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“Pagate subito 150 mila euro o vi bruciamo i vigneti del Sassicaia”: i Marchesi di Bolgheri sotto ricatto per cinque mesi

Un vero e proprio incubo che si è protratto per circa cinque mesi fino al giorno della scoperta dell’identità misteriosa che si celava dietro le mail anonime: un uomo di 47 anni di Trieste, informatico

di Luca Guarneri

Potrebbe sembrare la classica scena di un film con protagonista un giovane hacker dall’altra parte del mondo chiuso nella sua stanza. E invece siamo in Italia e quello che vi stiamo per raccontare è tutto vero. I Marchesi Incisa della Rocchetta si sono visti recapitare quasi quotidianamente via mail richieste di estorsione con messaggi anonimi e minatori. Un esempio? “Bruceremo i vigneti, faremo saltare l’azienda, colpiremo tutti i vostri tesori”. E non è tutto. Spesso queste frasi forti venivano accompagnate da richieste di denaro che, di fatto, avrebbero evitato il peggio per loro. La più considerevole è arrivata a sfiorare i 150 mila euro. Le condizioni, neanche a dirlo, venivano dettate dall’hacker: pagamento in Bitcoin, moneta digitale non tracciabile che garantisce l’anonimato nella transazione.

Un vero e proprio incubo che si è protratto per circa cinque mesi fino al giorno della scoperta dell’identità misteriosa che si celava dietro le mail anonime: un uomo di 47 anni di Trieste, informatico. Secondo gli inquirenti l’hacker non avrebbe teso la sua trappola solo ai Marchesi della tenuta Bolgheri (Livorno) ma bensì a tanti altri ricchi produttori di vini italiani ed europei. Le indagini, coordinate dalla procura di Livorno condotte dai carabinieri del comando operativo diretto dal tenente colonnello Armando Ago, hanno visto la luce nel mese di marzo. Si è partiti subito a controllare l’architettura di rete dell’azienda per poi raggiungere canali internazionali grazie al supporto e alla sinergia di Interpol e Europol. La modalità era sempre la stessa. Spiegano i carabinieri: “Utilizzava diversi account di posta elettronica anonimi, creati da provider con server attestati all’estero, proprio per inibirne l’individuazione e la localizzazione”.

Il quarantasettenne triestino ora dovrà fare i conti non solo con la giustizia italiana, essendo indagato anche da altre polizie europee e sospettato di minacce a fini di estorsione nei confronti di altre aziende di produzione di generi alimentari in Europa e nel mondo. È proprio il caso di dirlo: meglio farci una bevuta sopra per non pensarci.

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