Dopo undici libri di cucina e oltre 2 milioni e mezzo di copie vendute, giovedì 11 novembre Benedetta Parodi esce con In cucina con Benedetta, poi per un po’ non pubblicherà più volumi culinari. “Ma non smetterò di cucinare: fare un libro all’anno è molto complicato, perché io faccio tutto da sola, foto comprese. Ora voglio dedicarmi di più ai social e alla tv”, anticipa a FQ Magazine la conduttrice di Bake Off Italia, su Real Time. Un pit stop necessario per concentrarsi su altri progetti, insomma. Il suo sogno? Ritornare con I menù di Benedetta, le cui repliche continuano da anni a riempire i palinsesti di La7d.
In cucina con Benedetta, edito da Vallardi, è il suo undicesimo libro di cucina. Ha tenuto il conto delle copie che ha venduto?
Oltre 2 milioni e mezzo. Mi hanno detto che di recente è uscita la classifica dei libri più venduti in Italia degli ultimi dieci anni e che io sto sul podio di quelli di cucina.
Soddisfatta?
Molto, ma non solo una che guarda in maniera compulsiva le classifiche e nemmeno gli ascolti. Non mi alzo dal letto pensando: “Vediamo quanto ho fatto di share”. Non sono Alice nel paese delle meraviglie ma nemmeno una ossessionata dalla fama.
Indole o autoprotezione?
Indole. Sono una tranquilla, non smanio per essere sempre sotto i riflettori, non m’interessa inseguire il successo a tutti i costi perché il mio lavoro è solo una parte della mia vita.
Non si è stufata di cucinare a oltranza in tv, sui social e a casa, da oltre dieci anni?
No, affatto. Pensi che stamattina all’alba già sfogliavo alcuni libri degli anni ’90 per reinterpretare delle ricette per il prossimo Natale. Adoro cucinare, mi rilassa ed è appagante. È un modo per sfogare il mio lato creativo. Scrivere è un’altra cosa che mi piace molto ma è più complicato, scrivo, cancello, riscrivo, m’incazzo. Cucinare invece mi viene facile.
E di scrivere libri di cucina non è ancora sazia?
In parte. Infatti, può essere che questo sia il mio ultimo libro di cucina, almeno per un po’.
Si prende una pausa?
Sì, per questo ho impostato In cucina con Benedetta come un ritorno alle origini. Fare un libro all’anno è complicato, soprattutto perché io faccio tutto da sola: cucino, impiatto, scatto le foto – per questo libro ho usato solo lo smartphone -, poi porto a tavola e faccio testare tutto alla mia famiglia. Mi prendo una pausa e mi concentrerò di più sui social e sulla tv.
Il suo sogno era scrivere romanzi ma è finita in classifica grazie ai libri di cucina.
La mia ambizione più grande era diventare una romanziera di successo ma la narrativa l’ho solo sfiorata con una saga fantasy per ragazzi. Con Una poltrona in cucina, il precedente libro, mi sono messa in gioco: prima di morire, l’editore Luigi Spagnol lesse alcuni miei racconti e mi propose di scriverne altri e trovare delle ricette che facessero da collante alla storia della mia vita. Era un modo per avvicinarmi alla narrativa in punta di piedi.
Ma un romanzo nel cassetto ce l’ha?
Macché. Ho solo tante idee per la testa.
Nel frattempo, la gara di Bake Off Italia 9 è entrata nel vivo: con oltre 600 mila spettatori di media, è sempre uno dei programmi più visti di Real Time. Come se lo spiega il successo?
Credo che il pubblico apprezzi il linguaggio e lo stile preciso. Entra in un mondo leggero, amichevole, quasi fatato. Non abbiamo mai esplorato gli aspetti più cattivi dei talent – come l’ira dei giudici o le liti esasperate tra concorrenti – e questo paga.
Ci sarà una decima stagione?
Non ne abbiamo ancora parlato, ma visto il compleanno speciale, immagino si farà.
