Mi capita di avere un fratello scrittore di cui sono orgoglioso, si chiama Roberto e di cognome come potete immaginare fa Farina. Gli ho insegnato a leggere su Topolino, torturandolo con coppini a ripetizione, come ogni decente e prepotente fratello maggiore deve fare. Roberto poi è cresciuto, cresciuto, cresciuto, da Topolino è passato ad Andrea Pazienza (il suo primo libro pubblicato da Coniglio si chiamava I dolori del giovane Paz), e nel suo percorso di crescita ha incontrato Pippo Bruschera, il papà di Matteo, un suo caro amico.

Pippo era un collezionista di un pittore dal nome enigmatico: Giandante X. Un giorno Pippo disse al figlio Matteo: “Questo tuo amico è scemo come gli altri o con lui ci si può parlare di arte?”. Così iniziò tutto, Pippo mostrò a Roberto una serie di quadri di Giandante X e Roberto si innamorò perdutamente delle parole di Pippo e di conseguenza di Giandante X. Il seme e un terreno fertile, il seme-Pippo e il terreno-Roberto. Da questo amore è nato un libro scritto da mio fratello, pubblicato da Le Milieu Edizioni: Giandante X (che fra pochissimo uscirà in una nuova edizione arricchita). Questo per chiarire il legame affettivo che lega mio fratello a questo pittore. Un pittore combattente, irriducibile, coraggioso. Come mio fratello.

E ora veniamo a Freddy Battino, responsabile del Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea della casa d’aste Il Ponte. Lo stesso Battino in una intervista definisce così il proprio ruolo e la propria missione: “Sicuramente ci distinguiamo per la nostra disponibilità e attenzione verso la clientela, ma anche e soprattutto perché dedichiamo un’attenzione particolare a quella fascia di artisti storici dimenticati dal mercato attuale. Non facciamo un lavoro dedicato ai soliti noti che oggi stanno vivendo un momento di elevato interesse sia in patria sia all’estero, ci impegniamo costantemente a tenere viva l’attenzione verso quel mercato considerato minore che sta già riservando segnali di risveglio e che ha grandi margini di rivalutazione”.

Queste sono le parole del Battino Freddy, i fatti sono altri, sono fatti, o fattacci se preferite, che hanno indignato mio fratello e che lo hanno spinto a scrivere una lettera aperta all’assessore alla cultura di Milano Filippo Del Corno, lettera che è stata rilanciata da alcuni operatori del settore che hanno a cuore questa sacrosanta battaglia contro lo svilimento e la svendita di artisti importanti della nostra storia, che hanno l’unico demerito di non essere delle celebrità protette dal cosiddetto mercato.

Mi faccio portavoce delle parole di mio fratello che condivido appieno.

Gentile Assessore Del Corno,

lo scorso 14 settembre una casa d’aste milanese ha stabilito 100-120 euro come base d’asta di un lotto di 17 disegni a carboncino di Giandante X. Con Giandante non si era mai scesi così in basso, se si eccettua una incisione del 1927 intitolata Barbarico, per la quale nel novembre del 2020 fu fissata da un’altra casa d’aste milanese una base di 10 euro.

Stabilire una cifra infima come base d’asta non è dignitoso, né professionale: porta a un deterioramento dell’immagine dell’artista e a un giudizio sbrigativo della critica e del pubblico, con conseguente crollo ulteriore dell’interesse e delle quotazioni (sempre che sia possibile scendere più in basso di così). Come potrà una galleria d’arte investire su Giandante e su altri artisti come lui, se le case d’asta, volte al guadagno immediato, continuano a svenderne le opere?

Dovrebbero muoversi le istituzioni. Si cercano col lanternino maestri che diano lustro alla città, e ci si dimentica di questo colosso del Novecento, nato e vissuto a Milano, solo perché non è un affare lucroso?

120 euro diviso 17 fa 7,5882353 a opera. 7,5882353 euro per dei carboncini degli anni Venti, Quaranta e Sessanta di un protagonista delle avanguardie degli anni Venti, che ha attraversato la Storia del Novecento. Considerato dalla critica uno dei creatori del Razionalismo italiano, solo nell’ultimo decennio gli sono state dedicate delle mostre alla Galleria Consadori, alla Fondazione Corrente, alla Ex Fornace (a cura dell’ANPI) e a Villa Venino di Novate Milanese. Nel 2020 una scultura di Giandante è stata esposta alla mostra “Anni Venti in Italia” tenutasi a Palazzo Ducale, Genova.

Stimato da Mario Sironi, Aligi Sassu, Ernesto Treccani, di Giandante hanno scritto Raffaello Giolli, Giulia Veronesi, Alfonso Gatto, Raffaele de Grada, Mario de Micheli, Gino Traversi, ieri; Dino Formaggio, Antonello Negri, Roberto Dulio oggi.

Non c’è nulla di sconveniente nel fatto che la produzione tarda di Giandante abbia quotazioni molto basse, come del resto era nelle intenzioni dell’artista: “Un quadro in ogni casa”, diceva lui stesso negli anni Settanta. Ma che delle rare opere degli anni Venti siano buttate sul bancone a dieci euro è dannoso per tutti. All’asta del 14 settembre era presente qualche appassionato, e così il lotto è stato aggiudicato a 1300 euro. Poco più di settanta euro a disegno, molto poco, ma la situazione sarebbe sprofondata ancora di più, se non fosse stato per quegli estimatori: capita spesso l’asta al ribasso, come al mercato del pesce.

Di solito succede questo: muore un nonno che ha conservato delle opere d’arte per tutta la vita. Il nipote vende ogni cosa e per incassare in quattro e quattr’otto si rivolge a una casa d’aste qualsiasi. Queste farebbero bene a consigliare al nipote di contattare un privato o un rigattiere, i quali non hanno verso il mercato le stesse responsabilità di una casa d’aste. Invece gli si dice: dia qua. Ci si liscia la cravatta, ci si assesta sulla poltroncina tutta pelle, molle, rotelline e si pensa: vediamo che cosa possiamo ricavare da questa roba.

Ciò che è originario, vitale, perenne, non può essere prezzato e appeso al tabellone con criteri strettamente utilitaristici, arbitrari, convenzionali. Così facendo, la circolazione dell’arte si riduce a una vuota meccanica di interessi. Bisogna agire con nobiltà d’ideali, con amore, se non vogliamo che trionfino le lapidi ambulanti, i somari, gli scrocconi e i venduti alla logica del profitto.

Giandante ha lottato per i più e i meno: i più numerosi, i meno fortunati. Ci ha nutrito di bellezza, di verità e di sogni. Non ha mai fatto male a una mosca, ha combattuto i lupi. E ora gli si getta in faccia una manciata di monetine?

Giù le mani da Giandante X. Non si tratta solo di lui, ma di noi tutti: qui è della nostra vita che si fa commercio. Una volta ho assistito a un’asta. Il battitore era disinvolto e determinato. Se gli avessero amputato le mani, avrebbe battuto le offerte con la fronte. Pappagallo del denaro, sillabava il vuoto.

Cordialmente,
Roberto Farina

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