Pietro Santapaola, attaccante primavera del Cosenza, è stato “emarginato dalla squadra esclusivamente alla luce dei precedenti del padre“. È l’accusa che il legale del 19enne, Salvatore Silvestro, muove nei confronti del club calabrese: l’avvocato ha presentato una denuncia ai carabinieri di Messina e ha trasmesso gli atti anche alla Procura di Cosenza. La stessa denuncia è stata poi inoltrata alla Figc, alla Procura federale e alla Lega di Serie B. Il padre di Pietro è stato condannato in primo grado a 12 anni di carcere per mafia. Il suo prozio è Benedetto “Nitto” Santapaola, oggi 82 anni, tra i boss più sanguinari di Cosa Nostra, condannato all’ergastolo nel maxiprocesso di Palermo per l’omicidio del giornalista Pippo Fava.

Il 19enne attaccante è arrivato a Cosenza dal Messina lo scorso gennaio: ha iniziato ad allenarsi e giocare nella squadra Primavera. Poi, secondo il racconto del suo legale, a inizio marzo riceve un messaggio WhatsApp da un dipendete della società, che gli comunica la volontà del club di rescindere il contratto. “Pietro dal 3 marzo è stato del tutto emarginato dalla squadra esclusivamente alla luce dei precedenti del padre – ha spiegato l’avvocato Silvestro in un comunicato – È stato trattato come un criminale, ghettizzato, e quando ho chiesto spiegazioni via mail al presidente del Cosenza non ho ricevuto alcuna risposta. Inoltre, la decisione, non gli è stata comunicata dal presidente, bensì da altri dirigenti”. Secondo il legale, quindi, il giovane calciatore sarebbe stato escluso per via del suo cognome, legato al mondo della mafia siciliana. “Pietro è distrutto – ha aggiunto l’avvocato Silvestro – fino a giugno non potrà essere tesserato da nessuna altra squadra”.

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