Cultura

Maggio Fiorentino, è fallita anche l’operazione Pereira. Il sovrintendente se ne va, le macerie restano. Storia di un disastro lungo 15 anni

Il direttore artistico viennese, per il quale i pm chiedono una misura interdittiva per l'uso delle risorse, dice addio tra le polemiche e anche tra i debiti. Non certo cominciati con lui. Eppure nelle casse della fondazione sono entrati quasi 26 milioni di euro pubblici solo nel 2021. Ora il rischio è di un nuovo commissariamento, il terzo in meno di vent'anni

di Marco Ferri

Pereira non sostiene più. Anzi, Firenze non sostiene più Pereira. Con una lettera di due pagine, vergate evidentemente sull’onda dell’amarezza accumulata nelle ultime ore, il sovrintendente del Maggio Musicale Fiorentino, Alexander Pereira, si è dimesso. Una missiva dove la parola “impossibile” compare due volte nella stessa riga e dove l’espressione “debito di 57 milioni di euro” fa rima – si fa per dire – con “orrendo problema di cassa”. Non si tratta di giustificazioni, bensì di evidenze, di realtà che, nel tentativo di risollevare la disastrosa situazione finanziaria del Maggio, avrebbero tagliato le gambe a chiunque vi avesse provato. Compreso il grande Pereira, che prima dell’ente lirico fiorentino aveva diretto teatri di Vienna, Zurigo, Salisburgo e Milano. Il quale, poi, ci ha messo del suo per rendere la situazione ancora più complessa.

Nella lettera il sovrintendente ammette di dimettersi per vari motivi: primo tra tutti i problemi di salute e poi perché è stato “allo stesso momento sempre attaccato dall’interno del teatro e dall’esterno, specialmente dalla stampa”. Per il primo dispiace sinceramente, per il secondo… la vita è un gioco delle parti. E la stampa, in passato, ha letteralmente massacrato alcuni predecessori di Pereira che non per questo hanno utilizzato gli articoli di giornale come ragione per cui abbandonare.

Nella lettera il sovrintendente non fa cenno ai fatti che, probabilmente, hanno avuto un peso notevole nell’assunzione della drastica decisione: innanzitutto l’avviso di garanzia che il sovrintendente aveva ricevuto a fine gennaio per un’ipotesi di reato di peculato, in ordine a certe spese sostenute e poste a carico della fondazione lirico-sinfonica. Pereira si difese subito affermando che si trattava “di spese tutte collegate e necessarie all’esercizio del mio mandato”. Il secondo è che la procura fiorentina ha chiesto per Pereira una misura interdittiva – che sarà decisa dal giudice per le indagini preliminari dopo un interrogatorio – a causa di una seconda ipotesi di reato: quella di malversazione legata all’uso di parte del fondo integrativo di 35 milioni erogato dal Governo nel novembre 2022 per aggredire il debito da oltre 50 milioni della fondazione accumulatosi nel corso degli ultimi 15 anni. In particolare, pare che a Pereira sia contestato l’utilizzo di 8,5 milioni di euro per pagare anche gli stipendi dei dipendenti.

A questo punto si apre un ventaglio possibilità che va dalla nomina di un nuovo sovrintendente a un nuovo commissariamento. Che nella storia del Maggio Fiorentino sarebbe il terzo, dopo quelli dell’estate 2005 e del febbraio 2013. Negli ultimi 25 anni, infatti, la vicenda del Maggio si è rivelata una lotta per bilanciare i debiti crescenti e la qualità degli spettacoli. Il tutto con dei costi pesantissimi per tutto il comparto della cultura non solo fiorentino, ma nazionale.

Perché la Fondazione lirica del Maggio Musicale Fiorentino, come le altre 13 d’Italia, stanno in piedi grazie ai soldi pubblici. Ma purtroppo i benefici di questi sforzi economici ricadono su una ristretta platea. E siccome più delle parole è giusto che parlino i numeri, nel bilancio consuntivo del 2021 della Fondazione Maggio Musicale Fiorentino, è registrato un debito di 52 milioni e 605mila euro; e prima del Covid era anche peggio: 56 milioni e 758mila euro.

