilanci sono in caduta libera da tempo. Le perdite accumulate, al netto delle riserve, sfioravano i 23 milioni a fine 2021, anno dell’ultimo bilancio disponibile. Un buco a cui si aggiungono 76,6 milioni di debiti, tra cui mutui per oltre 31 milioni di euro e debiti a breve termine verso le banche per quasi 15 milioni. La situazione è andata peggiorando negli ultimi anni: nel 2021 il risultato operativo dopo le tasse ha segnato un rosso da 10,4 milioni di euro che includendo gli interessi pagati sui prestiti ha portato a una perdita, depurata delle plusvalenze da alienazioni, di 10,9 milioni. Il bilancio ha chiuso con un utile di 2,2 milioni solo grazie alle vendite degli immobili, tra cui quello in via Santa Marta, che hanno garantito una plusvalenza di 13 milioni, a scapito però di una riduzione degli affitti da incassare negli anni a venire. E ora sui conti già disastrati rischia di aggiungersi un nuovo ammanco: per le prestazioni sanitarie rese in regime di servizio sanitario nazionale il Pat continua a fatturare alla Regione la quasi totalità delle prestazioni previste nel budget definito con Palazzo Lombardia. Ma quelle realmente erogate da quando c’è stato il Covid sono molto meno. Così il Pat rischia di dover restituire alla Regione una somma che – secondo fonti consultate da ilfattoquotidiano.it – potrebbe aggirarsi attorno ai 20 milioni di euro.

Le entrate del Pat, la cui gestione comprende anche quella degli istituti Martinitt e Stelline, sono in calo continuo, in particolare i ricavi per le rette della Rsa visto che gli anziani ospitati sono sempre meno: la somma tra rette della Rsa e entrate per prestazioni sanitarie è passata da un totale di 75,7 milioni nel 2018, a 61 nel 2021. Secondo quanto si legge nella relazione sulla gestione del 2021, per i vertici del Trivulzio buona parte della colpa va attribuita a un modello di assistenza agli anziani dal punto di vista strutturale non più al passo coi tempi e alle conseguenza della pandemia, che proprio al Trivulzio ha causato un picco di decessi. Ma fonti sindacali puntano il dito contro la gestione del direttore generale Giuseppe Calicchio, considerato vicino al leghista Stefano Bolognini, ex assessore regionale alle Politiche sociali. La diminuzione dell’occupazione dei letti è andata di pari passo con la chiusura di reparti e alle dimissioni volontarie del personale, ben 229 dal 2020 a oggi secondo il sindacato Usb. Tra gli altri se ne sono andati 40 medici, 59 infermieri, 83 tra Oss e altro personale di supporto, oltre a 16 amministrativi: “Una conseguenza delle continue pressioni e dei numerosi procedimenti disciplinari contro i lavoratori per futili motivi”, accusano i rappresentanti sindacali.

Il Pat spera di diventare ospedale. E intanto dismette il suo patrimonio – I vertici hanno chiesto alla Regione il via libera alla trasformazione del Trivulzio, attualmente un’Azienda di servizi alla persona (Asp) che fornisce sia assistenza che cure intermedie agli anziani, in un polo geriatrico-riabilitativo. Spostando così il baricentro delle attività su quelle di un vero e proprio ospedale più che su quelle di una Rsa. L’auspicio sottinteso è che un tale modello, e i maggiori rimborsi regionali che ne deriverebbero per le prestazioni sanitarie, possa ridare sostenibilità ai conti. In attesa che ciò si realizzi, se mai si realizzerà, la strategia dei vertici sembra al momento una sola: alienare il patrimonio immobiliare. Così, dopo che l’anno scorso sono andate deserte quattro aste per vendere alcuni terreni agricoli, si è ipotizzato di cedere i pezzi più pregiati. Ma la scelta rischia di essere poco lungimirante: l’area “patrimonio da reddito” è l’unica che, nonostante le dismissioni, continua a essere davvero remunerativa: nel 2021 le entrate da affitti sono state pari a 11,1 milioni di euro che, sottratti i costi, hanno garantito un margine di 6,5 milioni. In base all’elenco dei canoni di affitto aggiornato a maggio 2021 pubblicato sul sito del Pat, le unità immobiliari dei sei edifici entrati da poco nel piano alienazioni hanno contribuito ai ricavi per locazioni con almeno 3,7 milioni di euro, un terzo degli 11,1 totali. Una volta che quegli affitti non ci saranno più, la situazione corrente virerà ancor di più sul rosso.

Ma perché pensare di vendere immobili per 200 milioni di euro, a fronte di un deficit annuo dell’ordine dei 10 milioni? Dal Pat rispondono innanzitutto che la stima del valore dei sei edifici “non è al momento disponibile, ragion per cui il valore di 200 milioni non è avvalorabile con dati aggiornati ai valori di mercato attuali”. E sottolineano che al momento il consiglio di indirizzo “ha ampliato il perimetro dei possibili immobili da porre a vendita secondo le modalità di governance dell’azienda, ma eventuali effettive alienazioni dovranno passare da appositi atti del consiglio stesso”. In sostanza, “non è detto che vengano venduti, né che vengano venduti tutti e sei, né che vengano alienati nello stesso momento. Non vi è alcuna decisione presa al momento”. In attesa di sapere che ne sarà di quegli alloggi, chi ci abita da anni, con canoni spesso inferiori a quelli di mercato in cambio di lavori di ristrutturazione pagati dagli stessi inquilini, denuncia che ormai da mesi gli appartamenti che si liberano non vengono più affittati, con perdita di introiti per il Pat. I primi comitati si stanno già organizzando, pronti alla protesta.

@gigi_gno

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