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“Una madre con una protesi al braccio trascinava i figli piccolissimi”. Il racconto della ballerina ucraina Stefania Seimur, in fuga da Kiev

La ballerina 26enne si racconta al Corriere: "Non possiamo restare indifferenti, non andare a votare, stare zitti e buoni quando il governo compromette il futuro dei nostri figli. È importante trovare tempo e coraggio per agire e fare la differenza. La politica siamo noi"

di F. Q.

Il terrore delle prime bombe, il tentativo di fuga, poi le notti in metropolitana e infine l’Italia. Questa la storia di Stefania Seimur, ballerina 26enne di Kiev, compagna del tenore Vittorio Grigolo, dal cui amore è nata una bimba, Bianca Maria. Intervistata da Il Corriere, Seimur ha rilasciato un racconto comune a tanti suoi connazionali, con dovizia di particolari, molti dei quali dolorosi. “La guerra non era ancora scoppiata – ha esordito -, ma il 21 febbraio ho acquistato il biglietto per volare a Kiev. Sono andata a prendere mia madre Olga, 49 anni. Temevo che senza di me, non avendo un visto straniero permanente, non potesse attraversare la frontiera ucraina”.

Poi la danzatrice, che oggi è un’imprenditrice e ha una scuola di tango a Milano, ha spiegato: “Alle cinque del mattino del 24, mia madre e io siamo state svegliate dalle prime bombe, dalla prima sirena. La nostra auto era senza benzina ma c’erano già code di chilometri per fare rifornimento e lasciare la città. Quelle file di macchine per uscire da Kiev ci hanno frenato: avevamo paura di restare imbottigliate sotto le bombe. Ho visto mia madre infilare in fretta e furia in uno zaino le tracce di cinquant’anni di vita, uno strazio infinito”. In seguito la ricerca dei bunker, i primi giorni passati tra i rifugi durante il coprifuoco e poi la situazione è precipitata. In automobile le due donne hanno attraverso la città fino alla stazione con i militari russi che sparavano ai civili. La corsa per l’ultimo treno Kiev-Varsavia, che però non sono riuscite a prendere. “Qualcuno dall’altra parte del binario ha aperto il fuoco, la sirena è scattata. Mia madre e io non siamo riuscite a prendere quel treno e ci siamo precipitate nella metropolitana, abbiamo passato la notte in un vagone mentre i russi bombardavano la stazione centrale”, ha spiegato ancora Seimur.

Una lunga notte di angoscia, durante la quale hanno cercato di fare squadra con un piccolo gruppo di donne per non perdersi, il giorno successivo, nella grande stazione di Kiev. “Alle 7 del mattino ci hanno permesso di uscire dalla metropolitana e ci siamo messe in mezzo alla stazione per essere pronte a scattare, all’annuncio del binario, verso il treno in partenza per Lviv, ai confini della Polonia – ha continuato -. Questo ci ha salvato”. Dai binari, i padri che salutavano mogli e figli in partenza. Immagini forti, che resteranno indelebili nella sua mente: “Un padre ha preso in braccio la figlia invalida e in gravi condizioni, l’ha lanciata nel vagone del treno mentre stava per partire, mentre una madre con una protesi al braccio trascinava i figli piccolissimi e gli zaini”, ha raccontato ancora Stefania Seimur. Che poi ha aggiunto: “Siamo arrivate con il buio a Lviv, era il 1 marzo: ci hanno accolto i volontari con cibo caldo e coperte, ci hanno accompagnato ai pullman in direzione della Polonia”.

12 ore di viaggio per raggiungere Varsavia, poi il volo per Milano con scalo a Parigi. “È una grande lezione per tutti: abbiamo vissuto gli ultimi vent’anni pensando che la politica non ci riguardasse e questo è molto grave. Noi Ucraini abbiamo alzato la voce nel 2014 per far capire che la politica tocca ciascuno di noi, non possiamo restare indifferenti, non andare a votare, stare zitti e buoni quando il governo compromette il futuro dei nostri figli. È importante trovare tempo e coraggio per agire e fare la differenza. La politica siamo noi. Oggi dentro di noi, la speranza non muore, anche se la mente ci dice che la fine non sarà quella che vogliamo”, ha infine concluso Stefania Seimur.

Solo qualche giorno fa, ospite di Storie Italiane, Grigolo aveva parlato della propria compagna: “Ha fatto un viaggio che non auguro a nessuno”. E ancora aveva aggiunto: “Non ci rendiamo conto di cos’è la guerra fino a che non ci bussa alla porta, fino a che non vediamo un ferito, fino a che non vediamo il morto davanti a noi. Se lo vediamo in televisione sembra tutto finzione. Poi, quando ci passano davanti ci svegliamo. E questo incubo diventa realtà”.

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