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StraBerry, a processo il fondatore Guglielmo Stagno d’Alcontres: è accusato di aver sfruttato 73 braccianti nella coltivazione di frutti rossi

La decisione è stata presa dal giudice per l'udienza preliminari di Milano, Fabrizio Filice, che ha rinviato a giudizio anche altri due imputati, tra ex amministratori della società. Ha patteggiato una sanzione pecuniaria di poco più di 70mila euro, invece, la Società agricola Cascina Pirola srl, e 1 anno e mezzo l’ex addetto alla sorveglianza dei braccianti
StraBerry, a processo il fondatore Guglielmo Stagno d’Alcontres: è accusato di aver sfruttato 73 braccianti nella coltivazione di frutti rossi
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Sarà processato Guglielmo Stagno d’Alcontres, il fondatore di StraBerry, azienda ‘start up’ con serre fotovoltaiche sui terreni di Cascina Pirola a Cassina Dè Pecchi, nel Milanese. L’accusa è di aver sfruttato 73 braccianti impiegati nella coltivazione di fragole, mirtilli, lamponi e more poi venduti su degli Apecar. La decisione è stata presa dal giudice per l’udienza preliminari di Milano, Fabrizio Filice, che ha rinviato a giudizio anche altri due imputati, tra ex amministratori della società.

Ha patteggiato una sanzione pecuniaria di poco più di 70mila euro, invece, la Società agricola Cascina Pirola srl, finita sotto inchiesta in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. E ha patteggiato 1 anno e mezzo, pena sospesa e non menzione, l’ex addetto alla sorveglianza dei braccianti. Nel procedimento per caporalato, scaturito dall’inchiesta della Guardia di finanza coordinata dal pm Grazia Colacicco, sono parti civili 34 lavoratori e Coldiretti.

L’azienda era stata sequestrata ad agosto del 2020. Secondo l’accusa, l’imprenditore di origini messinesi – insieme agli altri imputati – ha minacciato e sottoposto i lavoratori, tutti stranieri, a “condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno” dal 2018. I magistrati ritengono che i braccianti venissero pagati 4 euro all’ora per lavorare nei campi, senza servizi igienici a disposizione, e che fossero sottoposti a “metodi di sorveglianza” e insulti se parlavano, ricaricavano il telefono o bevevano acqua.

L’imprenditore, rampollo di una nobile famiglia siciliana, come si legge sempre nell’imputazione, si faceva chiamare “capo grande o capo grosso”. Intercettato diceva: “Con loro devi lavorare in maniera tribale”. E stabiliva, scrive il pm, come punirli “a seconda degli errori commessi”. I braccianti costretti a raccogliere almeno una trentina di cassette di fragole al giorno.

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