Mosca sospenderà le forniture di petrolio ai cosiddetti “paesi ostili” se essi imporranno “restrizioni” sul prezzo del petrolio russo. Lo annuncia il vice premier russo Alexander Novak, secondo quanto riferisce l’agenzia russa Tass. La dichiarazione del Cremlino viene rilasciata alla vigilia del vertice dei paesi del G7 in cui dovrebbe essere discussa questa possibilità, tessa ad allentare la pressione sui prezzi e a ridurre gli incassi di Mosca. La Russia ricava quasi un miliardo di euro dalla vendita dei suoi idrocarburi. Il piano consentirebbe agli acquirenti di petrolio russo che adottano il limite di prezzo di continuare a ricevere servizi essenziali come finanziamenti bancari e le assicurazioni dei carichi delle petroliere che provengono dalla Russia. L’Unione Europea, il Regno Unito e la Svizzera hanno in programma di vietare alle loro società di fornire tali servizi per le spedizioni russe a partire dal prossimo dicembre.

“Questo è il modo più efficace, crediamo, per colpire duramente le entrate di Putin” ha detto due giorni fa il segretario stampa della Casa Bianca Karine Jean-Pierre . Al momento non è chiaro quale sarebbe il limite di prezzo né quali paesi siano orientati ad aderire. Per ora solo il Regno Unito ha dichiarato che sosterrà il piano, con il Cancelliere dello Scacchiere (il ministro dell’economia britannico, ndr) Nadhim Zahawi che ha affermato che il tetto sarà “più efficace se supportato dalla più ampia coalizione possibile”. La Russia ha dirottato molti dei sui carico di greggio verso Cina, India e Turchia i cui acquisti hanno compensato il calo di quelli europei. Mosca sta già vendendo il suo greggio a sconto rispetto alle quotazioni attuali (intorno ai 90 dollari al barile). Il tetto al prezzo dovrebbe essere quindi piuttosto basso per incidere davvero sugli introiti russi. La Russia è tra i primi tre produttori di petrolio al mondo insieme a Stati Uniti ed Arabia Saudita. Dispone di giacimenti per 107 miliardi di barili, le quinte più grandi al mondo ed estrae circa 10 milioni di barili al giorno per l’80% destinati all’export. A differenza degli altri paesi del G7 gli Stati Uniti sono quasi autosufficienti. Sono esportatori netti ma le raffinerie del paese hanno una capacità limitata di processare il petrolio estratto dalle sabbie bituminose e devono quindi importarne altre qualità dall’estero.

Elettricità, tetto ai prezzi da rinnovabili – Intanto sull’altro fronte, quello del gas e del costo dell’elettricità, prende forma la proposta che sarà sottoposto dalla Commissione Ue ai ministri dell’energia europei. Al centro del documento provvisorio ci sarebbe l’idea di fissare un tetto al prezzo dell’energia elettrica prodotta da fonti diverse dal gas per ricavarne risorse con cui ammortizzare i costi delle bollette.

Rinunciare completamente al gas russo “non è una cosa che faremmo noi, non credo che sarebbe molto responsabile” ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz, Il cancelliere ha però aggiunto che la Germania è preparata nel caso sia invece Mosca a chiudere i rubinetti. “Anche se le cose si fanno molto strette, probabilmente riusciremo lo stesso a superare l’inverno”, ha detto. Una rinuncia attiva al gas russo sarebbe tuttavia al momento inutile.

Il colosso statale del gas russo Gazprom afferma che se anche i grandi Paesi europei dovessero riuscire a portare le proprie scorte di gas “vicine al massimo livello” consentito dagli stoccaggi questo “non garantisce di superare la stagione dell’autunno-inverno in modo affidabile”. La società ricordando che la Germania, tra l’1 di ottobre e il 31 di marzo dello scorso anno, ha consumato 57 miliardi di metri cubi di gas, pari a 9,5 miliardi al mese. I livelli attuali delle scorte, pari all’84% degli stoccaggi e a 18,3 miliardi di metri cubi, “sono attualmente comparabili al consumo medio di due mesi su sei” nella stagione invernale, avverte Gazprom. Che la Germania abbia un’autonomia di un paio di mesi in caso di stop totale dei flussi dalla Russia lo aveva affermato la stessa Berlino alcuni giorni fa.

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