Notizia di ieri, Mark Lanegan ci ha lasciato. Le cause del decesso, al momento, non sono note; quel che invece conosciamo è l’incommensurabile lascito di un artista in grado di tracciare, tra le coordinate musicali degli ultimi quarant’anni, un segno indelebile. Rivediamolo nei consueti nove punti di questo blog, provando a far luce sulla sua portata artistica e non solo.

1) Lanegan con gli Screaming Trees ha anticipato i tempi strettamente connessi al Grunge; ma ancor di più andrebbe ricordato che la loro musica attinge massivamente alla psichedelia underground degli anni Sessanta. I Trees con Seattle non avevano nulla a che vedere, si sono formati a Ellensburg; parliamo di una cittadina di diecimila abitanti attraversata da una strada principale separata da piccole casette, lontano 170 chilometri da Seattle. In altre parole: il nulla. Dimenticatevi quindi l’immaginario musicale connesso alle grandi metropoli, in quel buco non esisteva nessuna appartenenza: rocker, punk, dark, metallari, a quelle latitudini restano suggestioni ad uso e consumo di una apparenza che non esiste.

2) La band, come detto, ispira il genere di Seattle ma non lascia il segno, non nel momento in cui esplode il grunge; Lanegan e soci non sono sul pezzo, vuoi perché non in tour, vuoi per alcuni passaggi a vuoto… Di fatto Dust (Epic 1996) arriva troppo tardi e, sebbene resti con ogni probabilità il miglior album della discografia, nel 1996 i giochi sono ampiamente definiti; gruppi come Soundgarden, Mudhoney, Alice in Chains Nirvana e Pearl Jam hanno tracciato definitivamente il solco. E chissenefrega! Recuperate l’Album! Il suono è pulsante ed è perfetto per raccontare gli intenti di quel periodo, sebbene le asperità che alimentavano i lavori precedenti siano evoluti entro sonorità hard rock più ragionate. Da avere assolutamente.

3) Il presente di Lanegan esclude a priori il suo passato. Recentemente, parlando degli Screaming Trees e, nello specifico, riferendosi ad una eventuale reunion, afferma: “Solo gli idioti o i fans ingenui mi chiederebbero ancora di riunirci. Non sopporto chi, durante i concerti, mi chiede le canzoni degli Screaming Trees”. Leggenda narra che ad una esibizione newyorkese – ad una certa – qualcuno domandò insistentemente i brani di quel periodo… Mark diede di matto, ne uscirono insulti di ogni tipo: “Chiunque sia stato testimone della scena – afferma – so per certo che non me lo chiederà più. E chiosa dicendo “Non posso dire che gli Screaming Trees non si riuniranno mai, ma posso affermare con certezza che se lo faranno, io non sarò presente”. Amen.

4) La musica è salvifica, soprattutto per un personaggio come lui. Un punto di partenza, allo stesso tempo di arrivo della propria esistenza, celata tra le pieghe della sofferenza. La giovinezza di Mark si divide tra il gioco d’azzardo e l’alcol; porta i capelli lunghi, jeans, giacca di pelle e possiede la naturale propensione a ficcarsi nei guai: “Creava immancabilmente dei casini – dice Gary Lee Conner – membro fondatore del gruppo, era un ladro, oltre ad essere un mostro del porno, sempre pronto a sballarsi” (cit. Rolling Stones). Esistono dunque i presupposti per la genesi della perfetta rockstar? La dannazione non è un optional e nemmeno la bellezza, Lanegan possiede il cosiddetto phisique du role, il resto, come la storia ci svela, viene da sé.

5) La discografia è ricca, da maneggiare con cura, nella fattispecie quella connessa alla carriera solista che regala parecchie soddisfazioni: diciotto album di inediti, ma qui ne saranno citati alcuni (soltanto quelli che hanno toccato da vicino il sottoscritto) come The Winding Sheet (Sub Pop 1990), la testimonianza di una metamorfosi annunciata che evoca la tradizione americana: “Non potevo continuare così, afferma, la mia evoluzione musicale viaggiava di pari passo con quella della mia vita privata”. E in effetti, sembra lontano parente del giovane sfrontato che graffiava con la gola il microfono degli Screaming Trees. Whiskey For the Holy Ghost (Sub Pop, 1994) – il suo capolavoro – unitamente a Field Songs (Sub Pop, 2001) e Bubblegum (Bianco y Negro records, 2004). Dischi che glorificano il percorso, introducendo l’artista nelle curve sinuose del Blues e del Folk. Recuperateli!

