di Mariagrazia Midulla*

E ci risiamo. Vi ricordate il CIP6? Probabilmente i più giovani no. Era un provvedimento assunto dal Comitato Interministeriale Prezzi nel 1992, con cui si stabilirono prezzi incentivati per l’energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e “assimilate”. Assimilate… con questo trucchetto, gli impianti fossili e simili (gas, residui della raffinazione del petrolio, rifiuti) hanno ricevuto aiuti di Stato per decenni.

Forse il delitto perfetto, cioè quello di permettere a delle fonti e tecnologie con evidenti e forti problemi ambientali – il gas è un combustibile fossile, il nucleare ha enormi problemi di sicurezza e di gestione delle scorie radioattive tuttora non risolti – di attingere ai finanziamenti o ai fondi per le rinnovabili è stato pensato proprio dagli orfani del CIP6: fatto sta che la Commissione Europea, con una decisione arrivata nella notte di Capodanno (!), ha proposto di classificare il gas e l’energia nucleare come investimenti “sostenibili” nel cosiddetto “Atto delegato complementare” alla Tassonomia. Questo potrebbe dirottare miliardi di euro dalle energie rinnovabili e da altre tecnologie verdi verso i combustibili fossili inquinanti e la costosa energia nucleare, rendendo più difficile il raggiungimento degli obiettivi ambientali dell’Ue. E dire che, secondo la stessa Commissione, l’Unione Europea nei prossimi dieci anni deve investire 350 miliardi di euro aggiuntivi ogni anno per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030. E la Tassonomia (classificazione) dell’Ue è stata concepita come uno strumento chiave per guidare i mercati privati verso questo obiettivo, vale a dire verso gli investimenti davvero sostenibili.

Con la guerra in Ucraina e la crisi dei prezzi dell’energia che ha accentuato, oltretutto, il gas è diventato una fonte di insicurezza energetica e di rischio geopolitico in Europa. Ancora meno scuse per puntare verso i nuovi impianti a gas.

Inizia il 14 giugno l’iter della proposta della Commissione in Parlamento Europeo, chiamato a votare sulle mozioni di rigetto del provvedimento prime nelle Commissioni Economia e Ambiente, poi in plenaria, a luglio. Gli eurodeputati possono quindi respingere l’inclusione di gas e nucleare nella tassonomia, e questo non impedirà a chiunque di sostenere gas e nucleare con finanziamenti pubblici e privati. Eliminando gas e nucleare dalla classificazione degli investimenti ambientalmente sostenibili, però, si eviterà che gli investitori privati e i cittadini siano ingannati. Eh sì, perché in questo tentativo di delitto perfetto, sono i privati che rischiano di trovarsi con i soldi investiti in tecnologie a rischio – basta vedere i conti del nucleare, anche laddove si avvicina il fine vita delle centrali e quindi il decomissioning, nonché il rischio stranded asset (impossibilità di recuperare l’investimento) per gli investimenti sul gas incompatibili con la decarbonizzazione. Non a caso, moltissimi grandi investitori istituzionali, istituzioni finanziarie ed esperti hanno espresso contrarietà rispetto all’inserimento di gas e nucleare nel cosiddetto Atto delegato.

L’appello che il Wwf e moltissime organizzazioni della società civile italiana rivolgono agli europarlamentari rileva anche che i criteri finali dell’Atto Delegato Complementare sono stati scritti a porte chiuse: anche solo per motivi istituzionali, il Parlamento ha tutte le ragioni per respingere l’Atto Delegato Complementare. Ma il motivo di fondo, ineludibile, è quello di evitare un pasticcio che rischiamo di pagare caro nei prossimi decenni. L’Unione Europea ha sempre detto di voler “guidare con l’esempio” nella lotta alla crisi climatica: se l’esempio fosse quello di cambiare le carte in tavola e chiamare “verdi” tecnologie che non lo sono, laddove la tassonomia di altri Paesi è oggi più rigorosa, l’autorevolezza non solo della Ue, ma dei singoli Paesi che la compongono, diventerebbe ben poca cosa. Potete evitarlo, vi preghiamo di farlo.

* Responsabile clima ed energia Wwf Italia

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