Per la prima volta in Germania ci sono state oltre 50mila nuove infezioni in un giorno (50.196) e l’incidenza settimanale ogni 100mila abitanti è salita a 249,1. A Rottal Inn, in Baviera, il 10 novembre si sono registrati 11.076 casi e l’incidenza settimanale dei contagi ogni centomila abitanti è a 1.140,4; a Traunstein, Dingolfing-Landau, Miesbach e Regen i numeri sono appena migliori. Il governatore Markus Söder (CSU) per questo ha dichiarato lo stato di catastrofe nel Land. Era già stato disposto dal 9 dicembre 2020 al 4 giugno 2021 e dà possibilità di intervento più strutturate e coordinamento maggiore tra le diverse autorità coinvolte nel gestire l’emergenza. All’apice della seconda ondata a gennaio c’erano stati 5.700 pazienti nelle terapie intensive, con la quarta ondata il presidente delle Società ospedaliera tedesca Gerald Gaß indica che il sovraccarico non è più evitabile: ci si avvia a 4.000 posti occupati da pazienti Covid, mentre negli ospedali c’è molto meno personale a disposizione e circa il 30% posti letto non usufruibili. Il 44% dei ricoverati di Covid in terapia intensiva sopra i 60 anni sono persone che non hanno ricevuto per tempo un richiamo, la maggioranza persone mai vaccinate: molti dottori di base, infatti, non fanno i richiami a chi ha meno di 70 anni seguendo rigidamente il consiglio della Commissione per le vaccinazioni nonostante il ministro della Sanità Jens Spahn abbia chiaramente detto che tutti devono poter ricevere una terza vaccinazione.

In questo clima si moltiplicano le critiche a SPD, Verdi e FDP – i partiti che trattano per formare un nuovo governo – perché lasciano scadere la legge nazionale di stato di epidemia di portata nazionale il 25 novembre. I tre partiti hanno presentato invece nelle scorse ore al Bundestag una legge di modifica dell’articolo 28 delle norme a tutela dalle infezioni che costituiscono la base per gli interventi dei Länder. Molti la considerano però comunque insufficiente. Il 2G, con ingresso nei luoghi di incontro sociale a soli vaccinati e guariti, a livello nazionale è ancora indicato solo come opzionale; né ci sono norme esplicite sulle sanzioni per le falsificazioni dei certificati di vaccinazione. Nell’acceso dibattito al Bundestag, Ralph Brinkhaus (CDU) ha duramente attaccato Olaf Scholz per la decisione di fare decadere lo stato di epidemia nazionale, accusando che significa “rifiutare la realtà”. Una decisione che però aveva già preso il ministro della Sanità ancora in carica, come ha sottolineato la co-dirigente dei Verdi Katrin Göring-Eckardt.

Proprio Scholz, in qualità di vicecancelliere, ha preannunciato che la settimana prossima si farà un incontro tra Federazione e Länder e definirà il 3G al lavoro e la possibilità di applicare il 2G. Ha ribadito che la strada sono il controllo sull’osservanza delle regole di igiene e le vaccinazioni. Anche se nel dibattito parlamentare si delinea la possibilità di applicare il 3G al lavoro, per ora non è statuito il diritto dei datori di lavoro di superare le norme di riservatezza sui dati personali e verificare che i dipendenti siano vaccinati; né cosa succede se il dipendente non dà informazioni. L’associazione di medici Margburger Bund si spinge anche oltre e indica che la logica conseguenza sarebbe di passare al 2G+, cioè testare anche tutti i guariti e vaccinati. Per l’esperto sanitario della SPD Karl Lauterbach, oltre al 2G ovunque, occorrono anche controlli severi che si spingano fino alla chiusura dei ristoranti fino a 6 settimane in caso di mancato controllo. D’altronde non sono mancate nei giorni scorsi voci come quelle del virologo Christian Dorsten, di cui ilfattoquotidiano.it ha già dato conto, ed anche dello stesso Lauterbach, che avevano indicato come possibile anche un nuovo lockdown. La nuova legge in discussione in Parlamento però non lo prevede, così come non indica la possibilità di chiusure scolastiche, privando i Länder in futuro al ricorrervi.

Oltre alla regola 2G su tutto il territorio nazionale l’Accademia scientifica Leopoldina ha suggerito che si debba imporre anche l’obbligo di vaccinarsi per le categorie a contatto con le fasce di età meno protette. Ad oggi la regola 2G è già applicata su base locale, ma con grosse differenze. La Sassonia l’ha resa obbligatoria dovunque e pure il Brandeburgo; Berlino da opzionale, come ad Amburgo che fu la prima a disporla, la rende obbligatoria da lunedì; pure la Turingia vuole applicarla dalla settimana prossima; la Baviera l’ha disposta ma ne ha escluso la ristorazione e le cure personali per le quali prevede il 3G+ cioè ammessi anche non vaccinati ma con tampone molecolare negativo; il Baden-Württemberg applicherà il 2G al raggiungimento di 390 pazienti Covid in terapia intensiva; Meclemburgo-Pomerania, Sassonia-Anhalt e Assia la prevedono come scelta opzionale per la gastronomia ed eventi culturali; in Bassa Sassonia è obbligatoria per eventi con più di 1.000 partecipanti; in Renania Palatinato vige una regola 2G+ per cui i non vaccinati sono ammessi ma in numero ridotto, ad esempio in un ristorante, se non peggiora l’incidenza settimanale, fino a 25 e si può stare senza maschera e distanziamenti. In questo marasma è stata la stessa cancelliera pro tempore Angela Merkel, per bocca del portavoce Steffen Seibert, a invocare un accordo su misure univoche al più presto possibile tra Federazione e Länder.

Per rompere l’onda, prevedibilmente già dalla settimana prossima, ci si affiderà poi di nuovo anche a test veloci gratuiti per tutti. Potrebbero essere uno strumento utile in questa fase, ma non tutti sono d’accordo nel togliere pressione a chi non si è ancora vaccinato potendolo fare. Lo stesso Spahn ha infatti segnalato che il 9 novembre sono state fatte 312.000 vaccinazioni, tante quante non se ne facevano da agosto. Non è chiaro però se siano stati richiami, o nuove immunizzazioni. Numeri che non sono sufficienti per rompere la dinamica infettiva e per il Paul-Ehrlich-Institut di Langen in Assia i test veloci non sono abbastanza sicuri, restando spesso sotto la soglia minima di identificazione del virus del 75%. A Berlino, nel frattempo, i dati centinaia di migliaia di pazienti testati col tampone molecolare sono stati diffusi per sbaglio in rete e c’è stata la possibilità di riprodurre certificati Covid falsi: il gestore WeCare Services ha chiuso la falla, ma non si conosce l’entità dei danni.

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