La Corte di Cassazione ha confermato la colpevolezza del pusher 32enne Innocent Oseghale, accusato dell’omicidio di Pamela Mastropietro, la ragazza di 18 anni romana che era stata uccisa e fatta a pezzi a Macerata il 30 gennaio del 2018. L’imputato, attualmente detenuto nel carcere di Forlì, è stato condannato all’ergastolo in primo e in secondo grado: è stata confermata definitivamente la responsabilità di Oseghale per l’omicidio. I giudici hanno invece annullato la sentenza di appello riguardante il reato di violenza sessuale e ha disposto che limitatamente a questa contestazione si terrà un nuovo processo a Perugia. La vittima si era allontanata da una comunità di recupero e i suoi resti erano stati ritrovati all’interno di due valigie a Pollenza, nei dintorni di Macerata, il 30 gennaio del 2018. “Sono quattro anni che aspetto giustizia” ha detto la madre della vittima, Alessandra Verni, fuori dalla Cassazione. “Ammazzano, violentano, fanno a pezzi e lo Stato italiano non fa nulla”.

Il procuratore generale della Cassazione Francesca Loy aveva chiesto di confermare la condanna all’ergastolo nei confronti dell’imputato. “La condotta dell’imputato è acclarata, la sua crudeltà e la sua freddezza nel lavare il corpo con la candeggina e farlo poi a pezzi erano funzionali a non far ritrovare le tracce e a nascondere le prove”. Anche in merito all’aggravante della violenza sessuale, “la sentenza di appello motiva in maniera ineccepibile la decisione del giudice di appello – aveva detto -. L’imputato ha nascosto il rapporto sessuale finché non è stato ritrovato il suo Dna” e “ha dato versioni diverse adeguandole alle risultanze investigative via via acquisite”.

“Se a Perugia non verrà ritenuta sussistente l’aggravante della violenza sessuale, la pena potrebbe scendere a 30 anni” spiega all’Ansa l’avvocato, Umberto Gramenzi, che con il collega Simone Matraxia difende Oseghale. ” I giudici della Cassazione hanno annullato la condanna solo nella parte relativa alla circostanza dell’aggravante della violenza sessuale che dovrà essere di nuovo presa in esame dalla Corte d’Appello di Perugia alla quale sono stati inviati gli atti. L’aspetto rilevante dal nostro punto di vista – prosegue il penalista – è che era stato proprio il riconoscimento dell’aggravante della violenza sessuale ad aver comportato la condanna all’ergastolo davanti alla Corte d’assise d’appello di Ancona ed è su questo punto esclusivamente che i giudici di Perugia dovranno ora pronunciarsi”. La Cassazione ha infatti rigettato il ricorso dei difensori di Oseghale relativamente alla condanna per i reati di omicidio volontario, vilipendio e la distruzione di cadavere. La Procura generale aveva chiesto invece l’inammissibilità in toto del ricorso presentato dalla difesa di Oseghale.

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