Cultura

Giornata della Memoria, Paolo Shaul Levi deportato sullo stesso vagone di Primo Levi: la sua storia riscoperta nel 2021 grazie a un quadro

Avvocato, intellettuale, ebreo e omosessuale, fu deportato e ucciso ad Auschwitz nel 1944. La sua storia si era persa negli archivi e solo di recente, grazie alle ricerche dell'università di Padova, è tornata alla luce. "E' la dimostrazione del ruolo della memoria non solo per ricordare ciò che è stato, ma per cercare ancora nuove testimonianze". Davanti all'ultima abitazione sarà depositata una pietra d'inciampo

di Youssef Siher

Tutto ha inizio con la scoperta di un ritratto, esposto alla Biennale di Venezia nell’estate del 1938 con il titolo “Ritratto Avv. Paolo Levi“, ma poi dimenticato in una collezione privata fino alla primavera del 2021. Un quadro che ritrae un uomo seduto in veste da camera, una mano tiene un fiore ed è appoggiata a un libro, l’altra indossa un vistoso anello, sullo sfondo un torso classico femminile. È il ritratto che Tino Rosa, esponente del Novecentismo veneto, fece a Paolo Shaul Levi. Dallo studio di questo ritratto è stata recuperata la storia, ricca ancora di interrogativi, di questo padovano: avvocato, intellettuale, ebreo e omosessuale, deportato e ucciso ad Auschwitz nel 1944. Alla sua figura ritrovata la Fondazione Museo della Padova Ebraica dedica la Giornata della Memoria 2022.

La scoperta del ritratto – Nella primavera del 2021 una padovana sottopose allo storico dell’arte Alessandro Pasetti Medin un quadro dipinto dallo zio Tino Rosa. A partire dalla particolarità del ritratto di un professionista ebreo esposto alla Biennale del 1938, i ricercatori hanno consultato gli archivi di diversi enti e istituzioni a Padova, Venezia, Milano e Roma, mettendo insieme alcuni pezzi dell’esistenza di Levi, tanto lineare e documentata fino alla laurea, quanto frammentata e a tratti misteriosa negli anni della maturità. Grazie alle intuizioni e al lavoro certosino di Pasetti Medin, della professoressa Mariarosa Davi, della dottoressa Giulia Simone, ricercatrice dell’università di Padova, e dell’archivista della Comunità Ebraica Ghila Pace, è stata possibile la riscoperta di quest’uomo di cui, altrimenti, sarebbe rimasto solo il nome nella lista dei padovani deportati ad Auschwitz. “Il ritrovamento del quadro di Paolo Shaul Levi e la ricostruzione della sua storia è una straordinaria dimostrazione del ruolo della memoria non solo per ricordare ciò che è stato, ma per cercare ancora nuove testimonianze”, spiega Gina Cavalieri, presidente della Fondazione per il Museo della Padova Ebraica.

Chi era Paolo Shaul LeviPaolo Levi, nato nel 1904, era uno studioso dagli interessi culturali vasti: scriveva recensioni sulla rivista Israel, ed era un punto di riferimento intellettuale per la Comunità Ebraica. La sua carriera scolastica era stata brillante e culminata con la laurea in Giurisprudenza a 22 anni, alla quale però non seguì mai l’abilitazione ufficiale all’avvocatura. Anche se di questioni legali si occupò per tutta la vita: internato più volte dopo la promulgazione delle leggi razziali, era noto per adoperarsi per il miglioramento delle condizioni di prigionia. Era anche omosessuale, in un momento storico in cui la diversità era nemica della vita sociale. Le leggi razziali, inoltre, avevano determinato anche la sua solitudine: le amate sorelle si erano trasferite in Libia. Arrestato per l’ultima volta nel dicembre del 1943, venne deportato ad Auschwitz nello stesso treno e nello stesso vagone di Primo Levi, e probabilmente venne subito mandato nelle camere a gas. Di Paolo Levi, infatti, non esiste certificato di morte, tuttavia è lo stesso scrittore a darci indizi utili: “Non entrarono, del nostro convoglio, che novantasei uomini e ventinove donne, di tutti gli altri, in numero più di cinquecento non uno era vivo due giorni più tardi”, scriveva in Se questo è un uomo. È molto probabile che Paolo Levi fosse tra quei cinquecento.

Le iniziative in sua memoria a Padova Domenica 30 gennaio alle 16 Paolo Levi sarà il protagonista principale della Biblioteca vivente, iniziativa speciale organizzata al Museo della Padova Ebraica. Oltre alla storia di Paolo Levi, che verrà raccontata dallo storico dell’arte Pasetti Medin, ce ne saranno altre di padovani deportati. Giovedì 27 gennaio in via dei Fabbri, davanti all’ultima abitazione nota di Levi, verrà depositata una pietra d’inciampo nell’ambito delle iniziative per il Giorno della Memoria organizzate dal Comune di Padova: in questa occasione gli studenti del liceo classico Tito Livio leggeranno brani realizzati sulla base delle ricerche fatte per ricostruirne la figura. Quello dei giovani del Tito Livio è il primo di diversi momenti di restituzione del lavoro che in questi mesi proprio le studentesse e gli studenti delle scuole superiori di Padova hanno condotto, in collaborazione con gli storici, per ricostruire pezzo dopo pezzo la storia di Paolo Levi, partecipando a un progetto promosso dalla Fondazione per il Museo della Padova Ebraica. Il 1° febbraio, infatti, Levi sarà anche oggetto di una rappresentazione teatrale al Ridotto del Teatro Verdi con protagonisti gli studenti del liceo scientifico Nievo e dell’istituto Scalcerle di Padova, mentre il Liceo europeo San Benedetto di Montagnana proporrà uno spettacolo a scuola l’11 febbraio. È così, quindi, che Padova rende onore ad un suo concittadino che rischiava di rimanere nell’oblio.

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