Morire di tiramisù. Ma forse per colpa di un’allergia alimentare al latte. Le allergie alimentari sono un fenomeno in aumento negli ultimi anni. In particolare, l’allergia al latte è fra le più comuni in età pediatrica (dal 2% al 3% dei bambini ne soffre) e tende a risolversi con l’età adulta, in alcuni casi anche prima. Chi ne soffre ha sviluppato degli anticorpi contro alcune proteine del latte. E come è successo in questi giorni alla ragazza di Milano, che ha mangiato un tiramisù vegano con tracce di latte vaccino, ci sono casi in cui anche ingerire pochissime quantità di latte e derivati può scatenare uno shock anafilattico che può portare al decesso. “Le persone che soffrono di allergie hanno sviluppato degli anticorpi contro le proteine del latte stesso”, spiega la dottoressa Giulia Di Colo, allergologa presso l’Unità di Immunologia, Reumatologia, Allergologia e Malattie Rare dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, “per questo motivo ci può essere un’esposizione iniziale asintomatica, mentre successivamente anche ingerire piccole quantità di questo alimento o dei suoi derivati è sufficiente a scatenare una reazione allergica potenzialmente anche molto grave”.

Le allergie al latte possono essere di diverse tipologie?
“Sì, le allergie non sono tutte uguali per gravità: ci possono essere allergie lievi i cui sintomi possono essere per esempio solo cutanei, come la comparsa di un’orticaria, fino ad arrivare alle reazioni più gravi come lo shock anafilattico, in cui ci sono sintomi sistemici, e il coinvolgimento dell’apparato cardiocircolatorio”.

Attualmente, quali esami si effettuano per capire se si è allergici?
“Nei centri allergologici, come quello dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, è disponibile per i pazienti lo skin-prick test, test cutanei in cui i derivati di un determinato alimento vengono iniettati con una micro puntura sulla pelle dell’avambraccio del paziente e il medico verifica la comparsa dei cosiddetti ponfi che dimostrano se il paziente è o meno ipersensibile al derivato. Un altro esame che è possibile eseguire è il test sul sangue che permette di individuare le IgE, anticorpi che si attivano contro la componente non tollerata di un alimento: in genere nei soggetti allergici la concentrazione delle IgE risultano elevate. Importante sottolineare che in alcune persone vi sono delle reazioni anche non mediate dagli anticorpi IgE, che si possono manifestare generalmente qualche ora dopo dall’assunzione dell’alimento. Nella procedura medica per individuare un paziente allergico è fondamentale una anamnesi dettagliata per mettere in relazione l’assunzione di un determinato alimento all’effettiva reazione allergica e impostare un’eventuale dieta di evitamento, in cui il paziente evita per 2-3 settimane l’alimento a cui presumibilmente è allergico. Quindi viene eseguito in regime di day hospital il cosiddetto food challenge, ovvero viene dato al paziente l’alimento e se scatena una reazione allergica viene dimostrato definitivamente se l’allergia dipende da quell’alimento e/o derivati di esso”.

Quali precauzioni deve prendere una persona allergica?
“Una persona che ha già avuto una anamnesi positiva di un’allergia alimentare nota, documentata, dovrebbe essere seguita da un centro allergologico e avere con sé – in casi valutati dallo specialista allergologo – l’adrenalina autoiniettate, un dispositivo salvavita che la persona dovrà sempre avere con sé. Attualmente non vi è altra soluzione che evitare totalmente l’alimento che causa allergia. In alcuni centri in Italia viene proposta l’immunoterapia agli alimenti: in particolare i bambini sono ricoverati in ospedale e viene reintrodotto l’alimento in piccole quantità, seguendo precisi protocolli, in modo da indurre poco a poco la tolleranza, abituare quindi il sistema immunitario a tollerare gradualmente quel determinato alimento. Questo però non sempre funziona e inoltre va sempre eseguito sotto controllo medico, in centri specializzati e su pazienti selezionati”.

E quali precauzioni quando mangia fuori casa?
“Abituare sia il paziente che i propri familiari a leggere con attenzione le etichette degli alimenti che devono obbligatoriamente elencare tutti gli ingredienti presenti; se si va fuori a mangiare informare gli amici, parenti e il personale del ristorate delle proprie allergie, stare attenti nella preparazione dei cibi, per esempio non utilizzare le stesse stoviglie o mestoli”.

Si può guarire o prevenire questo tipo di allergia?
“No, l’unico modo per evitare reazioni gravi, una volta accertata la sensibilizzazione, è evitare il contatto con l’allergene, quindi è necessario escludere dalla dieta qualsiasi alimento o suo derivato a cui si è allergici”.

Che differenza c’è tra allergia e intolleranza a un alimento? A volte si tende a fare confusione.
“Sì, la potenziale confusione tra allergie e intolleranze alimentari nasce principalmente dal fatto che alcuni dei sintomi delle due condizioni cliniche spesso sono sovrapponibili. Le allergie alimentari sono reazioni avverse ad alimenti causate da un meccanismo immunologico: in caso di ingestione di un determinato alimento, considerato dannoso dall’organismo, si innesca una reazione da parte del sistema immunitario. Una volta che il soggetto è sensibilizzato a quel tipo di alimento, anche una minima quantità può scatenare una reazione allergica molto grave. Le intolleranze alimentari, invece, sono reazioni avverse al cibo che spesso derivano da deficit enzimatici, come nel caso dell’intolleranza al lattosio, causata dal deficit dell’enzima lattasi, deputata alla scissione del lattosio in glucosio + galattosio, che solo sotto questa forma possono essere assorbiti. Si caratterizza con la comparsa di sintomi gastrointestinali come dolori addominali e gastrici, gonfiore addominale, diarrea e digestione rallentata, che insorgono in seguito all’ingestione di alimenti ricchi di lattosio, come latte, formaggi freschi e yogurt. Le reazioni all’alimento, in caso di intolleranze, sono dose-dipendente, ossia più si mangia quel determinato alimento, più si sta peggio. Chi è intollerante al lattosio deve evitare questi alimenti, mentre può continuare a mangiare latticini privi di lattosio”.

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