Dopo l’allarme dei costruttori e delle associazioni di categoria sui rischi di un abbandono troppo repentino dei motori termici, specie se elettrificati, ora sembra essere la medesima Unione Europea a rivedere i suoi piani. Perlomeno è quanto si deduce dalle ultime dichiarazioni di Thierry Breton, commissario al Mercato interno: “Io non incoraggio i costruttori ad accelerare, perché altrimenti rischiamo di pagare un prezzo più caro per la transizione. Voglio inoltre assicurarmi che questo non impedirà alle imprese di vendere le auto con motore a combustione fuori dall’Europa dopo il 2035. Penso al mercato americano, africano o asiatico. Anzi, io li incoraggio a farlo. Ovviamente con norme per renderle meno inquinanti”.

Concetti espressi in un’intervista rilasciata a La Stampa nell’ambito di un incontro a Torino con i vertici di Stellantis: “Parlerò con loro per cercare di capire come intendono affrontare la transizione, senza brutalità. Porterò loro un messaggio: c’è tempo per adeguarsi”. L’intento ultimo sembra quello di favorire una transizione della mobilità che sia sostenibile anche da un punto di vista economico oltreché ambientale. E in cui sia la neutralità tecnologica a fare da punto cardinale.

Da qui scaturisce pure quella che sembra la volontà di istituire dei criteri di omologazione Euro 7 che non costituiscano una spada di Damocle per i propulsori bielle e pistoni: “Stiamo lavorando per finalizzare una proposta valida e tecnicamente fattibile, prevista entro luglio di quest’anno. Ridurremo i limiti di emissione in linea con gli ultimi sviluppi tecnologici. Inquadreremo meglio le condizioni reali delle emissioni di guida e faremo pieno uso delle tecnologie digitali. E, ultimo ma non meno importante, presteremo particolare attenzione alla durabilità delle nostre esigenze. Perché vogliamo assicurarci che anche dopo 10 o 15 anni, i nostri standard di inquinamento rimangano ambiziosi come il primo giorno. Tutto questo per garantire che la nostra transizione verde e digitale non sia una transizione di pochi, ma di molti; non solo di grandi gruppi, ma di intere filiere. L’Unione europea ha tutta l’ambizione e tutta l’innovatività necessarie per costruire la sua resilienza a lungo termine”.

Ma non è solo questione di ambiente: “Sarebbe un errore strategico non continuare a fare affidamento sulle competenze industriali dell’Europa per rifornire tali mercati nella loro transizione verso la mobilità a emissioni zero”. In altri termini, significa che i tempi di elettrificazione del parco auto mondiale saranno eterogenei e, quindi, l’Europa continuerà a vendere veicoli a combustione ai Paesi che più tardivamente assorbiranno le auto elettriche. Il che, però, sembra far assumere al problema ambientale un’impropria connotazione regionale. “Dobbiamo accompagnare nella sua transizione l’intero ecosistema perché con il passaggio del valore aggiunto dai motori alle batterie e ai chip, gli impatti distributivi sull’intero ecosistema saranno enormi”, ha spiegato Breton: “Il passaggio alle auto elettriche potrebbe significare centinaia di migliaia di posti di lavoro distrutti lungo la filiera: per l’Ue, circa 600 mila”.

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