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Australiano si presenta con le valigie al Palazzo Reale di Milano: “Sono l’erede dei Savoia e del Regno d’Italia, questa è casa mia”

Nemmeno di fronte alle divise l’uomo rinuncia alle sue rivendicazioni. E mostra i documenti che ha spedito alle autorità italiane. In quel carteggio, insiste, c’è la prova che ciò che afferma è vero

di Simona Griggio

“E questa è casa mia e qui comando io!”. Ricordate il ritornello della canzone di Gigliola Cinquetti? Corrisponde più o meno alla frase pronunciata dall’uomo che si è presentato a Palazzo Reale di Milano sostenendo di esserne il proprietario. E di essere il legittimo erede dei Savoia. E’ australiano, ha 37 anni e ha con sé persino le valigie. E’ pronto a insediarsi nelle sale che un tempo erano le antiche dimore dei regnanti. Si è portato il minimo indispensabile. Convinto forse di trovare “a palazzo” servitù, ori, argenti, sete pregiate e comodi baldacchini. Ma oggi, purtroppo per lui, lo storico e imponente edificio accanto al Duomo è diventato un museo ricco di sale di esposizioni per il pubblico. E, purtroppo per lui, persino per il popolo.

Ecco la scena e la dinamica. Sono le 13. L’uomo sale al primo piano dove si trova l’ingresso delle mostre e chiede come raggiungere Palazzo Marino, sede del Comune di Milano. Aggiunge, con naturalezza: “Sono l’erede del Regno d’Italia”. Poi se ne va per tornare un’ora dopo e stanziarsi definitivamente. Quella è casa sua, lì comanda lui. Parte l’allerta ai vigili del fuoco che fanno servizio antincendio nel Palazzo in cui è in corso la mostra “Realismo magico” e dove è in allestimento l’ esposizione del pittore Joaquin Sorolla y Bastida. Ma nemmeno di fronte alle divise l’uomo rinuncia alle sue rivendicazioni. E mostra i documenti che ha spedito alle autorità italiane. In quel carteggio, insiste, c’è la prova che ciò che afferma è vero.

Ma nel frattempo si creano confusione e intralcio. Per chi è in fila è una giornata sfortunata. Non basta il green pass a determinare rallentamenti. Oggi c’è anche l’erede dei Savoia. Allora parte la chiamata alla questura e arrivano sul posto due funzionari. Neppure loro convincono l’uomo ad abbandonare le sue intenzioni regali. Sono costretti a chiamare rinforzi: una decina di agenti. L’uomo è così identificato e scortato all’esterno. Qualcuno dovrebbe spiegargli che la monarchia è finita da un pezzo. Che la canzone di Gigliola Cinquetti non parla del regno dei Savoia, ma di liberta: quella delle donne.

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