“Vendi i calciatori o caccia i soldi”: l’aut aut della Federcalcio adesso è realtà. La Figc ha introdotto l’indice di liquidità come parametro obbligatorio per l’iscrizione al campionato di Serie A. Già dalla prossima stagione. Significa che diverse squadre fra poche settimane si ritroveranno spalle al muro. Almeno 6-7 a quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, fra queste in particolare le genovesi (sempre che riescano a salvarsi) e la Lazio di Claudio Lotito. Infatti la Lega Serie A è sul piede di guerra e minaccia azioni legali.

L’indice di liquidità è un parametro molto tecnico che si calcola con il rapporto fra attività e passività correnti: serve a dimostrare la capacità di un club di rispettare gli impegni a breve. Non è una novità assoluta per il calcio italiano: esiste da anni, anche se fino ad oggi la sanzione per chi non lo rispettava era lo stop al calciomercato. Ed è la ragione per cui sei società a gennaio si sono ritrovate con la campagna trasferimenti bloccata, come svelato dal Fatto. Ora la FederCalcio ha voluto trasformarlo in un requisito iscrittivo al torneo.

Fino all’ultimo la Serie A ha provato a resistere, chiedendo di rimandare il discorso di un anno, o, se proprio doveva essere fatto subito, di abbassare l’indice allo 0,4 con rivalutazione totale del parco giocatori (clausola che di fatto avrebbe neutralizzato l’impatto). Il presidente Gravina ha chiuso a quota 0,5. Comunque generoso, se pensiamo che un indice pari a 1 significa che l’azienda ha in cassa disponibilità uguali all’ammontare del debito, così invece solo la metà di quanto dovrebbe. Ma il calcio è un universo a parte, tante società soffriranno. Unica concessione, la possibilità di ammettere nel calcolo i “preaccordi” di cessione: considerato che il mercato apre il primo luglio e l’indice viene misurato al 30 giugno, le società potranno comunque far valere i trasferimenti già concordati.

Il principio è sacrosanto: per il calcio italiano è arrivato il momento della sostenibilità. È vero che l’indice di liquidità è solo uno dei tanti parametri disponibili e non è certo quello che rispecchia meglio lo stato di salute di un club (ci sono squadre indebitate per centinaia di milioni che lo rispettano e società sane che invece hanno problemi), ma in fondo non è questo l’obiettivo della Figc: il punto è assicurarsi che una squadra che si iscrive al torneo abbia le risorse per finire la stagione. In linea di massima chi rispetta l’indice di liquidità dovrebbe riuscirci. Alla FederCalcio, semmai, si può imputare la tempistica, davvero troppo ravvicinata, e una gestione abbastanza schizofrenica della materia: fino a pochi mesi fa la Federazione concedeva deroghe su deroghe per non pagare le scadenze con la scusa del Covid, ora usa il pugno di ferro sull’indice di liquidità (e la crisi non è certamente svanita). Resta il retropensiero che si tratti anche di un regolamento di conti con la Serie A e il “nemico” Lotito (non a caso, uno dei più in difficoltà con la nuova norma). Ma tant’è. Il dado è tratto.

È evidente che qui non parliamo di squadre davvero a rischio iscrizione. Impensabile che la Lazio (tanto per fare un esempio) non partecipi al prossimo campionato, quanto alle altre bisognerà vedere innanzitutto chi resterà in Serie A e poi fare tutta una serie di complicate simulazioni per conoscere l’importo preciso. Al massimo i club coinvolti dovranno ripianare con degli aumenti di capitale o cedere qualche pezzo pregiato (con l’obbligo di farlo, che è sempre la maniera peggiore per vendere). Non è questione da poco.

Infatti la Lega Calcio è in agitazione. È stato chiesto un parere alla Covisoc (che però non è un organo consultivo), il ricorso al Collegio di Garanzia e poi eventualmente al Tar è quasi scontato. Ma non finisce qui. In una lettera firmata dal presidente Lorenzo Casini, la Serie A arriva addirittura a ipotizzare che l’approvazione dell’indice di liquidità possa “esporre il presidente e il consiglio federale a probabili azioni, anche di responsabilità civile”. E i patron minacciano anche di bloccare i contributi alla Serie B e Serie C (non i soldi della mutualità fissati dalla Legge Melandri che non si possono toccare, ma quelli dei premi di valorizzazione ai club), cosa che farebbe implodere il sistema. Insomma, la pace istituzionale per il bene del calcio italiano è già finita.

Twitter: @lVendemiale

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