Era ormai da parecchio tempo che mi chiedevo quando la destra sarebbe intervenuta sui temi verdi. In questi ultimi anni, infatti, la Lega di Salvini, ma anche Fratelli d’Italia della Meloni, si sono sempre contraddistinti per una completa indifferenza al tema, spesso, specie la Lega, oscillando verso posizioni addirittura negazioniste del cambiamento climatico, quelle che d’altronde sono portate avanti da giornali che li rappresentano come Libero, Il Giornale, ma anche il Foglio e La Verità. Questo silenzio mi è sempre sembrato preoccupante, perché nel frattempo in Europa nascevano coalizioni verdi, come quella che in Australia è andata al governo, appunto, con i conservatori. Ho sempre ritenuto una destra verde un problema italiano, esattamente come quello, d’altronde, di non avere una sinistra verde (probabilmente le due cose sono legate).

Ho salutato dunque con favore pochi giorni fa la decisione di Giorgia Meloni di fare una conferenza stampa durante la giornata della Terra per schierare il suo partito sul fronte “verde”. Anzi, secondo Meloni la destra è sempre stata ecologista, elemento che francamente non è mai apparso così evidente. Ecologista, però, secondo Meloni è l’antitesi di “ambientalista”, definizione rifiutata dalla destra perché portatrice, chissà perché, di una valenza ideologica. Meloni cita l’origine etimologica della parola ecologia, che deriva da “studio” e “casa”, per arrivare a dire che l’ecologismo è l’amore della propria casa, dunque della propria patria. E’ dunque qualcosa legato al “locale” contro l'”omologazione globalista”.

Un ecologismo che parte dalle piccole cose, come “la difesa delle api”. Soprattutto, ed è un punto importante, Meloni contesta, pur senza citarlo, il concetto di Antropocene e spiega che il loro obiettivo è far prosperare l’uomo difendendo l’ambiente. Dunque crescita e protezione ambientale non sono opposti. Non manca una critica alla Cina e all’importazione di merci cinesi, l’auspicio di dazi per chi non aspetta norme ambientali, infine la sottolineatura più importante: “Non dobbiamo lasciare il tema dell’ambiente in mano alla sinistra“.

Questa tesi è anche quella di un altro relatore della conferenza stampa, Francesco Giubilei, direttore di Nazione Futura, il cui ultimo numero è dedicato all’ambiente. Giubilei attacca la sinistra ambientalista globalista e liberal rappresentata da Greta Thunberg, parla di un ecologismo radicato nella nostra storia e cultura, persino nella storia dell’arte (vedi la Vergine della Rocce di Leonardo o le Bucoliche di Virgilio), ricorda che protezione ambientale ed economia devono andare di pari passo e infine dice anche che un tema della destra deve essere la difesa dei più deboli durante la transizione ecologica. Per chiudere il quadro, l’elemento della spiritualità ricordato da Nicola Procaccini, il vedere nella natura il soffio di Dio, la protezione del creato etc.

Ora, è chiaro che questa visione da un lato ha enormi limiti, dall’altro è grottesca perché dipinge un quadro bucolico senza tuttavia rispondere ai problemi che l’evidenza, insieme alla scienza, pongono ormai da anni. Non a caso Meloni non cita mai il tema del riscaldamento globale, dei tetti alle emissioni, della decarbonizzazione (citata in un passaggio per dire che deve essere “realistica”). Il fatto che l’ambientalismo finisca per diventare la protezione della propria patria è assurdo proprio perché il problema delle emissioni è globale, non esiste un’atmosfera “sovranista”, insomma le emissioni della Cina arrivano a noi proprio come le nostre altrove. Insomma è chiaro, senza dilungarmi, che con questa visione non si va da nessuna parte, non si risolve, cioè, il problema del cambiamento climatico che è la base fondamentale di ogni difesa dell’ambiente. E tuttavia, secondo me, noi “di sinistra”, se ha ancora senso dirlo, abbiamo comunque da imparare da questo approccio, oltre al fatto che appunto, è bene che ci sia una destra ecologista perché questo spinge anche l’altra parte a muoversi su quel terreno.

E allora, in sintesi, ecco i punti che potremmo importare. Ricordare l’importanza del locale è fondamentale. Non basta parlare solo della terra, delle emissioni globali, degli accordi climatici internazionali (di cui comunque in verità si parla poco). Serve anche davvero partire dal locale, non dimenticarlo, perché per un cittadino è più facile essere coinvolti nella battaglia ambientale partendo dalla lotta per gli alberi abbattuti davanti a casa. Unire globale e locale è senz’altro una scelta migliore. Secondo aspetto importante, limitare l’uso del concetto di Antropocene. E’ fondamentale evitare toni estremamente apocalittici, ma soprattutto evitare l’equazione uomo uguale male, natura uguale bene. Non è così, eppure questa visione viene portata avanti con sempre maggiore forza. Terzo: giusto criticare una crescita indiscriminata, ma l’antitesi tra protezione della natura e sviluppo andrebbe smussata, evitando l’idea che occorra cambiare totalmente e completamente vita, cosa che le persone percepiscono come irrealistica e che di fatto porta all’impotenza.

Quarto punto: ricordare la centralità della difesa dei deboli nella transizione ecologica, che non sarà possibile senza protezioni sociali. Infine, non disdegnerei neanche il recupero di un aspetto soggettivo e spirituale, e in generale culturale. Forse in tutta questa storia dell’ambiente, c’è molta scienza, che va benissimo, ma poca riflessione culturale. Invece la cultura, e anche la religione, sono elementi importanti per spingere le persone a proteggere l’ambiente, linguaggi meno freddi e più vicini ai sentimenti delle persone. È più facile, a livello “popolare”, fare scelte ecologiche pensando che la natura abbia un’anima, sia un organismo vivente da rispettare piuttosto che in nome della riduzione delle emissioni. Ci sarebbe molto altro da dire ma mi fermo qui. Senza dubbio, di questo ecologismo conservatore sentiremo riparlare. Meglio evitare di ridicolizzarlo, prendendo invece spunti che possono essere utili anche per noi.

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