Il governo “salva” ancora Mario Vattani, il “console fascio-rock” designato il 29 aprile scorso dal Consiglio dei Ministri ambasciatore italiano a Singapore. Ci sono voluti quasi due mesi per una risposta sulla questione di cui si è incaricato oggi il viceministro Marina Sereni del Pd durante il questiontime di oggi alla Camera dei Deputati. E’ lei a rispondere in aula all’interrogazione urgente presentata dal collega di partito Roberto Morassut che chiedeva a Luigi Di Maio di fare un “passo indietro”, a garanzia della rappresentanza di valori pienamente aderenti alla Repubblica antifascista e alla Costituzione.

La viceministro elenca i meriti professionali di Vattani, ricostruisce la complessa vicenda del richiamo da Osaka come sanzione per l’esibizione nel 2011 sul palco di Casa Pound nelle vesti del camerata “Katanga”. Ma è sul piano politico che difende la scelta. Sebbene la Sereni bolli come “deprecabile” quell’episodio fa quadrato sul nome designato dai ministri. E lo fa con un’argomentazione che, alle orecchie dell’interrogante, contraddice i motivi per non farla.

“Comprendo naturalmente la sensibilità che anima gli interroganti – legge la viceministro – sentiamo forte il fermo ancoraggio dell’Italia ai valori di democrazia libertà e antifascismo. Ma sono posti proprio i valori posti a fondamento della Repubblica, in particolare quello stato di diritto che la barbarie fascista aveva calpestato a ricordarci che la tutela dell’interesse pubblico è assicurata dal rispetto della legge. E il rispetto della legge in questo caso specifico è rappresentato da una sanzione debitamente scontata e da un incarico conferito sulla base dell’impegno dimostrato e della preparazione professionale”.

Segue avvitamento nella difesa della via d’uscita per confermare la scelta: “Rinunciare a una rigorosa tutela delle regole e dello stato di diritto sarebbe un errore, rappresenterebbe un tradimento di quei valori: non lo abbiamo fatto neanche negli anni più difficili e bui della storia repubblicana. Gli ambasciatori vengono nominati dal Cdm nella sua collegialità e l’alto ruolo istituzionale che ricoprono impone loro una stretta aderenza ai valori della nostra Costituzione, è ad essi che gli ambasciatore sono vincolati è ad essi che sono chiamati a servire e e rappresentare l’Italia all’estero”.

Proprio questa chiusa offre al collega di partito gli elementi più forti per dichiarare la sua assoluta insoddisfazione. “Non abbiamo chiesto il licenziamento di Vattani o la sua espulsione dai ranghi dello Stato – replica Morassut – proprio perché questa è una Repubblica tollerante e democratica a prescindere anche dalla discriminante fascista, il punto è che Mario Vattani in questi anni non ha mai dato prova di un ravvedimento rispetto alla sua professione di fede fascista, quando saliva sul palco ricambiando saluti romani e girava l’Italia scrivendo e cantando canzoni con questi titoli: “bandiera nera”, “presente!”, “squadristi”, “avanguardia”. Non c’è notizia di un ravvedimento rispetto a quel tipo di orientamento. La domanda che abbiamo posto è relativa alla componente discrezionale che un ministro ha di nominare un ambasciatore valutando certo il suo cv professionale, il suo percorso e le capacità ma anche l’opportunità che quella persona possa degnamente e completamente rappresentare valori della Repubblica Italiana e della Costituzione. Su questa ci permettiamo di dire che è una valutazione sbagliata da parte del ministero nell’aver operato una scelta che va in contraddizione coi valori della Repubblica. A me no che non vi sia prova di un ravvedimento e di una esplicita adesione ai valori della Costituzione. Ad oggi questo non è possibile testimoniarlo”.

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