A fronte di questo buco nero, però, i soldi dei cittadini non erano mancati. Nel 2021 erano entrati nelle casse del Maggio quasi 26 milioni di euro di denaro pubblico: 17 dal Fondo Unico dello Spettacolo, quasi 3 dalla Regione Toscana, quasi 6 da Comune e Città metropolitana oltre ad altri introiti per un totale di 12,4 milioni di euro. Insomma una montagna di soldi che sono finiti (soprattutto quelli pubblici, va ribadito) in un’unica cassa, quando da più parti si denunciano le consuete difficoltà per trovare fondi da destinare alla conservazione del patrimonio culturale, che è di tutti, come e forse più della lirica.

La lirica non ce la fa a reggersi sulle proprie gambe, ma tenere in piedi, con la stessa forma, un ente che da 15 anni è devastato da un debito di queste dimensioni può solo peggiorare le cose: anzi le peggiora, dal momento che l’ex ministro della Cultura Dario Franceschini nel 2022 ha stanziato un fondo speciale per ripianare i debiti del Maggio utilizzando evidentemente un’altra bella somma di soldi pubblici. Se invece di un ente in larghissima parte sostenuto dai soldi dei cittadini, si fosse trattato di un’impresa privata, il responsabile (o i responsabili) di oltre 50 milioni di euro di deficit forse sarebbero stati chiamati a rispondere personalmente delle proprie azioni.

Senza contare che sempre con soldi pubblici tra il 2008 e il 2014 fu costruito e inaugurato a singhiozzo il nuovo teatro del Maggio Musicale Fiorentino, costato alla fine circa 260 milioni di euro (più di un quarto di miliardo di euro!), ovvero 180 milioni di euro più del previsto e con la sala grande (non cumulabile con gli altri spazi della struttura) che conta 1890 posti a sedere, ovvero un centinaio in meno rispetto al precedente Teatro Comunale di Firenze, nonostante in fase progettuale gli spazi avrebbero permesso la realizzazione di ben altri spazi. Se invece di una sala per la lirica, una sala con la capienza di un cinema e una cavea all’aperto a diversi metri d’altezza (quindi sfruttabile solo con la bella stagione, ma senza il necessario montacarichi) fosse stato progettato un teatro capace di ospitare fino a 10-12mila persone, questo poteva essere sfruttato anche per concerti invernali di grandi star della musica internazionale garantendo un flusso continuo di introiti milionari che avrebbero mantenuto anche il povero Maggio. Ma niente di tutto questo è accaduto e oggi siamo a verificare che la poltrona di sovrintendente del Maggio torna di nuovo vacante. Sempre per motivi economici.

Tornando a Pereira, viene da chiedersi se nessuno, tra la fine del 2019 e la primavera del 2022 (quando la Finanza pare abbia iniziato a interessarsi del caso) si fosse mai accorto che le spese del sovrintendente necessitavano di essere giustificate. Un uomo di quell’autorevolezza, abituato ad agire ad alti livelli, una volta ricevuto l’incarico di trovare i mezzi per far cambiar colore ai bilanci in rosso del Maggio, era ovvio che si sarebbe mosso in determinati modi. Ma se le casse del Maggio non potevano permettersi una simile politica, perché andare a cercare Pereira? Forse si riteneva che sarebbe bastato il nome? Dall’ambiente alla salute, dal clima alla pace, tutto oggi deve rispondere a un dogma: la sostenibilità. Tutto, ma non il Maggio. L’ente continua a vivere al di sopra delle proprie possibilità perché con oltre 50 milioni di debito forse occorrerebbe approfondire, oltre alle questioni di Pereira, anche i motivi che hanno portato a questo debito. E agire di conseguenza, secondo buon senso.

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