Checché ne dica chi pretenderebbe di trovare in questo spazio soluzioni un tanto al chilo, proseguo nel tentativo di fare analisi e mettere in fila i dati per cercare di capire il senso di quanto accade (l’unica premessa – a quanto ne so – per decidere il da farsi con un minimo di raziocinio). E il dato da cui partire – dopo la fase di sostanziale pacificazione in corrispondenza del lockdown – è il ritorno in forze di una violenza dimostrativa, destinata ad acuirsi con i super green pass e la ripresa di contagi resi imprevedibili dal succedersi delle variabili Covid.

L’irruzione di una rabbia sociale distruttiva; in cui si insinua astutamente l’elemento neofascista a ricordarci analoghi accadimenti del secolo scorso, che determinarono l’andata al potere dell’estrema destra totalitaria. In entrambi i casi fenomeni favoriti dalle larghe faglie aperte nell’ordine vigente: allora il crollo del sistema occidentale europeo, con l’esclusione dell’area anglosassone, ora la catastrofe del sistema-mondo globalizzato che nell’area anglosassone ha il proprio epicentro. In entrambi i casi un momento favorevole alla liquidazione del lascito illuministico, rincorrendo assetti precedenti impiantati sulla triade autorità-tradizione-gerarchia. La sostituzione della razionalità scientifica con credenze fideistiche altamente identitarie: la razza, la mascolinità, la supremazia.

Rigurgiti in cui lo smarrimento da insicurezza per cambiamenti in apparenza inspiegabili, interpretati come oscura cospirazione, diventa la ricerca di soluzioni che individuino un capro espiatorio su cui praticare un rito sacrificale. Nel Medioevo era “la calunnia del sangue” propagata dai cristiani che accusavano gli ebrei e le streghe di rapire i bambini per berne il sangue; nel Ventennio le cricche pluto-demo-masso-giudaiche. Oggi i neri, gli islamici, le persone transgender, più – come sempre – donne ed ebrei.

Il dato originale è che il medium di incubazione di questo orrido ritorno al passato è lo spazio social; nel proliferarvi di movimenti sotterranei che vivono la pandemia come segno della collera divina e – insieme – opportunità di uscire allo scoperto. Mentre si consuma il divorzio tra capitalismo e democrazia, favorito dall’inadeguatezza della politica. Intanto una parte della plutocrazia (che grazie al Covid ha moltiplicato la propria ricchezza) va convincendosi dell’incompatibilità tra libertà e giustizia sociale. Per cui si rinforza l’alleanza tra abbienti e impauriti, costitutiva del blocco sociale che ha determinato lo spostamento a destra degli orientamenti politici nell’ultimo mezzo secolo.

La prima conseguenza è stata la spaccatura all’interno dell’establishment tra globalisti, pronti a giustificare le diseguaglianze e la liquidazione dello Stato sociale con la retorica liberista (Obama, Macron, Trudeau, Merkel), e i sovranisti che promuovono le identiche politiche antipopolari grazie al nazionalismo autoritario. Scontro che ha trovato un’accelerazione nel 2016, con il paranoico affarista Donald Trump alla Casa Bianca; cui è seguita la valanga: l’Ukip della macchietta Farage convince nello stesso anno fasce di britannici nostalgici di anacronistiche glorie imperiali a sostenere la Brexit; nel 2017 il conservatore austriaco Sebastian Kurz va al potere in Austria con i reazionari del Partei Österreichs; nel 2018 il bullo da favela Jair Bolsonaro conquista la presidenza in Brasile. Contemporaneamente l’insipienza Cinquestelle e la furia distruttiva di Matteo Renzi determinano l’avvento come vice-premier di una coalizione giallo-verde il sovranista reazionario Matteo Salvini; con Giuseppe Conte a sporcarsi il pedigree di neo-politico fungendo da intermediario tra i due gruppi coalizzati. Un vizio d’origine – come spesso scrivo (e molti mi vaffano) – lavato riposizionando il 5S in Europa: il concorso all’elezione di Ursula von der Leyen, premessa per rientrare nel club degli insider a cui avevamo diritto come soci fondatori dell’Unione e incassare con gli interessi nel riparto del Next Generation (merito di Conte, checché ne dica il denigratore per partito preso Maurizio Molinari).

Limitandoci all’Italia, come liberarci dall’onda nera incombente? La mia convinzione è che ci possa salvare solo il populismo, inteso come soggetto critico delle degenerazioni d’establishment e – come tale – garanzia di Altrapolitica per una democrazia rifondata. Dunque un partito ambientalista di sinistra e antiliberista. Conte può esserne il leader? È questione di forza e decisione. La forza di mettere in riga il ministerialismo dei Di Maio; la decisione nel contrastare la restaurazione finanziaria dell’algido banchiere Draghi (e imporre il silenzio al confusionista egolatra Beppe Grillo). Non nutro soverchie speranze.

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