Quando c’è da tagliare i costi, Andrea Riffeser Monti, il presidente e ad di Monrif, editore del Quotidiano Nazionale, nonché de Il Giorno, Il Resto del Carlino e La Nazione, non si tira certo indietro. Salvo, come vedremo, quando riguardano il suo di stipendio. La crisi dei giornali impatta anche sul suo gruppo e in questi giorni ha appena annunciato un piano di prepensionamenti per 37 giornalisti, condito da nuova cassa integrazione. È l’ennesimo ricorso agli ammortizzatori sociali per il presidente della Fieg, la Confindustria degli editori italiani.

Solo nel 2020 ci sono stati 85 pre-pensionamenti, che hanno alleggerito i conti del gruppo. L’anno della pandemia ha visto l’intero gruppo Monrif liberarsi di forza lavoro per un valore di 10 milioni di euro, un taglio secco del 15% in 12 mesi con il costo del lavoro passato da 66 milioni del 2019 ai 56 milioni di fine 2020. A inizio del 2019 i dipendenti totali a tempo indeterminato di Monrif erano 924 a fine dello scorso anno erano scesi a 813. E ora il nuovo esodo. Certo la crisi è evidente. I ricavi del gruppo sono scesi da 174 milioni a 144 milioni in un anno e la perdita consolidata è stata di 8,4 milioni. A vedere bene però il grosso del calo del fatturato, causa ovviamente il Covid, è avvenuto nel business alberghiero, l’altro braccio dopo l’editoria di Monrif, che ha perso ben 16 milioni di ricavi in un anno.

E così, il presidente degli editori, ha preso in mano l’accetta e ha cercato di recuperare la caduta delle entrate con quel sonoro taglio dei costi del lavoro per 10 milioni solo l’anno scorso. La via canonica che imboccano gli imprenditori quando il giro d’affari flette. Tutto secondo logica, ma c’è un ma. Bravo a usare la forbice sui suoi dipendenti, meno rapido o meglio inerte quando si toccano i propri emolumenti. Già perché Riffeser Monti nel 2020 non ci ha pensato proprio a contribuire allo sforzo collettivo. Lui ha incassato emolumenti per 1,49 milioni di euro da Monrif e i suoi due figli Matteo, vicepresidente del gruppo e Sara che siede nel Cda hanno portato a casa stipendi per 248mila euro il primo e 221mila euro la seconda. In totale la famiglia proprietaria del gruppo editorial-alberghiero ha incassato quasi 2 milioni di euro, pur in un’annata funesta come quella del Covid. Livelli di remunerazione che sono la metà di quanto prendono grandi banchieri e capitani di grandi industrie. Peccato che Monrif fatturi solo poco meno di 150 milioni.

Ma non c’è solo la discrasia tra il suo portafoglio personale e i sacrifici chiesti ai dipendenti. Le perdite di Monrif sono più dovute agli impatti finanziari sul bilancio che non ai costi operativi (tra cui il lavoro). Il margine lordo industriale (ricavi meno costi) resta infatti positivo anche per Editoriale Nazionale, la società che raggruppa i giornali. Monrif paga dazio sulle perdite per gli ammortamenti e per gli interessi sull’alto debito finanziario di 90 milioni. Ogni anno paga di oneri finanziari oltre 4 milioni di euro. E quel debito l’ha contratto il presidente degli editori italiani, non certo i dipendenti.

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