Sono ormai diversi anni che si chiede a Pokémon un certo salto di qualità: dopo due decadi e mezzo che assistiamo, bene o male, allo stesso gioco con i suoi alti e bassi, l’odore di stantio cominciava davvero a farsi sentire in modo prepotente. Con Leggende Pokémon: Arceus, Nintendo cerca di cambiare completamente le carte in tavola dando finalmente al filone principale della serie una decisa svolta. I fan di tutto il mondo si sono emozionati vedendo i primi video, queste spianate open world con i Pokémon selvatici in libertà e la possibilità di catturarli lanciandogli fisicamente le Pokéball, finalmente. La realtà dei fatti, purtroppo, è stata diversa: un po’ per la realizzazione, un po’ perché forse le aspettative sono state esagerate, Leggende Pokémon: Arceus getta delle decise basi, ma i difetti sono davvero tanti, forse troppi.

Caduti dal presente a Hisui, il continente che sarebbe poi diventato Sinnoh, tramite una frattura spazio temporale apparentemente convocati da Arceus, dovremo intraprendere un viaggio alla scoperta dell’origine dell’amicizia di umani e Pokémon. Saremo infatti protagonisti di un mondo nel quale i Pokémon vivono pressochè ancora tutti allo stato selvatico, visti come bestie pericolose dalla maggior parte degli esseri umani e confinati nelle terre esterne al villaggio, terre bollate come potenzialmente letali proprio a causa della presenza dei nostri amici mostri.

Un incipit che si sarebbe potuto sviluppare in una trama davvero matura e profonda e che a volte sembra persino riuscirci, ma più si prosegue nell’avventura più si nota come invece di raccontarci una trama armonica e continua, Leggende Pokémon: Arceus ci fa sbattere contro episodi spesso slegati, narrati da personaggi comprimari dalla dubbia personalità i quali, nel tentativo di avere un minimo di spessore, si lanciano in battute dalla comicità che odora di cinepanettone. In un normale capitolo della saga quest’ultimo fattore sarebbe passato inosservato, ma battute come quelle di Riza, che continua a finire le frasi con “Riza-te” cozzano davvero troppo con il mood circostante.

Realizzazione tecnica
Partiamo dal proverbiale elefante nella stanza: la realizzazione tecnica di Leggende Pokémon: Arceus. Il centro operativo dal quale partiranno tutte le nostre spedizioni sarà il villaggio Giubilo, tipico paesello dal sapore medievale ch,e nonostante l’aria di modernità del suo edificio principale (il nostro quartier generale), fa il suo dovere incastrandosi bene nell’ambientazione. Si poteva fare di più nel differenziare tra loro i negozi e le case meno importanti, ma non è un effetto così fastidioso.

I problemi cominciano una volta usciti dal villaggio, quando ci troveremo davanti ad una spianata, la prima zona, che avevamo già intravisto nei primi video rilasciati, ma che nel gioco completo ci saremmo aspettati più dettagliata, piena e popolata, ma invece la ritroviamo come in alpha: una pianura intervallata da spruzzi d’erba neanche così dettagliata per nasconderci dai Pokémon selvatici, degli specchi d’acqua senza alcun tipo di fisicità e qualche albero dalle texture continuamente riciclate. I piccoli e grandi mostri si muovono in queste pianure con una fluidità che a volte, soprattutto quando aumenta la distanza, è davvero difficile da tollerare nel 2022 da parte di un titolo che dovrebbe essere un “tripla A”.

Per quanto riguarda le mosse possiamo dire che un piccolo salto c’è stato, nulla di trascendentale, ma sono piacevoli da vedere, anche se il parco tecniche, rispetto ai precedenti capitoli, è stato sensibilmente ridotto. Dopo Zelda: Breath of the wild e l’ultimo capitolo di Xenoblade facciamo anche sinceramente fatica a parlare di limiti della console.

Gameplay
Non è facile riassumere in poche righe tutto quello che ci sarebbe da dire sul gameplay di Leggende Pokémon: Arceus. È stato dato ai fan tutto quello che hanno sempre desiderato: esplorare un mondo aperto con la propria squadra e catturare i Pokémon selvatici avvicinandosi di nascosto senza le fastidiose interferenze o i rallentamenti di una lotta obbligata. Girovagare per le pianure, al netto delle perplessità grafiche già esposte in precedenza, a tendere agguati ai Pokémon da catturare è davvero divertente, ma i problemi arrivano appunto sul piano della realizzazione tecnica.

