Credevamo che per la Juventus bastasse richiamare Max Allegri per tornare ad essere la squadra che ha dominato il campionato italiano per un decennio, specie dopo il ridimensionamento dell’Inter e l’assenza di grandi alternative. Ci avevano creduto un po’ tutti, tifosi e commentatori, dando praticamente all’unanimità i bianconeri come favoriti, e probabilmente ci aveva creduto la stessa Juventus, il presidente Andrea Agnelli, convinto di aver trovato la soluzione più semplice ai mali degli ultimi tempi. Ci eravamo sbagliati. Quella squadra, la Juventus di Allegri, non esiste più.

Le prime due giornate di Serie A sono sempre calcio d’agosto, col mercato aperto, le formazioni in costruzione e i ritmi blandi per il caldo, inutile guardare la classifica, ridicolo trarre conclusioni affrettate. Eppure almeno sulla Juve un’indicazione è arrivata. Non tanto nella stecca all’esordio contro l’Udinese, un brutto pareggio che però con un po’ di fortuna (le papere di Szczesny, il gol annullato a Cristiano Ronaldo nel recupero) avrebbe potuto tranquillamente essere la solita vittoria in extremis dei bianconeri. Il velo è caduto sabato, nella figuraccia casalinga contro l’Empoli. E non solo per il risultato.

La Juventus è stata letteralmente dominata da una piccola neopromossa, sotto tutti i punti di vista, tattico, fisico e psicologico. Quei limiti che avevamo tanto sottolineato e criticato l’anno scorso durante la disastrosa gestione di Andrea Pirlo, non sono spariti, anzi, si sono riproposti, se possibile aggravati. La Juventus è una squadra assemblata male: ha un centrocampo non all’altezza delle prime posizioni (e l’arrivo di Locatelli da solo non basterà a sistemarlo), una difesa vecchia che non può fare affidamento ancora soltanto sul carisma di Bonucci e Chiellini, un attacco spuntato, con troppe ali e fantasisti e poco peso in mezzo all’area. Soprattutto, non ha più un’identità di squadra vera, ormai annacquata nei troppi campi di moduli e nei tanti equivoci tattici. A tutto questo, si è aggiunta la partenza di Ronaldo: il portoghese era ormai diventato un peso per i bianconeri, in campo e a bilancio, ma era pur sempre un campione da 30 gol a campionato, in grado di nascondere con la sua presenza ingombrante tutti gli altri problemi. Partito lui (e senza un sostituto all’altezza), la Juventus non avrà nemmeno più l’alibi o la foglia di fico per le sue mancanze.

In questo clima, sono già piovute le prime critiche su Allegri. C’è chi contesta le sue scelte (ed in effetti se il 4-3-1-2 iniziale contro l’Empoli con McKennie trequartista e Danilo regista lo avesse schierato Pirlo, ora se riderebbe per giorni), chi addirittura lo mette in discussione sostenendo che non possa essere lui l’uomo giusto per la rifondazione. È presto per fare il funerale alla Juve e ad Allegri. Le rivali ancora ricordano bene il campionato 2015/2016 , in cui i bianconeri partirono malissimo (proprio come ora), sembrava la fine di un ciclo, invece poi misero insieme 15 successi di fila vincendo a mani basse lo scudetto e lasciando le briciole alle avversarie.

Certo è che se il piano era resettare le ultime due stagioni, sistemare la difesa e con i gol di Ronaldo tornare ad essere competitivi, dopo due giornate pare già andato in fumo: la Juventus ha capito che tornerà al passato non le basterà per rivincere lo scudetto. Questo non vuol dire che non potrà vincere comunque. È solo che la Juve di Allegri per come la conoscevamo è finita. Allegri dovrà costruirne una nuova.

Twitter: @lVendemiale

Articolo Precedente

Via Cristiano Ronaldo, Lukaku, Donnarumma: la Serie A (senza soldi) dei campioni d’Europa adesso è anche senza stelle

next
Articolo Successivo

Junior Messias, dalla pulizia dei mattoni alla Champions con il Milan: storia dell’attaccante emerso dalla polvere

next