Londra, 1945. Durante una gita scolastica, un tredicenne inglese assiste alla visione di Amanti perduti, splendido film drammatico di Marcel Carné. Le luci si spengono, le scene si susseguono sul grande schermo finché a un tratto il clown interpretato da Jean-Luis Barrault si sgonfia a terra per poi rizzarsi quasi fosse un giocattolo. Quella sequenza trasmette al giovane Quentin Blake la consapevolezza di come un’illustrazione possa raccontare una storia mettendola in scena. Un insegnamento che ne caratterizzerà per sempre visione, stile e lavoro.

Nel bellissimo Il libro di Quentin Blake, a cura di Jenny Uglow edito da L’Ippocampo, viene ripercorsa l’intera vicenda artistica dell’artista inglese, permettendo al lettore di compiere un lungo viaggio tra eventi e fantasie. Quentin Blake oggi è riconosciuto soprattutto per le illustrazioni dei libri di Roald Dahl, ma per la sua carriera, formazione e produzione deve essere considerato un artista contemporaneo completo e moderno, nella cui produzione a primeggiare è l’emozione e non il realismo. Fin da giovanissimo sente l’impulso irrefrenabile a disegnare, senza riuscire a preoccuparsi troppo di perfezionismi o precisioni, dando vita a disegni imperfetti, con colori ad acquarello che a volte non rispettano i bordi, dando però sempre l’impressione di un evento imminente.

Fa per due anni la posta al direttore della rivista Punch che, valutando il suo talento come inequivocabile, lo assume facendone il più giovane collaboratore della testata. Qui svolge un prezioso apprendistato ammirando da vicino alcuni affermati colleghi, senza mai perdere di vista il suo riferimento, Honore Daumier, di cui in passato aveva acquistato per ben due sterline un costoso catalogo. Grazie alla pratica il suo stile matura, si affina, lo spinge a sperimentare, dal colore ai materiali, portandolo ad avvicinarsi al lavoro satirico di Ronald Searle e André Francois, che gli fanno capire come un lavoro possa andare incontro alle esigenze del committente senza dover per questo rinunciare al potenziale artistico o al messaggio di rottura.

Durante la biennale leva militare realizza per l’esercito English Parade, un opuscolo utile ai soldati analfabeti per assimilare i primi rudimenti di lettura. Congedato si iscrive all’università dove, dopo la laurea, si afferma come docente, per poi lasciare perché attratto dalla prospettiva di una carriera artistica. Veloce, incisivo e capace di raggiungere il pubblico, si dedica con frequenza sempre maggiore alle copertine di Spectator, per poi passare a quelle dei libri Penguin.

Seguendo alcuni ottimi consigli, perfeziona ulteriormente il suo tratto tramite lezioni di disegno dal vivo, grazie alle quali arricchisce le sue figure di ulteriore profondità e comunicabilità. Solo all’inizio degli anni Sessanta però inizia a dedicarsi concretamente all’illustrazione per ragazzi e, per mettersi alla prova, domanda al suo amico John Yeoman di scrivere per lui un libro da illustrare. A drink of water è solo il primo momento di un abbraccio tra autore e genere che durerà fino a oggi. Quentin non smette mai di disegnare, e arriva ai nostri giorni migliorato e sempre fedele al suo stile. In un mondo in cui il digitale annienta la bottega, Quentin continua a restare ancorato a un immaginario analogico ma sempre vivace e attuale fatto di acquarelli e sentimenti, su cui spiccano le opere realizzate a fine millennio per esorcizzare, per quanto possibile, la devastante perdita del figlio, un lavoro che si rivelerà poi utile a sostenere tutte le persone colpite dal più terribile dei lutti.

La sua produzione, contraddistinta da colori vivaci, mette i suoi personaggi quasi sempre in situazioni surreali, dalle quali dovranno cavarsela con soluzioni improbabili o nonsense, ma sempre intrecciate a messaggi poetici o delicati, in cui a volte, come nel caso di Clown, non sono necessarie nemmeno le parole, quasi fossimo in un film di Charlie Chaplin. Ma è il sodalizio con Roald Dahl a dare a Blake la consacrazione immortale. L’alleanza ha inizio nel 1978 con le prove per L’enorme coccodrillo, prosegue con Gli sporcelli, La magica medicina, Il GGG, Matilde e così via. Tra i due nasce un rapporto simbiotico, in cui l’uno corregge, smussa e avvicina il punto di vista dell’altro, alla ricerca di un equilibrio perfetto, che non esita a tramutarsi, quando serve, in un umoristico, ma efficace terrore, come nelle illustrazioni de Le streghe.

Nemmeno la morte di Dahl interrompe il sodalizio, con Blake che, ormai perfettamente addentro alle visioni dell’amico, inizia a illustrare romanzi precedenti il loro incontro come James e la pesca gigante o La fabbrica di cioccolato. L’innata capacità di Blake di infondere nuova linfa in storie più vecchie, per renderle godibili alle nuove generazioni, lo porta a cimentarsi con classici tra cui spiccano Don Chisciotte, Candido o Notre Dame de Paris. Lavora sulle favole di La Fontaine cercando di farne emergere il lato più maturo, resuscita i miti di Apuleio, fino a spingersi verso la fantascienza distopica con Riddley Walker.

Ormai totalmente affermato, Blake viene coinvolto in progetti accademici o museali, facendo della sua arte il tratto di unione tra realtà e fantasia con decorazioni di pareti, sale museali, ristrutturazioni cittadine. Tutto nel nome di un’arte sempre efficace perfino a scopi terapeutici. Viene coinvolto in progetti di assistenza a persone con disturbi, gli viene richiesto di decorare gli interni di alcuni reparti ospedalieri, per renderli più accoglienti e lenitivi.

Superati gli ottant’anni Blake continua a esplorare, cercando nuove linee di collegamento con una contemporaneità sempre più artificiale, in cui i libri continuano a fornirci un legame sinestetico tra realtà ed emozioni fatto di effetti di luci, profili umani, mezzi di trasporto e così via, sempre contraddistinti da quel voler andare un po’ oltre la dimensione del normale. Per far ridere, riflettere, confutare, come solo i grandi artisti sanno fare.

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