“Non si può morire così! Ognuno di noi avrebbe potuto fare di più!”. Il messaggio che si legge fuori dal PalaMilone, dove è stata allestita la camera ardente con le salme dei 68 migranti morti, dice tutto sul naufragio di domenica scorsa davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro. E lo dice al netto di quello che uscirà dall’inchiesta della Procura di Crotone che nei giorni scorsi ha aperto le indagini anche sul filone dei soccorsi. Quel messaggio i bambini della 5°A e della 5°B della scuola Karol Wojtyla di Isola Capo Rizzuto lo hanno affidato a un cartellone verde, attaccato alla ringhiera del palazzetto dello sport, a fianco di fiori, pupazzi, candele e altre centinaia di messaggi di gente sconvolta per una tragedia che si poteva evitare indipendentemente dalle procedure di soccorso, dalle relazioni di servizio, dai protocolli e dalle responsabilità che i pm, in ogni caso, dovranno accertare. “Le persone in balia del mare si salvano. Assassini” si legge più in alto, su un altro cartellone dove a penna qualcuno ha aggiunto “… chi sapeva e non si è intervenuti”. “Porti aperti per chi migra. – è un altro messaggio – Nessun uomo sarà mai un oggetto, un ‘carico residuale’”. Il riferimento è al termine utilizzato qualche mese fa dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per indicare i migranti in buona salute in attesa di sbarcare. L’ultima vittima di Steccato di Cutro è stata trovata stamattina. È la vittima numero 69: un bambino di circa tre anni. Dopo sei giorni, il mare ha restituito il suo corpo. Galleggiava al largo della costa di Steccato. Sono in corso ancora gli accertamenti ma sembra che, incrociando i dati con le foto arrivate via mail, possa essere un bimbo afgano che viaggiava con la madre e il padre che ancora risultano dispersi. Non è sicuro però perché potrebbe, invece, essere il fratellino di tre afgani superstiti che in queste ore potrebbero identificarlo.

Anche per lui, un altro cartellone chiede “Giustizia”. Giustizia “per le vittime innocenti di una politica criminale. – si legge – Siamo tutti coinvolti”. Tutti, nessuno escluso. Almeno così la pensano le donne e le madri che vivono nel piccolo paesino del crotonese e hanno assistito alla tragedia. Nel loro messaggio lasciato sulla ringhiera del PalaMilone, utilizzano la prima persona plurale: “Se la nostra spiaggia di Steccato non ha accolto i nostri figli per la vita ma per la morte, perdonateci”. “Perdonateci” è ciò che probabilmente pensa anche il pescatore Vincenzo Luciano che da domenica, tutti i giorni e tutte le notti, batte la spiaggia alla ricerca di altri corpi e non si dà pace dopo aver visto gli occhi ancora aperti di un bambino morto. Intanto sul naufragio interviene “Medu”, l’organizzazione umanitaria indipendente. Secondo Medici per diritti umani “sarà compito delle indagini della magistratura appurare l’esatta dinamica degli eventi, le eventuali omissioni e le specifiche responsabilità. Gli organi inquirenti stanno acquisendo le relazioni e le versioni di guardia costiera, guardia di finanza, Frontex e Centro nazionale di soccorso marittimo”.

“Alcune considerazioni possono però essere già fatte e riteniamo doveroso sottoporle al dibattito pubblico. – scrive Medu in una nota stampa – Proviamo a metterle in fila in forma di domande e di possibili risposte. Quali erano le probabilità che un’imbarcazione, in quel tratto di mare e con le caratteristiche segnalate dall’avvistamento aereo Frontex (un caicco di fabbricazione turca con probabile carico umano in stiva rilevato al sondaggio termico) nella tarda serata del 25 febbraio, stesse trasportando un carico di migranti? Molto alta. Quali erano le probabilità che tale imbarcazione si sarebbe avvicinata a pochi metri dalla costa per far sbarcare i migranti come da prassi consolidata? Certa. Qual era il rischio di naufragio per un’imbarcazione con quelle caratteristiche che si fosse avvicinata a pochi metri da una costa esposta ai venti meridionali in quelle condizioni metereologiche (mare molto mosso forza 4 con onde di 2 metri e vento 20 nodi forza 5 proveniente da sud in peggioramento)? Molto alto, come purtroppo i fatti hanno effettivamente dimostrato”. E ancora: “Quali erano le capacità di intervento delle unità della Guardia Costiera per un intervento Sar con mare forza 4 in quello specifico contesto? Del tutto garantite. Se dunque tutte queste risposte sono difficilmente smentibili, il naufragio non è stato “un fatto improvviso e sfortunato” come ha affermato il ministro dell’Interno bensì un evento assai prevedibile date le premesse”.

Secondo Medu, quindi, la domanda “a cui dovrebbe rispondere il governo italiano” è una sola: “Perché allora non è stato attivato un doveroso e tempestivo intervento Sar per salvare oltre 150 persone destinate ad un molto probabile naufragio? Se le regole di ingaggio dei vari attori coinvolti, da Frontex alla guardia costiera, sono state rispettate è allora evidente che queste regole sono sbagliate poiché il dovere del soccorso è una legge sacra che chiunque va per mare è tenuto a conoscere. Ci sono due modi in cui le istituzioni italiane ed europee possono affrontare la tragedia di Cutro. Far finta che tutto possa continuare come prima aspettando che il clamore mediatico si plachi e che forse la magistratura individui qualche specifica responsabilità contingente all’evento. Cosa sono tutto sommato 69 morti rispetto alle oltre ventimila vittime dei viaggi migratori nel Mediterraneo centrale degli ultimi dieci anni? Oppure rimettere radicalmente in discussione l’approccio politico e la gestione dei flussi migratori da Africa e Asia che in questi anni ha trasformato (e questi sono tragici numeri e non opinioni) il Mediterraneo in un mare di morte. Oppure prendere atto che una grande operazione pubblica di ricerca e salvataggio, una Mare Nostrum europea, è oggi urgente e necessaria”.

“Il governo italiano – conclude la nota di Medu – dovrebbe comprendere che all’indomani di una tragedia come questa incolpare le persone che hanno perso la vita di irresponsabilità per aver messo i propri figli a rischio suona di un cinismo e di una miopia inauditi. Il ministro Piantedosi dovrebbe forse rendersi conto della propria impreparazione umana, prima ancora che politica e operativa, nel gestire la comunicazione di un fenomeno così complesso come le migrazioni contemporanee; e forse trarne le conseguenze. Medici per i Diritti Umani ritiene che il naufragio di Crotone debba rappresentare uno spartiacque nella gestione del fenomeno migratorio da parte dell’Italia e dell’Europa e per questo si appella a tutta la società civile perché in questo momento faccia sentire la sua voce in tutte le forme democratiche affinché dopo queste morti niente sia più come prima”.

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