Ora che i riflettori sulle giornate di Glasgow si sono spenti, il mio pensiero corre a chi ha lasciato un segno nel mio cuore. Juma Xipaia, non posso e non voglio dimenticare il suo sguardo. Uno sguardo profondo e fiero, quello di chi, con coraggio da anni, combatte in prima persona contro la devastazione della sua terra, l’Amazzonia. E’stata minacciata di morte per aver portato avanti insieme al suo popolo una lotta che, come ribadisce giustamente lei, riguarda tutti noi. Da gennaio a settembre quasi 9mila km² di foresta amazzonica sono spariti, il 39% in più rispetto al 2020. Juma a causa delle minacce di morte è dovuta scappare, vive in Italia, ma vuole tornare a casa, nella comunità indigena Xipaia, per continuare a lottare con la sua gente.

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Juma è una delle giovani donne che sono state protagoniste a Glasgow; penso a Greta la fondatrice del movimento mondiale Friday for future, Anna Taylor che ha fondato in Gran Gretagna una rete di studenti sul clima, Anula De Wever e Kyra Gantois organizzatrici di una marcia per l’ambiente in Belgio, Vanessa Nakata la ragazza ugandese cha ha rinfacciato ad Obama di non aver mantenuto la promessa di dare soldi al suo Paese e poi Dominika dalla Polonia, Mitzi dalle Filippine, Riddhima dall’India, solo per citarne alcune.

Non è un caso che siano proprio le donne ad essere in prima linea contro il cambiamento climatico; come denunciato soprattutto dalle attiviste indigene, le donne, le ragazze e le bambine sono tra le più colpite dalla crisi climatica.

I cambiamenti climatici sono certamente globali ma sono anche selettivi, c’è chi viene colpito di più. Il presidente della Cop26, Alok Sharma, ha affermato come il cambiamento climatico colpisca in modo sproporzionato le donne e che la lotta per il clima è molto più efficace quando le donne sono al centro dello sforzo.

La crisi climatica ha in effetti un impatto maggiore su quegli strati della popolazione, in tutti i Paesi, che dipendono dalle risorse naturali e che hanno una minore capacità di reagire alle catastrofi naturali come uragani, siccità, alluvioni.

Le ragazze, in molti paesi in via di sviluppo, sono costrette ad andare sempre più lontano per trovare l’acqua e per questo devono rinunciare ad andare a scuola. In alcune società le donne non sanno nuotare dato che chi va a pesca è l’uomo quindi, in caso di alluvioni, in molte perdono la vita. Il cambiamento climatico inoltre spinge le popolazioni a migrare per la mancanza, di cibo, lavoro o acqua; le donne e le ragazze migranti sono le più vulnerabili alle violenze sessuali. Un rapporto del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite ha stimato che le donne sono l’80% degli sfollati per il riscaldamento globale così come il 70% degli 1,3 miliardi di persone che vivono in condizione di povertà. Uno scenario che fa rabbrividire.

Questa realtà è stata simboleggiata da Amal, la bambola di 3,5 metri che ha aperto l’evento della Cop26 sull’uguaglianza di genere nella lotta al clima. Amal, che ritrae una bambina siriana simbolo dei giovani rifugiati di tutto il mondo, è arrivata a Glasgow dopo aver percorso circa 8.000 chilometri attraverso l’Europa.

Mi ha fatto una certa impressione vedere le foto di rito della Cop26, dove, dei 130 leader globali quasi tutti ultra sessantenni, solo 6 erano donne. Foto che non stupisce, dato che gli uomini detengono più del 75% dei seggi nei parlamenti nazionali di tutto il mondo. Nel 2015 la leadership mondiale dei ministeri che si occupano di questioni ambientali era per circa l’88% maschile. Le donne non solo sono i soggetti più vulnerabili, ma sono anche escluse dai processi decisionali che riguardano i cambiamenti climatici.

E’arrivato decisamente il momento di invertire la rotta.

Una boccata d’ossigeno viene da queste ragazze che, mettendo al centro l’assoluto rispetto per la dignità della vita e trasformando l’indignazione in determinazione, sono state le preziose protagoniste delle giornate della Cop26.

Le donne devono essere coinvolte in egual misura nello sviluppo di politiche climatiche. Lottare per la conversione ecologica porterà anche alla riduzione delle disuguaglianze. Solo così avremo un mondo più giusto, un mondo in cui i nostri figli potranno godere della bellezza del nostro pianeta.

Mi auguro che lo sguardo di Juma possa rimanere impresso nei nostri cuori e nelle nostre menti.

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