Sono trascorsi quindici anni dall’addio di Enzo Biagi, 6 novembre 2007, ad agosto aveva compiuto 87 anni; il 23 aprile, benché malato, era tornato in onda su Rai3 dopo cinque anni di esilio a causa dell’editto bulgaro: il presidente del Consiglio Berlusconi lo accusò di aver fatto, insieme a Daniele Luttazzi e Michele Santoro, “un uso criminoso della tv”.

L’ex Cavaliere aveva vinto una battaglia, Biagi la guerra, non di armi e bombe ma di rispetto della Costituzione, di Giustizia, di Libertà e anche di dovere verso il cittadino che ha il diritto di essere informato. Il 2022, l’anno che si sta avviando alla fine, ha segnato il ritorno di personaggi la cui militanza politica è stata in continuità con ideologie che Biagi aveva combattuto tra il ’44 e il ’45, diventando partigiano nella brigata Giustizia e Libertà: “I quattordici mesi più importanti della mia vita”, amava ricordare. Partigiano lo fu per sempre, anche come giornalista, diceva: “Bisogna avere un punto di vista altrimenti una storia non la si può raccontare”.

I primi segnali di Giorgia Meloni a capo del governo – il più destrorso della storia della Repubblica – votata da tanti italiani sono inequivocabilmente all’insegna di quel passato che qualcuno vorrebbe che venisse dimenticato: il decreto legge contro i rave party è in odore di anticostituzionalità; il liberi tutti regalato ai quei sanitari che avevano scelto di non vaccinarsi contro il Covid è uno spregio nei confronti dei colleghi che hanno dato la vita per salvare migliaia di pazienti; il blocco delle tre navi – per la gioia del vicepresidente Salvini – con circa mille disperati tra cui centinaia di bambini non accompagnati, contro la Legge del mare che impone l’obbligo di soccorso e assistenza e il dovere di sbarcare i profughi in un porto sicuro.

Sono trascorsi vent’anni dall’editto bulgaro, 18 aprile 2002. Anche qui la tendenza è quella di dimenticare nonostante abbia cambiato la storia dell’informazione, in particolare quella tv, dove l’omologazione è imperante: visto un tg visti tutti, grazie a direttori al servizio di chi in quel momento comanda. Non era mai accaduto che un direttore di tg della Rai diventasse il giorno dopo ministro.

Giorgia Meloni è la novità, prima volta di una donna a capo del governo, ma attorno a lei tutto è vecchio, sempre gli stessi che prima orbitavano attorno a Berlusconi. Alcuni esempi: Ignazio La Russa, nominato presidente del Senato, si fece notare l’8 settembre 2008, quando da ministro della Difesa, durante il ricordo della Resistenza, chiese, “per non fare un torto alla sua coscienza”, di onorare i martiri della Repubblica Sociale al pari sia dei partigiani caduti per Libertà dal nazifascismo che dei tanti soldati italiani che, per non aver seguito il Duce a Salò, furono deportati nei campi di concentramento tedeschi e lì persero la vita.

Al fianco di La Russa, in qualità di vicepresidente del Senato, siede l’immancabile Maurizio Gasparri, autore con altri, addirittura prima dell’editto bulgaro, di una specie di lista di proscrizione: Biagi, poi Luttazzi, Bocca, Fazio, Santoro e Paolo Rossi. Qualche mese dopo il premier Berlusconi lo premiò con il ministero delle Comunicazioni dove si distinse per dato vita alla legge di Riforma del Sistema Radiotelevisivo, la numero uno tra le leggi ad personam, la famosa Gasparri ancora in vigore. Adolfo Urso da viceministro delle Attività Produttive promosso a ministro delle Imprese e del Made in Italy; Alfredo Mantovano sottosegretario alla presidenza del Consiglio come lo era nel 2002; Guido Crosetto da sottosegretario promosso a ministro della Difesa.

Nonostante gli inutili tentativi di accompagnare Enzo Biagi all’oblio, a distanza di quindici anni, continuiamo a ricordare uno dei più grandi giornalisti italiani, sicuramente il più importante nella storia della tv. Sono le sue trasmissioni televisive, gli oltre 80 libri scritti – chi non ha studiato la storia attraverso i suoi fumetti – i suoi indimenticati articoli, non c’è un programma sul secolo scorso che non citi la tv di Biagi, le storiche interviste che lo hanno reso un fondamentale testimone del Novecento. Non c’è stato nessuno che negli anni abbia rinnovato il linguaggio della tv come lui, a cominciare dal suo Telegiornale del 1961, quando portò alla conduzione un giornalista al posto dell’annunciatore, collegamenti in diretta con i luoghi dove accadevano i fatti, due amici, due grandi giornalisti si unirono all’avventura facendo scandalo con i primi servizi: Indro Montanelli che parlò, per la prima volta, di Trockij e Stalin e Giorgio Bocca che realizzò un’inchiesta sui preti proprietari terrieri.

Biagi fu l’inventore del primo rotocalco televisivo Rt, era il 1962; nel 1965 con Dicono di lei per la prima volta propose ai telespettatori il primo faccia a faccia tv; quante trasmissioni di approfondimento giornalistico hanno preso spunto da Linea diretta del 1985, alcune stanno andando ancora in onda con successo; ultimo il Fatto di Enzo Biagi, la trasmissione per la quale fu accusato di essere un criminale, prima edizione 1995.

Di lui Ezio Raimondi, che sedette sulla cattedra di Letteratura Italiana che fu del premio Nobel Carducci, scrisse: “Anche Biagi, come tutti i grandi giornalisti, è stato a modo suo diviso tra lo spirito del nomade e quello del pellegrino, ma senza dimenticare le sue radici, tanto che alla fine sembra quasi che l’insieme naturale abbia trovato posto all’interno della Storia”.

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