Intanto I menù di Benedetta, che ha realizzato dal 2011 al 2013, continuano ad andare in onda a ciclo continuo su La7d. Quanto a repliche, se la gioca con il Tenente Colombo e La signora in giallo.
(ride) Questa cosa in parte mi diverte, in parte la trovo un po’ imbarazzante. Un po’ perché vanno in onda le puntate con le mie figlie che nel frattempo sono diventate più grandi di me, un po’ perché mi sembra una presa in giro nei confronti del pubblico. L’altro giorno mi ha fermato una signora dicendomi: “Oggi ha fatto la tarte tatin, che brava”. Peccato siano passati dieci anni.
Su La7 invece era tornata con Senti chi mangia.
Era un format molto carino, in cui credevo, ma ha avuto una storia travagliata e quando è stato comprato dalla Rai mi sono tirata indietro.
Perché?
Il programma funzionava ma non mi hanno convinto certe cose. Il mio ritorno in Rai lo immaginavo legato a un progetto complessivo più articolato.
Il successo le esplose tra le mani con Cotto e mangiato: a distanza di dieci anni, quel format viene ancora identificato con lei. E pensare che tutto nacque grazie a una ciambella…
Portai una ciambella con le gocce di cioccolato e al direttore dell’epoca, Giorgio Mulè, che conosceva la mia passione per la cucina, venne l’idea di una rubrica di food. Fu l’intuizione giusta perché c’era lo spazio per parlare di cibo, bisognava solo riempirlo.
La sua fortuna quale fu?
Cambiare il linguaggio: fino a quel momento c’era stata solo La prova del cuoco. Antonella Clerici era ed è la numero uno ma gli chef agivano e parlavano da chef. Io invece ero come chi mi guardava: la vicina di casa, una professionista in carriera, mamma di tre figli che cucinava con i surgelati e le padelle rigate, con un figlio sotto il tavolo e il postino che suonava alla porta.
Il suo modo di cucinare fu criticato dai puristi: c’è qualche ricetta di cui si pente?
Ma no, figuriamoci. Più mi criticavano più gli ascolti salivano. Io poi non mi sono mai presa troppo sul serio, se sbaglio non lo nascondo anzi, ci metto il punto esclamativo. Mi piace l’ironia, contaminare la cucina con la realtà, essere in tv come sono nella vita. Sbagli compresi.
Eppure, l’impressione è che lei sai sempre molto composta e poco stropicciata.
Ma non sono né composta né bon ton. Sto nel mio, non mi piacciono le polemiche, faccio ciò che mi piace fare, non ho lati dark o trasgressivi, anche se da ragazza ero parecchio scatenata. Oggi prevalgono la riservatezza – in questo sono molto piemontese – e la mia normalità.
Tornando a Cotto e mangiato: quando se ne andò, Mediaset cancellò ogni riferimento a lei dal programma. Vi siete lasciati male?
No, anzi, andai via in lacrime e non c’è mai stata una lite o uno scontro. E non ho mai capito quel gesto. Me ne andai perché volevo crescere e non ci fu mai da parte loro il desiderio di investire in un programma di cucina. E pensare avevano un tesoretto tra le mani.
Le piaceva fare la giornalista?
Non più di tanto. Così come non mi è mai piaciuto condurre il telegiornale: non sono una precisa e ogni volta per me era come fare un numero di funambolismo. Mi piace raccontare storie, quello sì, ma non sono curiosa e questo è limite per chi vuole fare giornalismo.
Il paragone con sua sorella Cristina, che già da dieci anni era un volto di punta del TG5, è stato limitante?
Non lo è stato, anche perché Cristina non solo è mia sorella ma è una professionista che stimo molto. Poi io sono entrata facendo sostituzioni estive e sostituzioni di maternità, non ho mai avuto la strada spianata per il cognome. Lavoravo, facevo il mio e stavo schiscia, come si dice a Milano.
Le dispiace non vederla in tv da diverso tempo?
Ovvio. Ma Cristina ora è molto concentrata sulla sua linea di moda e si sta divertendo come una pazza. Io sono contenta di vederla felice… e poi mi regala un sacco di vestiti.
