“Non commento la sentenza finché non leggerò le motivazioni ma il dato che emerge oggettivo è che a 21 anni dai fatti non c’è ancora giustizia per Serena. Una sconfitta anche per lo stato italiano che ha nella giustizia una delle sue funzioni cardine”. Lo afferma l’avvocato Dario De Santis, legale di Guglielmo Mollicone, padre di Serena è deceduto nel 2020, il giorno dopo la sentenza con cui i giudici dell’assise di Cassino hanno assolto i cinque imputati coinvolti nell’indagine per l’omicidio della giovane di Arce avvenuto nel 2001. “La morte di Guglielmo – prosegue il penalista – gli ha risparmiato questa altra delusione ma non ci rassegneremo finché non ci sarà giustizia. Resta il turbamento perché a tanti anni dai tragici fatti lo Stato non è stato capace di fare giustizia”.

Marco Mottola, suo padre Franco, ex comandante della caserma di Arce, e la madre Anna Maria sono ritenuti non colpevoli dell’omicidio della ragazza, trovata morta il 3 giugno 2001 in un boschetto: lo ha stabilito la Corte d’Assise di Cassino, che li ha assolti. La Procura aveva chiesto, invece, una condanna a 24 anni per Marco Mottola, 30 per il padre Franco, e 21 anni per la madre Anna Maria.

“Non mi aspettavo una sentenza di salvezza per tutti e cinque. Adesso come familiari attendiamo le motivazioni e poi penseremo a come organizzare un’azione successiva. Non ci arrendiamo, Serena non deve essere dimenticata e merita giustizia”. Così all’Adnkronos Consuelo Mollicone, sorella della vittima. “Sono andata via subito dopo la sentenza con i miei familiari – racconta – ho preferito lasciare il Tribunale perché l’amarezza in quel momento è stata tanta”. “Erano state fatte delle indagini scientifiche anche se nella ricostruzione c’era qualche lacuna dovuta al fatto che molte persone sono state reticenti a confermare le proprie dichiarazioni rilasciate all’epoca”, conclude.

Si conosceranno in autunno, intorno al 15 ottobre, le motivazioni con cui mi giudici della Corte d’Assise di Cassino hanno assolto i cinque imputati. Nel dispositivo letto il 15 luglio, dopo oltre 9 ore di camera di consiglio, i giudici hanno fatto cadere le accuse con la formula “per non avere commesso il fatto”. Questo vale per Marco Mottola, il padre Franco, e per la moglie Anna Maria. I tre erano accusati di concorso in omicidio e i due genitori anche di occultamento di cadavere. Gli altri due imputati, Vincenzo Quatrale, all’epoca vice maresciallo e accusato di concorso esterno in omicidio, e l’appuntato dei carabinieri Francesco Suprano a cui era contestato il favoreggiamento, sono stati assolti con la formula “perché il fatto non sussiste”.

Sul caso è intervenuta anche Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, morto nel 2009 dopo essere stato pestato in una caserma: “A coloro che stanno cercando la verità sull’assassinio di Serena dico con tutto il cuore: non mollate mai e non smettete mai di credere nella Giustizia anche se il prezzo che state pagando sarà altissimo, ma già lo sapete. Non so se augurarvi di fare la mia vita ma non si può dimenticare ciò che è stato fatto alla vostra bellissima ragazza. Siamo tutti condannati. Tutti noi. È un altro nome che evoca giustizia. Anzi ingiustizia“. E ha proseguito: “Quel che sappiamo è che che coloro che l’hanno uccisa non hanno ancora una identità scritta su una sentenza di condanna. Mi dicono che sono in molti a scrivere sul web il mio nome dicendo che ‘ci vorrebbe Ilaria Cucchi’. Li ringrazio, ma io sono stata soltanto e sono e sarò sempre la sorella di Stefano. È vero, non mi sono mai arresa. 13 anni di processi, oltre 150 udienze e 16 gradi di giudizio e non è ancora finita. Di fatto io e la mia famiglia siamo condannati ad un vero e proprio ergastolo giudiziario anche se gli assassini di Stefano oggi sono ben noti e stanno in carcere. Non ho alcuna autorità per parlare di altri processi. Posso solo dire che da sola non avrei potuto fare nulla. Senza Fabio (Anselmo, avvocato della famiglia, ndr) e poi tanti altri non sarei andata da nessuna parte”.

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