Made in Abyss: Binary Star Falling into Darkness, il nuovo action RPG di Spike Chunsoft, è disponibile dal 2 settembre su Playstation 4, Steam e Nintendo Switch.
Il manga Made in Abyss di Akihito Tsukushi, dal quale è tratto Binary Star Falling into Darkness, si contraddistingue non solo per la violenza esplicita, ma anche per le tematiche parecchio adulte trattate durante il viaggio verso il fondo dell’abisso. Delle atmosfere cupe e ansiogene amplificate dal fatto che le vicende narrate riguardano, il più delle volte, dei bambini (il gioco è infatti targato PEGI 18).

Il lavoro di Spike Chunsoft nel racchiudere queste atmosfere in un videogioco è stata una buona prova stilistica: l’abisso si respira d’avvero, così come l’ansia della maledizione della risalita e la difficoltà nel dover ponderare ogni piccola decisione da prendere mentre ci addentriamo nei vari livelli del mondo al di sotto di Orth. Pad alla mano, però qualcosa è andato storto, sia per quanto riguarda il gameplay, sia per quanto riguarda delle scelte che si faticano a capire fino in fondo.

Made in Abyss: Binary Star Falling into Darkness – Un grosso tutorial
Una volta entrati nel menù principale si verrà accolti da 2 modalità: Hello Abyss, una sorta di grande tutorial che ripercorre i primi episodi dell’anime fino alla partenza dall’osservatorio di Ozen e Deep in Abyss, una storia originale dove si potrà creare il proprio personaggio che dal basico fischietto rosso dovrà fare esperienza e scalare i ranghi degli esploratori abissali. Hello Abyss è uno dei grandi difetti del gioco: una modalità obbligatoria che potrebbe avere un minimo interesse solo per chi non ha mai effettivamente letto il manga o visto l’anime di Made in Abyss, ma che comunque copre ben poco dell’opera; un tutorial di quasi 4 ore corredato da nozioni che risulterebbero anche utili, se poi non venissero rispiegate nuovamente nella modalità principale.

Le animazioni messe in campo durante i video e i movimenti dei protagonisti poi non aiutano l’immedesimazione, per non parlare dell’intelligenza artificiale di Reg, il coprotagonista, che è sicuramente un valido aiuto nella maggior parte dei casi, ma il suo continuo buggarsi, portandolo a ripetere azioni e lanciarsi giù dai dirupi, diventa molto in fretta fonte di fastidio. Fatto sta che Reg rimane un supporto indispensabile, visto che potremo usarlo per scendere e risalire dai precipizi senza sprecare una preziosa – quanto pesante – corda, e ci aiuterà nei combattimenti, resi difficili da un combat system abbastanza legnoso, più che dalla difficoltà in sé. Dire che una corda è pesante può sembrare irrisorio, ma la gestione dell’inventario dal peso limitato del titolo può diventare più terrificante dell”abisso stesso.

Deep in Abyss
Chiuso il tutorial è possibile cominciare l’anima pulsante di Binary Star Falling into Darkness, Deep in Abyss. Creato il personaggio tramite un editor che avrebbe potuto avere qualche opzione in più e la spiegazione dei vari punti d’interesse di Orth, che spazierà dall’hub delle missioni secondarie, ai negozi di merci ed equipaggiamento, fino ad arrivare all’operatore che ci darà denaro ed esperienza in cambio delle reliquie che troveremo durante le spedizioni, si potrà cominciare a conoscere le vere meccaniche di gioco.

Qui, rispetto ad Hello Abyss, si avrà un inventario ben più ampio che comprenderà anche l’albero delle abilità e il quaderno con gli appunti, ma si partirà con decisamente meno abilità ed equipaggiamento rispetto al corredo che aveva Riko durante il tutorial.
Dimentichiamoci inoltre della durabilità infinita di piccone e spade: dovremo craftarne una nuova dopo ben pochi colpi in Deep in Abyss. Non ci sarà neanche più Reg, che sostanzialmente forniva una quantità illimitata di corde per scendere e salire dagli appositi punti di aggancio: si dovrà davvero creare tutto il necessario.

Anche in Deep in Abyss l’atmosfera che si respira rimanda direttamente all’anime, ma oltre ai già citati problemi di gameplay spiegati in precedenza, si dovrà fare i conti con altre scelte di design che lasciano più di una perplessità.
Partiamo da uno dei punti cardine di Made in Abyss: la maledizione della risalita.

Per chi non conoscesse l’opera di Tsukushi, una volta entrati nell’abisso è solo possibile continuare a scendere perché nel caso di risalita si viene colti da sintomi di malessere via via più gravi a seconda della profondità alla quale ci troviamo, fino ad arrivare alla morte nel caso del sesto strato. Gli sviluppatori non potevano certo esimersi dall’inserire questa meccanica fondamentale all’interno del titolo, ma la sua gestione (che ovviamente accompagnerà il giocatore per tutta l’avventura), è ai limiti del frustrante e fa da perno a quasi tutti gli altri problemi.

Il presupposto è che, dopo essere partiti per un’esplorazione, non ci saranno modi rapidi per ritornare in città e ci si dovrà quindi fare largo per i vari livelli dell’abisso con in testa l’idea che, alla fine della missione, l’unico modo per risalire sarà usare piedi e, eventualmente, le corde che il giocatore avrà sistemato durante la discesa, corde per altro non così facili da costruire, pesanti per l’inventario e che spariranno all’inizio dell’esplorazione successiva. Ogni qualche metro in salita, grazie a una cornice viola a schermo, si verrà avvisati dell’attivazione della maledizione costringendo il personaggio a fermarsi per tornare alla normalità e poter ricominciare a muoversi, e così via fino all’arrivo. Va da sé che tutto questo rende le risalite già lunghissime anche lente e frustranti. Ad aggiungersi a tutto questo, mentre durante la scalata, nel caso il personaggio sia ferito, sarà continuamente attaccato da quelle farfalle attirate dal sangue che ben conoscerà chi avesse visto almeno la prima stagione dell’anime.

La gestione degli oggetti trasportati in Deep in Abyss, grazie alle abilità sbloccabili, tra le quali l’importantissima espansione del peso dello zaino, è sicuramente migliore rispetto a quella del tutorial, ma c’è da dire che il crafting tra cibo, armi che si deteriorano davvero troppo in fretta e il cercare di capire cosa buttare e cosa tenere, fa quasi passare più tempo all’interno dell’inventario che nel gioco stesso.

Made in Abyss: Binary Star Falling into Darkness – In conclusione
Il titolo di Spike Chunsoft è una grande occasione sprecata, un ottimo edificio con salde fondamenta di world building e meccaniche, crepate da scelte di gameplay a volte davvero scellerate e una resa grafica e d’animazioni che sicuramente sarebbero potute essere molto più gradevoli. Così come sarebbero potute essere più gradevoli le quest spesso ripetitive, ma chiuse all’interno di una trama originale che si lascia seguire, pur non essendo sicuramente qualcosa d’imperidibile a tutti i costi.
Il consiglio è ovviamente quello di dargli una possibilità se già siete fan di Made in Abyss aldilà del gioco, ma il prezzo da tripla A lascia un’ulteriore perplessità al netto della qualità.

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