Dopo averlo bloccato alcune settimane fa, gli Usa potrebbero presto fare retromarcia sul gasdotto Eastmed e dire sì alla lunghissima pipeline da Israele a Melendugno: l’infrastruttura da 1.300 chilometri oggi servirebbe come l’aria al versante euromediterraneo per diversificare l’approvvigionamento energetico europeo e limitare la dipendenza dalla Russia, solo in parte compensata dal Tap.

È stato il sottosegretario americano agli Affari Esteri del Dipartimento per l’Energia, Andrew Light, ad ammettere che forse con troppa fretta Washington aveva retrocesso il gasdotto a infrastruttura non prioritaria dicendo pubblicamente che “dopo gli ultimi sviluppi, vedremo tutto con un aspetto nuovo”. Un mese fa c’era stato un vigoroso ‘no’ da parte della Casa Bianca perché gli Usa esportano molto gas naturale liquefatto (gnl) proprio in Grecia, nell’isola-deposito di Revithoussa, e a breve anche nel nuovissimo deposito di Alexandroupolis. Addirittura il Dipartimento di Stato, in un paper ufficiale, aveva sostenuto di preferire le interconnessioni elettriche in grado di sostenere sia il gas che le fonti di energia rinnovabile, alimentando la vulgata circa scelte poco lungimiranti in tema energetico da parte dell’amministrazione Biden.

Ma dopo le vicende belliche che stanno impattando sull’approvvigionamento dei Paesi interessati come Israele, Cipro, Grecia, Italia, risulta chiaro a tutti che non potrà essere solo con più gnl americano che si risolverà la partita del fabbisogno europeo. Mentre è più funzionale avallare per il Mediterraneo orientale un nuovo gasdotto dopo il Tap.

Le firme sul progetto del gasdotto risalgono al 2016, quando i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo avevano intuito che i volumi del Tap sarebbero serviti solo in parte a rendere il Vecchio Continente più autonomo rispetto alle forniture russe. Sino al 2021 ci sono stati alcuni progressi, come gli studi tecnici realizzati dal costruttore Poseidon (con una partecipazione alla pari al 50% della greca DEPA, a sua volta partecipata da Snam, e dell’italiana Edison) o come la creazione del Forum Emgf, una sorta di Opec del gas a cui prendono diplomaticamente parte tutti i Paesi interessati, ovvero Italia, Egitto, Giordania, Israele, Cipro, Grecia e Autorità Nazionale Palestinese. Assenti Libano e Turchia per le note tensioni rispettivamente con Israele, Grecia e Cipro. Ultimo membro ad aggiungersi è stato la Francia, mentre tra gli osservatori figurano Usa, Unione europea e Banca Mondiale.

Il progetto, del valore di 6 miliardi di euro, era stato inizialmente avversato dalla Turchia che lo considerava un atto ostile dal momento che persiste la diatriba con Cipro e Grecia per lo sfruttamento della zona economica esclusiva nelle acque rivendicate da Ankara. Ma è di tutta evidenza che, dinanzi a una ricalibratura mondiale delle alleanze e delle forniture, anche Recep Tayyip Erdoğan sarà indirizzato a una posizione meno intransigente nei confronti degli altri partner, sia interni che esterni alla Nato.

Nelle intenzioni dei promotori, il gasdotto Eastmed oltre a sfruttare i giacimenti copiosi presenti al largo di Israele ed Egitto, avrebbe dovuto coagulare una nuova pax mediterranea sul gas, assicurando al contempo forniture e sicurezza all’intera macro regione. Sul punto si registra la lettera che la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno del Pd, ha inviato al governo Draghi assieme ad altri esponenti dei dem per chiedere a Chigi di riconsiderare il gasdotto in questione.

Twitter: @FDepalo

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