L’AI dei Pokémon selvatici risulta davvero troppo altanelante e ci si alterna tra momenti in cui non siamo avvistati da pochi metri, ad altri nei quali allarmeremo il nostro obbiettivo da lontanissimo. Diciamo che questo non inficia comunque l’esperienza di gioco, che da questo punto di vista ci sembra parecchio azzeccata, anche se decisamente ancora da migliorare. Quando si entra in un combattimento di qualsiasi tipo però, i limiti si sentono sul versante del bilanciamento, soffrendo davvero troppo di scelte alquanto infelici.

Il combat system è stato infatti rivisitato per l’occasione, passando a una turnazione fissa con l’anticipazione a schermo un po’ come succedeva in Final Fantasy X o in Blue Dragon. Una volta che un Pokémon padroneggia perfettamente una mossa si potrà scegliere se lanciarla rapida o potente, cosa che avrà degli effetti sulla turnazione che potrete ben immaginare permettendoci, se giochiamo bene le nostre carte, di avere addirittura la possibilità di agire due volte di fila.

Purtroppo il sistema, che sulla carta ha una sua logica ben collaudata, cozza con i vecchi rimandi della serie: ci saranno occasioni in cui saremo davanti a 2 o più Pokémon selvatici contemporaneamente e noi non potremo mandare in combattimento più di un singolo compagno per volta. Questa condizione, unita a una strana gestione dei danni e al fatto che se i Pokémon selvatici hanno già messo in coda delle mosse non le annulleranno in caso di sconfitta del nostro compagno, causa potenzialmente un loop nel quale il nostro sostituto subirà immediatamente tutte le mosse messe in coda dagli avversari e via così fino alla fuga o all’annientamento del nostro team.

Game Freak si è volutamente proposta insomma di rendere i combattimenti più impegnativi, obiettivo centrato, ma solo in parte a causa di situazioni che, più che difficili, ci sono sembrate semplicemente ingiuste. Non avendo certo un futuro in chiave competitiva, è stato invece apprezzabile il tentativo di semplificare l’allevamento grazie al sistema dell’impegno: utilizzando un item apposito (appunto la sabbia impegno) possiamo aumentare una determinata statistica un po’ come gli EV del breeding dei precedenti capitoli.

Tutto da rifare?
Leggende Pokémon: Arceus non è assolutamente un titolo completamente da rifare, al di là di tutti i difetti qui elencati. Questo nuovo capitolo è stato più che mai divisivo sia per i giocatori che per la stampa. Tra i difensori a tutto campo del brand che hanno bene o male hanno apprezzato tutte le novità, chiudendo più di un occhio sugli scivoloni tecnici, e quelli che dopo venticinque anni, guardando i primi video, si aspettavano quel deciso balzo prepotente in avanti che alla fine c’è stato solo fino a un certo punto. La verità non può che trovarsi nel mezzo: Leggende Pokémon: Arceus cerca di innovarsi con un nuovo combat system, nuovi meccanismi esplorativi e un contorno leggermente più adulto, ma ha lasciato degli angoli davvero appuntiti che dovrà assolutamente smussare.

È davvero un peccato che questo capitolo non sia il gioco di Pokémon perfetto, perché a livello di gestione di determinate features dimostra di essere andato nella direzione giusta. Il personaggio ha una velocità di movimento più che adeguata, anche se avremo preferito una barra di stamina visibile, i viaggi rapidi verso gli accampamenti già visitati saranno disponibili fin da subito e saranno presenti persino all’interno del villaggio Giubilo, permettendo al giocatore di spotarsi nelle varie mini zone d’interesse. Ottima anche la realizzazione del Pokédex e, più in generale, dell’HUD: una volta presa confidenza con i comandi basterà un solo tasto per trovarci all’interno del menù che ci serve in quel momento, per non parlare poi del fatto che, mirando il Pokémon da catturare, con la semplice pressione del direzionale “giù” entreremo direttamente nella pagina del relativo mostro in modo da verificare subito cosa ci manca per completare al 100% la sua pagina.

Il senso di libertà, di esplorazione e di scoperta dei Pokémon che abitano le varie zone, sbloccabili man mano che saliremo di rango, è buono, ma al di là di un world building naturale carino e anche ben verticalizzato, manca quel qualcosa in più che spinga effettivamente alla suddetta esplorazione. Si fatica insomma a trovare un motivo, che non sia il completamento della pagina del Pokédex di un determinato Pokémon, per tornare una seconda volta nella maggior parte dei luoghi del titolo che finiscono quasi subito di avere qualcosa da offrire.

Come in altri giochi, non solo di Pokémon, ci ritroviamo a dire ancora una volta che il titolo mette a terra delle ottime basi per i capitoli successivi, ma è anche vero che adesso, su queste basi, sarebbe ora di costruire qualcosa di più completo e appagante anche perché erano già state mostrate con le terre selvagge di Pokémon Spada e Pokémon Scudo.

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