Premessa quasi obbligatoria: nella guerra in corso in Ucraina, la Russia è il Paese aggressore. Non stimo Vladimir Putin e lo considero un criminale. Ciò detto: è possibile dire qualcosa anche degli Stati Uniti d’America? Lo faccio parlando di un libro di Daniele Ganser – Le guerre illegali della Nato (Fazi) – davvero sorprendente per chiarezza e precisione: “Un resoconto straordinario – scrive Le Monde diplomatique – delle manipolazioni dell’opinione pubblica e delle violazioni del diritto internazionale da parte delle grandi potenze dell’Alleanza Atlantica”. Basta riflettere su alcuni dati per prenderne atto. “Dalla fine della Seconda guerra mondiale – scrive l’autore docente universitario di Storia contemporanea in Svizzera – in tutto il mondo la guerra è interdetta. Ci sono solo due eccezioni a tale divieto: il diritto all’autodifesa e la possibilità di condurre una guerra su esplicito mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu” (p. 16). Il punto è che questi principi sono stati trasgrediti e la responsabilità è soprattutto dell’Occidente e del suo potere militare.

Non è un’affermazione astratta, Ganser documenta che da settant’anni sono stati i paesi della Nato ad avviare spesso guerre illegali: l’elenco è lungo, ma alcune tappe delle aggressioni meritano d’essere ricordate: la guerra illegale contro l’Iran (1953); la guerra illegale contro l’Egitto (1956); la guerra illegale contro Cuba (1961): dopo la rivoluzione nei Caraibi – dice Ganser – “alcuni aerei statunitensi sganciarono su Cuba le prime bombe incendiarie che appiccarono il fuoco ai campi di canna da zucchero e alle fabbriche annesse. Si trattava di un’azione illegale, ma questo non importava alla Cia” (pp.128-129). Interessanti le pagine sull’operazione “Mangusta”, che sabota l’economia di Cuba (pp. 163-168), e quelle sull’embargo economico degli Usa che viene condannato dall’Onu.

Tre anni dopo Cuba, ecco la guerra illegale contro il Vietnam (1964), con la menzogna sul golfo del Tonchino e la manipolazione dei media: “Chi leggeva The New York Times non aveva la minima idea che gli articoli avevano origine sulle scrivanie della Cia” (p. 222). Già negli anni Sessanta si capì – dice l’autore – che gli Stati Uniti avviavano guerre illegali per ampliare il predominio dell’impero americano.

È lucido Le guerre illegali della Nato e attraverso l’analisi di tredici guerre (a ognuna è dedicato un capitolo) mostra come gli Stati Uniti e alcuni paesi alleati – soprattutto l’Inghilterra – abbiano calpestato (per egemonia, interesse, petrolio) il principio fondamentale sottoscritto il 26 giugno 1945 da 50 Paesi: è possibile fare una guerra solo su mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu. E invece la Nato ha continuato a ignorare il divieto: ed ecco la guerra illegale contro il Nicaragua (1981); la guerra illegale contro la Serbia (1999), col bombardamento del Kosovo, il 24 marzo, e la Nato che si trasforma (definitivamente) da alleanza locale a scopo difensivo in alleanza aggressiva globale; la guerra illegale contro l’Iraq (2003): l’autore analizza la prima guerra del Golfo (1980) e la seconda (1990), fino all’aggressione di Bush e Blair del 2003 (di nuovo senza mandato dell’Onu), giustificata con la lotta alle armi di distruzione di massa (atomiche, chimiche, batteriologiche), che si rivelerà una menzogna (pp. 350-364); la guerra illegale contro la Libia (2011), guerra imperialista, col tragico bombardamento del 19 maggio e l’ipocrita dottrina della “responsabilità di proteggere”; la guerra illegale contro l’Ucraina (2014), con la dettagliata analisi dell’ampliamento a est della Nato, il colpo illegale degli Usa a Kiev (“Fanculo l’Ue!”), eccetera.

L’elenco non è esaustivo, ma è evidente: l’Alleanza Atlantica ha violato il diritto internazionale che avrebbe dovuto difendere. “Qualunque Stato si venga a trovare in conflitto con l’Occidente – scrive Carlo Rovelli nella prefazione – è designato come ‘Stato criminale’. La realtà, alla fredda prova dei fatti, è il contrario: è l’Occidente a essere il più delle volte dalla parte dell’illegalità internazionale”. Bisogna prenderne atto, con la mente sgombra dall’idea che gli Stati Uniti incarnino il bene e la perfezione. Hanno interessi e progetti d’egemonia: capirlo, e non avallarli, significa lavorare a un reale processo di pace.

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