“Siamo entusiasti di questa operazione che crea una combinazione unica nella diagnostica”. Per Carlo Rosa, amministratore delegato di Diasorin, l’acquisizione della società statunitense Luminex per 1,8 miliardi di dollari (1,5 miliardi di euro) ossia 37 dollari per azione, è un’iniziativa senza precedenti che rafforza il ruolo internazionale del gruppo italiano produttore di test medicali. “Rosa ha saputo proiettare Diasorin nel futuro – spiega Paolo Barbanti, esperto del settore medicale della società di consulenza Pharma & Biotech advisor – Questa mossa segna un momento storico nella vita dell’impresa. In un certo senso, rappresenta una giusta e naturale evoluzione imprenditoriale dopo il successo del test antiCovid sviluppato da Diasorin con il San Matteo di Pavia”. Con questa operazione, il gruppo italiano, controllato dalla famiglia Denegri, cresce infatti in maniera esponenziale nel mercato della diagnostica molecolare pagando un premio compreso fra il 30 e il 47 rispetto al valore medio ponderato delle azioni negli ultimi tre mesi. Dalle nozze nascerà un gigante da 1,25 miliardi di fatturato con un margine operativo da 472 milioni e una posizione finanziaria netta positiva per 335 milioni. Ma soprattutto per Diasorin, l’affare Luminex inaugura un nuovo capitolo di una storia italiana di successo che affonda le sue radici in Piemonte da oltre 50 anni.

L’azienda nasce infatti a Saluggia, in provincia di Vercelli, nel 1968 su iniziativa della Fiat e della fiorentina Società generale per l’industria mineraria e chimica, poi confluita in Montedison, viene battezzata Società Ricerche Impianti Nucleari Sorin. Gli affari vanno bene, ma nel 1997 i soci decidono di venderla alla multinazionale American Standard International. Non passano nemmeno tre anni che l’impresa torna sotto la bandiera italiana con un’operazione di management buyout (acquisto da parte di manager interni all’azienda, ndr) che vede in prima linea i ricercatori che ne hanno fatto la fortuna. Con il sostanziale aiuto finanziario di Gustavo Denegri, imprenditore della componentistica auto, già direttore della Piaggio fino alla metà degli anni ’90, attualmente presidente di Diasorin, nonché uno degli uomini più ricchi del mondo con un patrimonio da 4,8 miliardi di dollari secondo le stime della rivista americana Forbes. La stessa che lo indica piazza al 550 posto nell’elenco dei paperoni internazionali. Il gruppo di scienziati che rilevano l’azienda è capitanato invece da Umberto Rosa, padre dell’attuale amministratore delegato Carlo, ma soprattutto l’uomo che, già nell’era della Fiat, aveva realizzato la conversione dell’azienda nucleare in Sorin-Biomedica e che aveva guidato la società anche dopo l’acquisizione da parte di Snia nel 1986.

Agli inizi del Duemila, grazie alla lungimiranza di soci e manager, inizia la metamorfosi dell’azienda, inizialmente strutturata su diagnostica in vitro e valvole cardiovascolari, per concentrare l’attività del gruppo sui soli test medicali. Parte così la campagna acquisti internazionale fortemente sostenuta dalla famiglia Denegri controllata con oltre il 44% da IP Investimenti e Partecipazioni, detenute dalla holding Finde. Nel 2002 arriva la prima conquista: DiaSorin compra Byc Sangtec e i diritti per il Liaison, la prima piattaforma immunodiagnostica del gruppo. A luglio del 2007 arriva anche il debutto a piazza Affari cui segue un anno dopo l’acquisizione dell’azienda Biotrin, leader mondiale nella diagnostica delle infezioni materno fetali.

Da quel momento si moltiplicano gli accordi internazionali e la presenza nel mondo grazie ai test per l’Aids che vengono commercializzati attraverso partnership con gruppi come la svizzera Roche, l’indiana Trivitron o la statunitense Beckman Coulter. “Lo scorso anno c’è stata poi la grande sfida dello sviluppo del test molecolare e sierologico per il Covid-19 – conclude Barbanti – Un’esperienza che ha dimostrato la qualità del lavoro svolto dall’azienda, dando un contributo importante nel pieno dell’emergenza sanitaria”. Risultato: Diasorin ha chiuso il 2020 con un fatturato da 881 milioni (+24,8%), un utile da 248 milioni (+41%), la presenza in 120 Paesi, 200 ricercatori e circa duemila dipendenti che lavorano nelle sedi in Europa e negli Stati Uniti. “Siamo orgogliosi del ruolo che abbiamo ricoperto in questo frangente” scrive Denegri nella lettera agli investitori allegata al bilancio 2020. Ne sono soddisfatti anche gli investitori a piazza Affari: da gennaio 2020 ad oggi, nell’anno nero del Covid, le azioni Diasorin hanno guadagnato più del 30%, passando da circa 116 euro agli attuali 151 euro.

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