L’esperienza di conduzione in coppia con lei a Domenica In l’ha metabolizzata?
A distanza di anni sì, ma fu molto doloroso essere bersaglio di critiche di ogni tipo. Io che venivo dai programmi di cucina non ero abituata a quelle cattiverie e ho sofferto parecchio. Le nostre colpe ce le siamo prese e penso che in corsa avremmo anche potuto aggiustare il programma ma alla fine prevalsero delle dinamiche che è inutile rivangare adesso.
Le polemiche furono ingigantite anche dal fatto che suo cognato Giorgio Gori era un esponente di spicco del Pd?
Forse. Ma per altro gli ascolti non furono poi così disastrosi come qualcuno scrisse. C’è chi ha fatto peggio di noi. A ferirmi davvero furono le allusioni sulle presunte tensioni tra me e Cristina: il nostro rapporto è sempre stato super saldo e di sicuro non litigherei con lei per un programma. Se c’è una cosa su cui sono sicura, è l’amore per la mia famiglia.
A proposito di famiglia. In Un poltrona in cucina, racconta che sua mamma non è esattamente una cuoca provetta: che dice vedendola continuamente ai fornelli?
Quando lasciai Studio Aperto era preoccupata, non capiva la mia scelta. Poi quando mi ha visto realizzata, ha cambiato prospettiva. Ma ancora oggi mi dice: “Perché cucini così tanto? Non ti stanchi inutilmente?”. Ci provo a farle capire che per me non è una fatica ma abbiamo due mentalità opposte.
Suo padre è mancato nel 2012: che pensava della sua svolta culinaria?
Inizialmente anche lui era titubante, poi però era fierissimo di me, gli si illuminavano gli occhi. Papà era un ingegnere, progettava altiforni, era un uomo molto pragmatico. Ma aveva un lato creativo e pratico molto spiccato: dipingeva, faceva marmellate, non stava mai fermo. E in cucina era il re delle grigliate.
Suo marito Fabio Caressa invece l’ha conquistata con un piatto di pennette alla vodka. Peggio quelle o la cravatta gialla con i maialini che indossava la prima volta che vi siete visti?
(ride) La cravatta era inguardabile, le pennette tutto sommato gustose. A Fabio devo molto, anche dal punto di vista professionale: mi ha insegnato a fare la giornalista e ad affrontare con il piglio giusto le sfide professionali.
C’è rivalità in famiglia?
Non siamo la famiglia perfetta del mulino bianco ma abbiamo trovato l’equilibrio giusto, dunque nessuna rivalità. Ci teniamo entrambi con i piedi per terra, quando uno esagera l’altro gli dice “sgasati”. Questo ci ha legato molto. Ed essendo entrambi dei gran lavoratori, alla fine non abbiamo il tempo per entusiasmarci troppo.
Suo marito spesso è al centro delle polemiche: lei come le vive?
Ho capito da tempo che nel calcio ogni pretesto è buono per alzare un polverone da parte delle tifoserie e delle squadre. Ma Fabio ha dimostrato di essere al di sopra delle parti. Infatti, il suo ingresso sui social è stato accolto molto bene, lo seguono con affetto e le critiche sono pochissime.
C’è un no professionale di cui si pente?
Ne ho detti molti e sono stati funzionali a qualcosa, dunque non me ne pento. Non sono una workaholic, ho un programma che mi piace e che mi impegna solo quattro mesi l’anno, mi posso godere i figli. Mi sento sicuramente una privilegiata per questo.
Il sogno professionale da realizzare?
Vorrei rifare I menù di Benedetta, anche da domani. Quello è il mio mondo e la gente mi chiede spesso di ritornare. Mi piace cucinare e interagire con gli ospiti, perché ai fornelli tutti ci lasciamo andare.
Ospiti della prima puntata: Benedetta Rossi o Sonia Peronaci?
Nessuna delle due. Il bello è giocare con i contrasti. Inviterei Mario Draghi, oppure Massimo Bottura che però fa un po’ il prezioso. Cracco e Cannavacciuolo invece sono più disponibili e sanno stare al gioco.