Un rincaro del 17,2% per la benzina e del 25% per il gasolio (al self) nelle due settimane successive all’invasione russa dell’Ucraina, iniziata il 23 febbraio. A fronte di aumenti che per il greggio di riferimento, il Brent, si sono fermati a +12% al barile. Sta in questi numeri il cortocircuito sul prezzo dei carburanti che il ministro Roberto Cingolani ha definito “una colossale truffa“. L’Unione energie per la mobilità, nuova veste dell’ex Unione petrolifera che riunisce i distributori, da Bp a Tamoil passando per Eni, Exxon e Q8, giura che “la filiera della raffinazione e distribuzione sta vivendo una forte crisi finanziaria” ma “sta facendo tutto il possibile per contenere” i rialzi. I numeri messi in fila dalla Federazione dei gestori degli impianti stradali, che ogni settimana rileva i prezzi sulla rete a marchio, le pompe bianche e il circuito extrarete (quello che alimenta veicoli industriali e autotrazione), mostrano prezzi letteralmente “impazziti” a fronte dei quali la Figisc si chiede “se le compagnie a filiere integrate comprino il prodotto alla quotazione Platt’s che in questi giorni si è registrata sul mercato e quanto pesino le manovre di finanza speculativa“.

Dalle tabelle di Figisc e dell’associazione dei gestori autostradali Anisa con l’andamento delle quotazioni dal 23 febbraio all’11 marzo emerge che mentre il barile, partito da 87 euro, ha raggiunto un picco di 118 euro il 7 marzo per poi ritracciare sotto i 100, il prezzo dei prodotti raffinati sulla piazza del Mediterraneo (quotazione Platts Cif Med) ha sfondato ogni record con la benzina schizzata del 17% a 0,77 euro al litro e il gasolio al valore inaudito di 0,8 euro per litro, +29,6%, con un picco di addirittura 1,1 euro l’8 marzo. Quotazioni senza precedenti per gli addetti ai lavori che restano comunque, come è evidente, ben lontane dagli oltre 2 euro al litro che in questi giorni gli automobilisti sborsano per un pieno. La differenza dipende da due componenti che oggi valgono più del 60% del prezzo finale alla pompa per la benzina e il 55% per il gasolio: da un lato l’incasso per lo Stato attraverso l’Iva e le famigerate accise, dall’altro gli oneri e margini di distribuzione.

Fonte: Rapporto settimanale Figisc Anisa Confcommercio

Con un’accisa sulla benzina a 0,7 euro per litro, sommando anche l’Iva al 22% le imposte sono arrivate a totalizzare il 10 marzo il 52,9% del prezzo medio della benzina (48,7 per il gasolio) tra self e servito in Italia, contro il 36% (44% per il gasolio) della materia prima. La Penisola è rispettivamente al quarto e primo posto nell’Ue per peso delle imposte sul prezzo finale di benzina e gasolio. Non a caso si stanno moltiplicando gli appelli per una sforbiciata alle accise, magari adottando – come chiedono i gestori delle pompe – la cosiddetta accisa mobile prevista dalla Finanziaria del 2008 ma mai applicata. Si tratta della possibilità di ridurre temporaneamente le accise, fino a una ventina di centesimi per litro, mano a mano che gli aumenti dei prezzi del greggio fanno salire le entrate Iva. La richiesta è anche al centro di una interrogazione urgente di Forza Italia al premier Mario Draghi e ai ministri dell’Economia, della Transizione ecologica e dello Sviluppo, presentata venerdì.

Il resto del prezzo finale dipende dal ricavo del sistema di distribuzione, comprensivo dei costi per royalty e affitti, che nell’ultima settimana è ammontato al 10,6% per la benzina e al 6,8 per il gasolio. Il ricavo industriale è ovviamente minimo per le pompe bianche mentre supera gli 0,2 euro per litro al servito. Stando alle rilevazioni di Figisc non risulta essere lievitato in parallelo con i rincari: nel febbraio 2022 è stato in media di 0,23 euro per litro per la benzina nei distributori a marchio contro gli 0,21 euro di febbraio 2021. Per il gasolio è rimasto fermo a 0,22 euro.

In questo quadro l’evoluzione dei prezzi, in assenza di interventi del governo e complice la speculazione, appare imprevedibile. Come rilevato dal presidente Figisc Bruno Bearzi, nella settimana tra 3 e 11 marzo il greggio di riferimento è diminuito di 1,09 euro al barile così come la quotazione di riferimento sul mercato Mediterraneo dei prodotti lavorati, ma “i prezzi medi alla pompa tra self e servito sono letteralmente impazziti” aumentando di “25,6 centesimi al litro per la benzina e 36,6 per il gasolio”. In un mese, dall’11 febbraio, le quotazioni internazionali del greggio sono variate “solo” di 11 cent/litro mentre quelle dei prodotti finiti sono aumentate per la benzina di 15,6 centesimi e per il gasolio di 24, Iva compresa, ma i prezzi nazionali alla pompa hanno segnato +33,1 cent/litro per la benzina e +44,2 cent/litro per il gasolio. “Non sussistono elementi affidabili per una previsione sull’andamento neppure nel breve periodo”, commenta Bearzi. Resta da vedere se, dopo aver gridato alla “truffa”, il governo interverrà.

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