C’è una certa apprensione tra gli amministratori locali per gli effetti chela “tregua fiscale” varata dal governo potrebbe avere sui bilanci dei comuni. A preoccupare è, in particolare, il condono delle cartelle sotto i mille euro affidate all’Agenzia delle Entrate dal 2000 al 2015, che avverrà il 31 gennaio prossimo. Il 90% dei crediti comunali infatti non supera quella soglia. Si tratta di multe, tasse sui rifiuti, Imu e altre imposte di modesta entità che, però, rischiano di rientrare nell’ambito di applicazione del provvedimento. Il primo a lanciare l’allarme qualche settimana fa è stato il presidente Anci, Antonio Decaro, che quantificava, sulla base delle bozze della manovra che circolavano allora, un buco da un miliardo. Il rischio paventato è che, privati di una fetta del gettito, molti comuni possano finire in dissesto.

Nel frattempo la manovra si è venuta meglio definendo ed è possibile calcolare in modo più preciso l’impatto della scelta dell’esecutivo. Poiché è stata preceduta dallo stralcio del 2018 sulle cartelle dello stesso importo (1000 euro) affidate fino al 2010 e da quello del 2021 per i debiti inferiori ai 5mila euro, di fatto la nuova sanatoria riguarderà solo il periodo 2011-2015. L’effetto è quindi un po’ più contenuto rispetto alle prime stime: si tratta, tra mancati versamenti e impatto sui conti dei comuni, di circa 350 milioni di euro. “Nei bilanci degli enti locali sono iscritte una serie di partite che si trovano in riscossione presso l’Agenzia delle Entrate e che vengono travolte da un ragionamento di semplificazione che agisce sui nostri bilanci senza nessuna compensazione” spiega a ilFattoquotidiano.it il responsabile finanza locale di Anci, Andrea Ferri.

“Stimiamo un effetto diretto, ovvero da mancata riscossione, di 150 milioni di euro, e uno indiretto, di altri 150-200 milioni sui conti degli enti locali”. Ed è quest’ultimo quello più significativo. “Peggiora gli equilibri finanziari degli enti perché vengono aboliti integralmente dalla voce “residui attivi” crediti non ancora riscossi ma che si potevano, almeno in parte, recuperare”. Non vale quindi l’obiezione del governo che si tratti di imposte ormai impossibili da incassare. “Certo, è vero che ci si libera, in alcuni casi, di crediti poco esigibili, ma il risultato finale è che obbligatoriamente dal 2023 i comuni devono cancellare dai propri bilanci anche somme consistenti. Il rischio è che si vada a peggiorare o facilitare una situazione di disavanzo” aggiunge Ferri. Anche perché la situazione della finanza locale non è particolarmente rosea: nel 2021 secondo l’allora ministro dell’economia, Daniele Franco, erano 800 (su oltre 7mila) i comuni a rischio dissesto.

Napoli, ad esempio, ha chiuso il 2021 con un disavanzo di 2,2 miliardi di euro. Torino, invece, con un rosso di 704 milioni e Palermo di 515 milioni. Anche la più piccola somma, insomma, risulta importante per la salute degli enti locali. In alcuni casi addirittura vitale, uno spartiacque che segna il confine tra una situazione di equilibrio e l’insolvenza. Ovviamente non tutti i comuni si trovano nelle stesse condizioni. “Alcuni hanno già eliminato le somme dalla voce “residui attivi” per prudenza, o perché se lo potevano permettere” prosegue Ferri. “I comuni che, invece, si trovano in una situazione di maggiore tensione finanziaria hanno queste poste ancora iscritte a bilancio. Per loro si può verificare un peggioramento del disavanzo”.

Ma la cancellazione delle cartelle pone anche un problema di disparità di trattamento tra contribuenti. Ci sono infatti tributi che vengono riscossi in proprio dagli enti locali senza affidarsi all’Agenzia delle entrate: questi saranno esclusi dallo stralcio stabilito dal governo. “C’è un effetto di asimmetria non solo tra comuni diversi ma anche all’interno dello stesso comune” prosegue Ferri. “Alcuni contribuenti che hanno ricevuto ad esempio un’ingiunzione di pagamento da parte del comune dovranno pagare mentre altri, a cui è stata notificata una cartella, beneficeranno della cancellazione”. Per questo l’Anci propone un meccanismo gestito a livello locale che riguardi tutti i debiti con il fisco, non solo quelli in carico all’Agenzia delle Entrate. “Noi proponiamo una definizione agevolata che prevede di chiudere le partite sospese, di qualunque ammontare siano, attraverso un pagamento rateale ma integrale dell’arretrato, senza sanzioni e interessi, oppure un versamento scontato pari all’80% in caso di adempimento immediato. Si tratta” conclude Ferri, “di un modo che riteniamo più equo per trattare un problema che riguarda tutti, ovvero il fatto che nel tempo si sono accumulate partite pregresse che non si riescono a smaltire”.

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