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La statua della spigolatrice di Sapri non è sessista, ma semplicemente brutta

La statua della spigolatrice di Sapri non è sessista, ma semplicemente brutta
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E’ più rivoluzionario e moderno nella sua essenzialità, l’olio su tela de “Le Spigolatrici” (Des glaneuses) che Jean-François Millet realizzò nel 1857 , oggi conservato al Musée d’Orsay di Parigi, che la statua in bronzo della Spigolatrice inaugurata qualche giorno fa a Sapri, in provincia di Salerno, che ha suscitato l’indignazione generale per l’evidenza delle forme generose.

Quando la tela di Millet fu esposta nel salon parigino del 1857, suscitò scalpore perché la forza espressiva delle tre spigolatrici dai colori gessosi e densi, chine a raccogliere le spighe, restituiva e denunciava lo stato di prostrante e dolorosa miseria dei braccianti francesi, ai quali i latifondisti permettevano di raccogliere le spighe di grano rimaste sul campo dopo la mietitura. Le tre spigolatrici di Millet nella loro composta dignità, sono tozze, piegate dalla fatica, hanno le mani gonfie e la pelle scorticata dal sole.

La spigolatrice di Sapri – al centro della poesia di Luigi Mercantini dedicata al tragico fallimento di insurrezione anti borbonica nel Cilento – rappresentata da Emanuele Stifano, scultore autodidatta di Moio della Civitella, altro non è che una giovane donna priva di grazia, dalla mascella mascolina, che indossa uno scombiccherato e lezioso abito trasparente, immortalata in una posa stucchevole.

La statua è stata definita “uno schiaffo sessista” che ha sollevato un’ondata di polemiche; dobbiamo chiederci (ma c’è bisogno di chiederlo?) la scultura di Stifano va “giudicata” con i criteri del sessismo o invece va rispettata la sua natura artistica?

Innanzitutto dovrebbe sussistere la condizione della natura artistica dell’oggetto: non basta, infatti, essere scultori per dirsi artisti, e Stifano è certamente scultore, ma a mio parere artista dell’ovvio, massimalista della banalità. Che ha introiettato, forse inconsapevolmente, dei modelli femminili stereotipati, convenzionali; velineschi; e assieme a lui, la committenza, che nulla ha avuto da eccepire davanti a una spigolatrice che evoca un ideale di donna più vicina al bancone di Striscia la notizia, che al pathos e alla storia della donna fiera e coraggiosa della poesia di Mercantini.

La statua va rimossa? , perché – in stretta sintesi – sposta in modo significativo la riflessione dalla rilevanza estetica, al centro estetico, dal trattato dell’Arte della Scultura, al trattamento della liposcultura e della gluteoplastica.

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