La scalatrice iraniana Elnaz Rekabi, che aveva gareggiato in Corea del Sud senza indossare il velo, è stata messa agli arresti domiciliari. Citando una “fonte informata”, la Bbc Persian ha detto che Rekabi è stata messa sotto pressione per fare una “confessione forzata”, dopo il suo ritorno mercoledì dai Campionati asiatici di arrampicata sportiva a Seoul. Elnaz Rekabi, 33 anni, aveva affermato che il foulard le era caduto “inavvertitamente”. “Le autorità hanno minacciato di sequestrare i beni della sua famiglia se non avesse rilasciato la dichiarazione”, ha detto la fonte alla Bbc Persian.

Dopo che se ne erano perse le tracce per un paio di giorni al suo rientro in patria, l’atleta era stata accolta mercoledì scorso come un’eroina da una folla di sostenitori all’aeroporto di Teheran. La donna era arrivata all’aeroporto coprendosi i capelli con un cappellino da baseball nero e una felpa con cappuccio e si era scusata con il popolo iraniano. Il giorno successivo ha incontrato il ministro dello Sport con gli stessi abiti, il che ha fatto sorgere il sospetto che non fosse stata a casa in quel periodo. Il paese è scosso da manifestazioni e proteste divampate dopo la morte, lo scorso 13 settembre, della ventiduenne Mahsa Amini, deceduta mentre era in custodia della polizia morale iraniana perché non indossava correttamente l’hijab. Durissima la repressione del governo che sinora ha causato 244 vittime, per lo più giovani o giovanissimi.

Oggi centinaia di manifestanti sono scesi oggi per le strade di Zahedan, nel sud-est dell’Iran, la stessa città dove lo scorso 30 settembre le forze dell’ordine uccisero nella repressione delle manifestazioni almeno 93 persone, in quello che è stato definito il “Venerdì di sangue”. I manifestanti, per lo più giovani uomini, hanno urlato “Morte al dittatore”, riferendosi al leader supremo Ayatollah Ali Khamenei, stando ai video condivisi sui social media.

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