“La guerra per il Donbass vi ricorderà purtroppo la seconda guerra mondiale: migliaia di tank, aerei, artiglierie. Sono stato molto chiaro: per vincere una guerra ci vogliono armi”. Così il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba in conferenza stampa alla Nato richiama l’attenzione sugli ultimi sviluppi della guerra che vede i russi ritrarsi da Kiev e dal quadrante occidentale del Paese per riconcentrare le proprie forze nell’area del Donbass. In particolare su Mariupol, la “città martire” che da sette settimane respinge l’assedio e sarà l’epicentro militare, politico e simbolico della cosiddetta fase “B”, il piano offensivo di ripiego dopo il fallimento dell’aggressione lampo iniziata il 24 febbraio su più fronti. Per il sindaco Vadim Boychenko in un mese la città ha versato un tributo di sangue pari a 5mila uomini, ignoto il numero dei soldati russi uccisi nel tentativo d’assedio. Da giorni fonti ucraine riferiscono di crematori su ruote per bruciare i corpi. Di sicuro Mariupol è stata bombardata in ogni modo: rasi al suolo ospedali, scuole, condomini civili, il teatro cittadino e molto altro. La distruzione sarebbe pari al 90% del territorio urbano, il 40% “non sarà più ricostruibile”, dice il sindaco.

E tuttavia “prendere” davvero Mariupol, con un’offensiva più intensa e finale, non sarà affatto una passeggiata per gli aggressori. Molti analisti la danno per spacciata, il responsabile geopolitica di Difesaonline David Rossi no. È convinto del contrario, che Mariupol potrebbe diventare la tomba dei soldati russi. L’esperto ha monitorato i movimenti delle truppe a terra e analizzato le mappe dell’area, arrivando alla conclusione del ministro Kuleba: la battaglia che si annuncia sarà molto simile alle quelle urbane che hanno segnato resistenza e caduta delle grandi metropoli della Seconda guerra mondiale. Si combatterà casa per casa, metro per metro. E anche stavolta, secondo Rossi, la speranza in una capitolazione veloce potrebbe scontrarsi con una resistenza difficile da piegare. Proprio Mariupol, anzi, potrebbe diventare l’ecatombe dei soldati russi.

Non è tanto questione di forze, spiega l’esperto. Vero è che, al netto di uccisi e feriti, ad attenderli restano reparti organizzati, addestrati e armati (e anche motivati dalle immagini di morte che vedono di persona e rimbalzano a noi in rete e nelle tv. Quali esattamente? “A Mariupol ci sono ancora importanti pezzi della difesa ucraina, come la decima brigata d’assalto delle forze di terra, la 36esima di marina con ben tre battaglioni, poi la guardia nazionale con la 12esima brigata e il famoso battaglione Azov, che da solo occupa circa 1/5 delle difese della città. Poi le forze territoriali che sono civili addestrati e inquadrati sotto il controllo delle Forze armate. Ma il vero punto di forza è il teatro stesso di questa battaglia”.

Se Mariupol resiste lo deve infatti alle caratteristiche della città che ne fanno un fortino inespugnabile. “E’ una città sorta a ridosso di uno dei più grandi complessi siderurgici del mondo, l’Azostal, dove da quasi un mese i vertici militari russi gettano quotidianamente centinaia di uomini e mezzi, ricavandone perdite consistenti”. Quando Zelensky ha citato Genova ai nostri politici non lo ha fatto a caso. “Anche Mariupol in effetti sorge su un piccolo golfo, ma a differenza di Genova ha questo colosso industriale in mezzo, un rettangolo che si estende per 50 km quadrati in posizione sud-ovest e nord est. Un terzo del Lago di Como per capirci, tre volte il comune di Ladispoli”. Quella è la “fortezza” di Mariupol.

Il fatto che sia stata bombardata per settimane ne facilita la difesa perché, come nelle tragiche guerre urbane stile Leningrado, ogni anfratto, ogni edificio, ogni catasta di rovine o struttura in ferro e cemento diventa un punto di fuoco formidabile per chi la difende, un incubo per chi la attacca facendosi incontro allo scoperto. “Neppure i bulldozer blindati, come quelli israeliani usati con successo da Sharon nel 2002, potrebbero nulla: di fronte non si trovano sassi e fucili ma divisioni armate di sistemi anticarro e addestrate a difendersi da otto anni. Ancora oggi, per dire, hanno a disposizione carri anfibi “bucefalo”, adatti alla risposta rapida via mare e via terra. La presa dal mare, del resto, non è più agevole per i russi: eventuali sbarchi sarebbero visibili in ogni punto del golfo ed esposti al fuoco dei difensori”.

Il diramarsi della rete ferroviaria sul lato nord crea uno spazio in cui i difensori possono colpire gli attaccanti senza quasi poter ricevere risposte efficaci. In definitiva la capacità di resistere di Mariupol, secondo l’esperto, potrebbe segnare una sconfitta decisiva per le forze di Putin non solo dal punto di vista militare ma anche politico e simbolico. “Mariupol sta a cinque chilometri dal Donbass, vale a dire uno dei territori pretesi da Putin il cui controllo doveva giustificare l’invasione dell’Ucraina”. Senza questa città, in sostanza, salta anche il cosiddetto “piano B”, ridimensionato al controllo della regione russofona dell’Ucraina che, dopo il ripiegamento, viene indicata come vero obiettivo dell’intera “operazione militare speciale”. Un altro insuccesso che sarebbe difficile nascondere. Ma anche da spiegare al popolo russo.

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