6) Due note a parte per Bubblegum. Forse il disco che lo consacra definitivamente come “crooner”? In effetti l’album lascia il segno; inizio, centro e fine definiscono un percorso artistico pregno di collaborazioni sebbene siano le atmosfere e i testi a evidenziare l’apologia di una carriera che mostra un artista completamente a fuoco. Bubblegum fonde le sonorità crepuscolari dei suoi intenti solisti con gli impulsi elettrici del passato. Probabilmente il lavoro in grado di rappresentare al meglio ciò che i fan in quel momento si aspettavano da lui. Di certo c’è che la ricchezza policroma della sua arte si evolve e si divide non soltanto entro dischi solisti ma anche attraverso progetti compositi. Tra gli altri: Queens of the Stone Age, The Desert sessions, Gutter Twins, Afghan Wighs, The Twilight Singers, Soulsavers, Unkle, Isobel Campbell, PJ Harvey, Duke Garwood e persino gli italici Afterhours. Ecco, per me la collaborazione con gli After rientra nelle cose che avrebbe potuto evitare… Mark canta nella sciagurata riedizione di Hai Paura del Buio? – Special edition. Ebbene, Mark Lanegan che canta Pelle in italiano non si può sentire!

7) È certo che una serie infinita di problemi personali potrebbe minare qualunque tipo di resistenza: eroina e alcool – come detto – rincorrono il personaggio, così la leggenda non manca di sottolineare le cadute improvvise, come quando si lascia arrestare per possesso di stupefacenti agli inizi del nuovo secolo. D’altronde mica stiamo raccontando la storia di un impiegato, il sesso, la droga e infine il rock’n’roll agitano una qualunque rockstar, la quale per essere tale non può esimersi dal frequentare la classica clinica di disintossicazione. Il copione, come sovente accade, viene rispettato; la vita se lo riprende, non è ancora giunto il tempo della dannazione: “Faccio musica dagli anni Ottanta, afferma, precisamente dal 1984, e sì, sono sopravvissuto agli anni ’90. Sai cosa può voler significare?! Sono davvero felice di essere ancora qui”.

8) “Mi chiedete sempre le stesse cose – dice – Sono anni che mi ripeto. Anni in cui mi viene chiesto della droga, dell’alcol… tutte questioni personali che non dovrebbero interessare, o perlomeno non quanto i miei testi”. E conclude “Ecco, se volete scoprire il mio intimo, dovete fare riferimento ai testi delle mie canzoni e non alle cazzate con le quali vi rispondo in quelle fottute interviste”. Ci siamo capiti? Mark storicamente è poco incline alle chiacchiere; le parole preferisce scriverle e lo fa senza alcuna reticenza. Nei suoi testi, in effetti, è possibile scorgere le sofferenze di una esistenza chiaramente in salita. In Kingdom of Rain canta: “Sono soltanto aloni nei tuoi capelli, oppure diamanti che brillano? Senza speranza, senza preghiera, questa pioggia batte come la morte. Rivolgi i tuoi occhi a uomini migliori… Prima di andare mi appenderò a una croce sui chiodi”. L’inquietudine agita le corde dell’anima.

9) Di Mark Lanegan ho un ricordo vivo, stampato per sempre nella memoria. Lo feci incazzare di brutto, era il 2012, portava in tour Blues Funeral (pubblicato per 4AD) e fece tappa all’Estragon di Bologna, tempio della musica live bolognese dove mi capitava di mettere dischi in quel periodo. Ebbene, quella sera fui chiamato per il post concerto. Feci una selezione musicale rigorosa, senza sconti, connessa al sentire di Lanegan. (Screaming Trees, QOTSA e varie). Mi accorsi solo in un secondo momento che era seduto a firmare autografi proprio sotto la console. A un certo punto “osai” mettere Sideway in reverse (inclusa in Bubblegum) pezzo che non aveva suonato in serata (e in effetti avrei potuto evitare…).

Tempo dieci secondi arrivò un tipo del suo staff intimandomi di smetterla, di cambiare immediatamente musica e di non suonare niente che riguardasse Mark, incluse le sue collaborazioni. In quel momento incrociai lo sguardo del cantante, sguardo che non ammise alcuna replica, ancor meno il segno del tagliagole che mi fece.

Riposa in pace Mark.

A seguire una playlist dedicata a Mark Lanegan che potrete ascoltare gratuitamente sul mio canale Spotify. Buona lettura e buon ascolto.

9 canzoni 9… di Mark Lanegan

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