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La Nato interviene sulle tensioni tra Kosovo e Serbia: “Se la situazione dovesse deteriorarsi siamo pronti a intervenire”

Lo ha dichiarato il segretario generale Jens Stoltenberg nel corso delle due conferenze stampa tenute con il presidente serbo, Aleksandar Vucic, e il primo ministro kosovaro, Albin Kurti. E proprio al premier di Pristina ha lanciato il suo avvertimento: "Siamo un attore neutrale, la nostra missione prevede, tra le varie cose, di far rispettare il movimento libero delle persone", ha detto riferendosi all'obbligo di montare sulle auto targhe kosovare anche per la minoranza serba che ha scatenato le proteste di Belgrado
La Nato interviene sulle tensioni tra Kosovo e Serbia: “Se la situazione dovesse deteriorarsi siamo pronti a intervenire”
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Non cala la tensione in Kosovo tra il governo e la minoranza serba del Paese. Tanto che anche la Nato, con il segretario generale, Jens Stoltenberg, è costretta a intervenire. Ma ad essere redarguito è soprattutto il primo ministro di Pristina, l’ultranazionalista Albin Kurti, che non ha intenzione di cedere sulla conversione delle targhe per i serbi residenti nel nord del Paese. “La nostra missione di pace in Kosovo è focalizzata sul mandato ricevuto dall’Onu: dovesse la situazione deteriorare siamo pronti a intervenire. Il dialogo è l’unica soluzione per la regione”, ha dichiarato Stoltenberg nel corso di una conferenza stampa congiunta.

“La nostra posizione – ha aggiunto – è chiaramente illustrata dal mandato dell’Onu e lo rispettiamo, siamo un attore neutrale, la nostra missione prevede, tra le varie cose, di far rispettare il movimento libero delle persone“. Il riferimento è chiaramente all’obbligo di montare sulle proprie auto targhe kosovare, anche per la minoranza serba, per poter circolare nel Paese. Punto sul quale Kurti non ha intenzione di cedere: “È una misura legale secondo la nostra costituzione”, ha affermato. E si è poi lanciato in un’invettiva contro Belgrado: “I cittadini del Kosovo sono legittimati a stare in allerta per le azioni distruttive della Serbia in linea con l’agenda della Russia per l’Europa. Da una parte c’è lo stato democratico del Kosovo, dall’altra strutture illegali serbe, con la presenza di gang criminali: non dobbiamo abbandonare le politiche basate sui valori e la tolleranza zero sul crimine organizzato”.

Stoltenberg, promettendo un intervento rapido nel caso in cui la situazione non si dovesse sbloccare, magari già dai colloqui in programma per il 18 agosto, ha ricordato che “in Kosovo abbiamo 4mila soldati e già la loro presenza ha un valore di stabilità. La missione Kfor è in contatto con le autorità a Belgrado e Pristina e questo serve ad evitare fraintendimenti: se necessario muoveremo le nostre forze dove serve aumentarle e agiremo se la situazione lo richiede in modo proporzionale. L’obiettivo principale è assicurare la sicurezza a tutte le comunità in Kosovo, anche ai serbi lì residenti”. Il segretario generale si è comunque detto “lieto che la situazione sul campo sia migliorata, ma dobbiamo evitare un’ulteriore escalation: esorto quindi tutte le parti ad agire con moderazione e ad evitare una retorica inutile. Le questioni in sospeso devono essere risolte attraverso il dialogo politico”.

Il presidente serbo Aleksandar Vucic, anche lui nel corso di una conferenza stampa congiunta con Stoltenberg, ha commentato la situazione: “La Serbia è pronta a rispettare tutti i trattati che ha firmato, vogliamo evitare ogni possibile escalation con la Nato: crediamo di non avere dato adito ad alcuna provocazione”, ha detto aggiungendo di non ritenere che esistano “rischi reali” di una “escalation” e accusando la leadership kosovara di “retorica politica”. “Da 180 giorni ci accusano di preparare azioni militari ma non è accaduto nulla. Abbiamo bisogno di un approccio razionale, di negoziati, di trovare compromessi. E noi siamo pronti”.

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