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Napoli, il prof picchiato dopo la scuola: “Io aggredito sotto casa. I mandanti? Un gruppo di genitori, alla fine ero un maschera di sangue”

Il docente Enrico Morabito racconta l'episodio sulle pagine de Il Corriere della sera. Forse, gli aggressori intendevano punirlo per quanto accaduto a scuola la mattina stessa, quando gli alunni erano particolarmente agitati. Poco prima, un papà aveva inviato una lettera al preside chiedendo l'allontanamento del docente perché avrebbe usato "parole volgari e parlato di sesso". Accuse che l'insegnante respinge: "A una bambina che mi ha parlato di Lgbt ho chiesto se ne conoscesse il significato e ho spiegato l’importanza del rispetto tra tutte le persone"
Napoli, il prof picchiato dopo la scuola: “Io aggredito sotto casa. I mandanti? Un gruppo di genitori, alla fine ero un maschera di sangue”
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“Alla fine ero una maschera di sangue”. Così Enrico Morabito, insegnante supplente alla scuola media Antonio De’ Curtis di Casavatore in provincia di Napoli, racconta a Il Corriere della sera l’epilogo di un’aggressione subita nei giorni scorsi. Il docente riferisce che alcune persone gli hanno citofonato a casa: “Hanno detto a mia madre: siamo amici di Enrico, gli dica di scendere”. Lui è sceso e si è trovato davanti cinque uomini, che lo hanno attaccato. Secondo Morabito il movente è da ritrovarsi all’attività di insegnamento. Fra i cinque, dice il 42enne, “quello che poi si è rivelato anche il più accanito, mi ha chiesto ‘sei tu Enrico?’, e alla mia conferma ha aggiunto: ‘Allora sei tu il professore della De Curtis'”.

Forse, gli aggressori intendevano punirlo per un episodio avvenuto a scuola la mattina stessa, quando gli alunni erano particolarmente agitati: “Addirittura alcuni si sono seduti sul davanzale. Li ho richiamati più volte e li ho anche avvertiti che se avessero continuato avrei fatto rapporto a tutta la classe, alla fine non ho avuto alternative”, spiega Morabito al quotidiano. Sempre nel corso della mattinata, rivela il docente, uno dei ragazzi gli ha detto di sapere quale fosse il suo indirizzo. Nessun precedente: solo una lettera inviata da un genitore che chiedeva il suo allontanamento perché – secondo il genitore in questione – aveva usato ‘parole volgari e parlato di sesso’. Accuse che il docente respinge: “A una bambina che mi ha parlato di Lgbt ho chiesto se ne conoscesse il significato e ho spiegato l’importanza del rispetto tra tutte le persone. Ma questo non è parlare di sesso, è parlare di civiltà”. In seguito all’episodio ha ricevuto minacce, via social: “Hanno scritto che dovrebbero uccidermi e c’è chi mi accusa di essermi presentato ai ragazzi dicendo “sono gay”. Ma perché avrei dovuto farlo? Io quando mi presento dico il mio nome, non il mio orientamento sessuale”.

Il docente aveva raccontato la sua esperienza anche su Facebook: “Non mi hanno dato tempo di fare altre domande che subito mi hanno aggredito verbalmente e fisicamente. Sul portone del palazzo ancora si vedono macchie del mio sangue. Ho chiamato i carabinieri e fatto denuncia. Da loro è stata chiamata un’ambulanza che mi ha portato in ospedale. Per fortuna nulla di estremamente grave. Qualche cura da fare e 7 giorni di riposo. Tanta paura per me e soprattutto per mia mamma. E per fortuna che non erano armati: avrebbero potuto fare di peggio. Ho sempre pensato che la rovina dei figli sono proprio i genitori…ed è così. Ne resto deluso e schifato. Tuttavia voglio addormentarmi con la speranza che domani sia un giorno migliore fatto sempre di legalità e che il marcio che si insidia anche nelle scuole possa svanire presto”.

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