Ha fatto una cosa bestiale Simone Guerra, attaccante della Feralpisalò, squadra della Serie C italiana (Girone A), e per questo gli dedichiamo una “monotematica” di Domeniche Bestiali: l’ha meritata. Già, perché in un mondo di autocelebrazioni l’attaccante piacentino ha fatto l’esatto contrario: negando se stesso per un nobile obiettivo. Di che parliamo? Nel match contro la Triestina, importantissimo in chiave playoff (la Feralpisalò è terza, la Triestina quinta) Simone ha deciso di scendere in campo personalizzando la sua maglietta. La sua numero 17, con cui è diventato recordman di reti per la squadra bresciana ha subito un restyling: il cognome, in bianco, è stato spostato più a destra, per far spazio a un “No” dorato a precederlo. E così “Simone Guerra 17” è diventato “Simone No Guerra 17”: una presa di posizione netta per quanto sta accadendo in Ucraina.

Iniziativa apprezzata dai compagni, dai tifosi, dalla società che aggiornando i social scriveva fiera “Ha segnato Simone NO Guerra” e anche dagli avversari. Un po’ meno apprezzata dagli avversari la doppietta che Simone ha rifilato alla Triestina nella partita che poi è finita 3 a 0. Un bel gesto, dunque, sicuramente il più bello nella storia delle magliette “personalizzate”. Perlopiù infatti le stravaganze sulle magliette di calcio sono state da collocare in un ambito prettamente ludico, dove era possibile il gioco tra cognome e numero di maglia. E’ l’esempio di Gatti: sia l’ex centrocampista di Napoli e Perugia Fabio che il difensore del Frosinone Federico hanno scelto la maglietta numero 44, chiaro riferimento alla canzone per bambini.

E poi Nani: col suo numero 7 a evocare invece la favola di Biancaneve. E Stefano Sensi, che il numero 5 l’ha avuto sulle spalle a Cesena e poi l’ha ritrovato alla Samp, 5 come i sensi appunto. Numero 5 anche per l’ex difensore inglese Yado Mambo: naturalmente per la canzone Mambo Number 5 di Lou Bega. Oppure il portiere Marco Fortin, che sceglieva la numero 14 in virtù dell’assonanza tra il cognome e la pronuncia inglese del numero 14, “fourteen” appunto. Ma ci sono anche altri che hanno scelto un numero di maglia per cause “nobili”, come Simone (No) Guerra: il centrocampista della Sampdoria Morten Thorsby, ad esempio, molto vicino ai temi ambientali, ha scelto di passare dal numero 18 al numero 2. Il motivo? L’esigenza di limitare il riscaldamento globale al di sotto di due gradi.

E poi Momo Salah: oggi gioca stabilmente con l’11, ma al suo arrivo in Italia scelse il numero 74 con la Fiorentina per ricordare le vittime, settantaquattro appunto, di una tragica notte di scontri tra ultras durante la gara tra Al Masry e Al Ahly a Port Said, in Egitto. Ma anche prima dell’avvento delle magliette personalizzate qualche stranezza si registrava: il portiere dell’Olanda di Cruyff, Jan Jongbloed, sfoggiava un inedito (per un portiere) numero 8 ai mondiali, ma il motivo era la tendenza dell’epoca di assegnare le maglie in ordine alfabetico (Maradona nel 1982 avrebbe giocato col 12 se l’ex centrocampista di Torino e Ascoli Patricio Hernandez non avesse accettato di scambiare la 10 con lui). Per lo stesso motivo il bravissimo Ardiles giocava col numero 1 nell’Albiceleste nonostante fosse un centrocampista. E poi Zamorano col suo 1+8 dopo aver ceduto la 9 a Ronaldo il Fenomeno, Lupatelli portiere con il numero 10, Kallon attaccante col numero 3. Ma di certo la 17 della Feralpisalò del 14 marzo 2022 diventerà un oggetto cult: un cimelio di NO Guerra.

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